Dic 282020
 

Arrivati alla fine di questo critico 2020 e giunti quasi al termine del progetto DoMoMEA, appare utile, per non dire doveroso, riflettere su due questioni: quanto la pandemia da Covid-19 ha in maniera lucida evidenziato le criticità legate ad un sistema sanitario ancora troppo de-strutturato e analogico? E quanto, allo stesso tempo, è divenuto indispensabile garantire la continuità assistenziale ricorrendo a soluzioni digitali?

L’Italia, in questo ultimo periodo, si è trovata in difficoltà per via dei mancati investimenti nella telemedicina, nelle infrastrutture tecnologiche del sistema ospedaliero e nella digitalizzazione dei processi assistenziali, in grado di garantire un’integrazione e condivisione dei dati veloce e poco costosa.

Tuttavia, sebbene l’emergenza sanitaria abbia fatto risaltare le lacune e i ritardi nella digitalizzazione di questo settore, ha allo stesso tempo accelerato la trasformazione digitale e organizzativa nei confronti di un modello “Connected Care”, sottolineando l’urgenza di un sistema connesso, capace di porre al centro del sistema il cittadino-paziente e orientato al territorio oltre che alla continuità nell’intero percorso di cura. 

Già nel 2019 i dati della Ricerca 2019 dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano avevano mostrano infatti un crescente interesse verso le nuove tecnologie da parte dei cittadini e ottenuto riconoscimenti di numerosi operatori sanitari. Ma mentre fino all’anno scorso i servizi di telemedicina erano limitati alle sperimentazioni, quest’anno l’urgenza di garantire la continuità assistenziale sul territorio variegato italiano ha forzato il ricorso a soluzioni digitali.

Dati alla mano, sempre secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale del Politecnico di Milano, durante la pandemia più del 50% dei medici di Medicina Generale ha deciso di svolgere la propria attività da remoto riscontrando, complessivamente, una migliore performance nella pratica clinica, soprattutto in termini di tempestività alle richieste dei pazienti e di una più efficace condivisione delle informazioni.

In pochi mesi i risultati ottenuti con la pratica clinica virtuale, sia come strumento di valutazione e controllo del paziente, che come tool di collaborazione tra medici, sono stati così convincenti che, oggi, ben il 50% dei medici ritiene che la digitalizzazione del processo assistenziale possa per giunta accrescere l’engagement dei pazienti e la personalizzazione delle cure, obiettivi tanto spesso citati all’interno del progetto DoMoMEA. 

Perciò è il momento di porre rimedio alle carenze infrastrutturali IT, di garantire una connettività veloce e non troppo costosa, andando a colmare del tutto i gap sui quali, durante la fase di emergenza sanitaria, si è in parte rapidamente ragionato. Molte barriere devono essere ancora superate, dato che dal punto di vista tecnologico le soluzioni sono ormai mature per supportare modelli che privilegino, ad esempio, le cure domiciliari. In tal senso, specialmente nel momento in cui si sposta l’attenzione dal centro di cura al domicilio del paziente, è fondamentale curare il problema del digital divide, proponendo soluzioni tecnologicamente avanzate ma accessibili nei costi e nei contenuti anche ad un’utenza con limitata dimestichezza nell’uso degli strumenti informatici.

Il Recovery Fund potrebbe in questo senso rappresentare un’occasione per l’Italia, forse irripetibile, per effettuare investimenti in infrastrutture, soluzioni software dedicate, sistemi di monitoraggio e, più in generale, soluzioni e-health che nella loro semplicità, hanno il potenziale di dialogare ed integrarsi con l’assistenza sanitaria, consentendo una più efficace gestione delle patologie croniche e una dimissione più rapida.

Più nello specifico, in un’isola come la Sardegna, l’approccio di telemedicina a banda stretta proposto dal progetto DoMoMEA ben si confà alla realtà geografica del territorio, caratterizzato da bassa densità abitativa su area vasta. I vantaggi della telemedicina in questo caso non sono solo importanti per garantire un equo accesso ai servizi del SSN, a prescindere dalla zona di residenza, ma anche per il bassissimo impatto ambientale, legato alla possibilità di muovere dati anziché persone. DoMoMEA è nato con l’idea di proporre una tecnologia complessa fruibile attraverso un’interfaccia semplicissima: la TV di casa. In questo modo, grazie ad una predisposizione della seduta riabilitativa completamente guidata (anche vocalmente) dal sistema, il paziente viene immerso in un’esperienza riabilitativa semplice e coinvolgente. La semplicità dell’approccio è stata già verificata mediante valutazioni con soggetti sani anziani. Una riabilitazione semplice e comoda, per soggetti con una residua funzionalità motoria sufficiente, che può permettere di evitare gli spostamenti, migliorare l’autonomia e garantire una maggiore protezione per il paziente fragile.

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