Faro di Punta Sardegna

La storia

Il Faro della Marina Militare Italiana di Punta Sardegna, contraddistinto col numero 1030 sull’elenco dei Fari e Fanali, fu attivato nel 1913 ed inizialmente dotato di alimentazione a gas. Nel 1932, con l’arrivo della corrente elettrica, fu migliorata l’efficienza della lanterna che ha oggi una portata di 11 miglia ed un periodo di cinque secondi: luce bianca di un secondo seguita da un eclissi di quattro secondi. La lanterna è situata a 35 metri sul livello del mare ed ospitata su uno dei terrazzi in cima alla costruzione realizzata con granito cavato e lavorato sul posto. Gli intonaci sono realizzati con malta mista a calce bianca.

 
 

Il tutto è “ingabbiato” nella gabbia di Faraday, efficiente impianto antifulmine, che a distanza conferisce alla costruzione una certa eleganza. Il faro è stato presidiato da un fanalista fino al 1975, dopo di ché seguì la completa automazione. Nel 1995 la struttura venne data, dalla Marina Militare Italiana, in concessione perpetua e gratuita all’Università di Trieste che ne aveva fatto richiesta a seguito di una proposta del Prof. Sandro De Muro, che all’epoca prestava servizio presso l’Ateneo Triestino, del Direttore del Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine Prof. Antonio Brambati e del Rettore di allora Prof. Giacomo Borruso.

Il Faro, completamente ristrutturato con fondi messi a disposizione dall’Ateneo Triestino, da quello Cagliaritano e dalla Amministrazione comunale di Palau, che ne ha curato il progetto, è oggi gestito mediante una convenzione che regola i rapporti tra Comune, Università di Cagliari e Università di Trieste. Recentemente, nel 2008, ha aderito alla convenzione quadro anche la Provincia di Olbia Tempio. Il piano terra del Faro ospita i laboratori di: geomorfologia e geofisica marina, sedimentologia, cartografia e GIS, oltre alla sala riunioni/didattica; mentre il primo piano è stato destinato agli alloggi per studenti e ricercatori ed alla direzione. Nel secondo piano-terrazza sono previste attività divulgative per l’avviamento di percorsi naturalistici costieri e terra-mare.

 


Rei

l’abitatore muto
del mare
ha braccia millenarie
inesausto respiro orizzontale.
Il suo perenne addio
genera incontri
muove l’eterno sonno della terra
finge vane memorie.

Custode di sentieri
per viandanti illusionisti
tramuta un grido in un ansare azzurro
di moti obliqui.
Erige torri bianche
che oscillano e veloci
soccombono affossate
in cattedrali.

Ali
dischiude i lati dell’abisso
per voli d’ombra in vortici di luce
echi di ignote antiche apparizioni.
Io dove fui felice era una terra
che rinacqui cantando ed era il mare.

Marcella Massidda

come arrivare al faro