Il Pino Marittimo di Pattada

 

Il caso studio: il pino marittimo di Pattada

Lo scopo di questo paragrafo è la definizione delle caratteristiche chimiche di una fitomassa arborea, nel caso specifico il Pinus pinaster (pino marittimo) con il fine di determinarne il potenziale energetico.
A tale scopo sono state eseguite l’analisi prossima e ultima sui campioni provenienti da un impianto di realizzato a metà degli anni ’80 nel comune di Pattada.
Il gruppo di lavoro della Facoltà di Scienze Forestali di Nuoro ha provveduto al campionamento e alla cippatura della biomassa.

Inquadramento territoriale dell’area di studio

L’area esaminata è situata nella parte del territorio comunale a sud dell’abitato di Pattada (figg. 2.1 – 2.2) a circa 900 metri s.l.m (Suelzu Mameli, Sa muzzere, Marialanedda, Su Piscamu,) in un contesto di forte interazione sia con le attività zootecniche sia turistico-ricreative (Solorche, Su giardinu).

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Fig. 1 Collocazione geografica dell’area di studio.

L’impianto di conifera occupa attualmente una superficie di oltre 16 ettari. Di questi, poco meno di 4 sono costituiti da popolamenti puri di pino marittimo (Pinus pinaster, Aiton) su cui sono state effettuate le operazioni di scelta e abbattimento delle 9 piante per la produzione dei campioni di fitomassa e per le analisi incrementali di dettaglio. La restante porzione dell’impianto (circa 12 ettari) è costituita da popolamenti puri di pino laricio (Pinus nigra subsp laricio, (Poir.) Maire) mentre circa un ettaro è rappresentato da popolamenti a prevalenza di pino laricio con una percentuale molto bassa di pino marittimo (meno del 5-10% del numero totale di individui). La nascita di queste numerose realtà territoriali è dovuta alle politiche di forestazione produttiva sviluppate in Sardegna tra gli anni ’70-’80 e che hanno visto nel Progetto Speciale 24 della Cassa del Mezzogiorno il principale strumento attuativo. Anche nel comune di Pattada è stato presentato, dalla Ditta SARFOR, un progetto generale per lo sviluppo della forestazione produttiva il quale riguardava diversi ambiti territoriali, in particolare a nord del paese (versante settentrionale del monte Lerno) e a sud dell’abitato, nell’area oggetto di studio.

Le opere sono cominciate a partire dal 1985. Queste prevedevano la preparazione del terreno (lavorazione andante su pendenze inferiori al 35% o realizzazione di gradonamenti per pendenze superiori), la piantagione e la semina della conifera talvolta associata alla sughera, opere sussidiarie (viali tagliafuoco, piste forestali, … ) e l’esecuzione di cure colturali successive all’impianto.

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Fig. 2 Dettaglio della collocazione geografica dell’area di studio.

 

L’attuale struttura del popolamento esaminato è il risultato di interventi intercalari (diradamenti) realizzati in assenza di un piano di gestione, con modalità ed intensità molto varie. In particolare, nei settori di interesse con presenza di pino marittimo si osservano un diradamento geometrico con eliminazione di un intero filare ogni due (nel blocco B2), diradamenti a carico di piante dominate/sottomesse, interventi uniformemente distribuiti lungo le file e, in alcuni tratti, assenza totale di interventi. Anche nella parte più estesa a prevalenza di pino laricio è possibile osservare situazioni simili.

Raccolta e preparazione dei campioni

L’abbattimento degli alberi è avvenuto in settori di impianto denominati A1, B1 e B2 (fig. 2.3) che indicano rispettivamente: zona di prelievo a bassa densità, alta densità e media densità.
Come da protocollo, sono stati selezionati nove alberi campione suddivisi in gruppi di tre (a rappresentare tre gradienti di concorrenza) individuando tre porzioni con corteccia così suddivise:

– Porzione A (d > 20 cm) fusto [legname];

– Porzione B (d < 20 cm) fusto [legna];

– Porzione C (d < 5 cm) cimale, rami, aghi e coni [residui];

Complessivamente sono stati prodotti 27 campioni di fitomassa: 3 porzioni per 3 alberi (grande, medio, piccolo) per 3 gradienti di concorrenza.
Successivamente i campioni sono stati suddivisi in 9 gruppi (HDT, MDT..ect..) in base al taglio (T=tronco, TM=tronco medio, R=rami) e in base alla densità di prelievo (H=alta densità, M=media densità, B=bassa densità). Una volta abbattuti, gli alberi campione sono stati cippati e conservati in sacchi traspiranti di rafia da 20 kg c.a ciascuno e inviati al laboratorio di biomasse e biocombustibili di Sardegna Ricerche (UTA) per la caratterizzazione chimica.

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Fig. 3 Settori di abbattimento degli alberi per la raccolta dei campioni.

Stima della quantità di biomassa ritraibile dall’area di studio

La stima è riferita ai popolamenti di pino marittimo corrispondenti ai settori contrassegnati con i codici identificativi A1, B1, B2 e D2. Per i popolamenti campionati abbiamo considerato le terne di valori: dg (diametro medio di area basimetrica), hg (altezza corrispondente a dg) e n_ha (numero di piante ad ettaro). Per il calcolo della fitomassa abbiamo quindi utilizzato l’equazione di previsione, riferita al pino marittimo, fornita da INFC (Inventario Nazionale Forestale e dei serbatoi di Carbonio):

dw = b1 + b2 * dg² * hg.

Moltiplicando dw (peso secco del fusto e dei rami grossi espresso in kg) per n_ha si generalizza il dato al settore di interesse.

A questo punto, per ogni settore (A1, B1, B2 e D2) consideriamo le seguenti due ipotesi:

  1. destinazione integralmente per energia
  2. destinazione per energia solo del residuo rispetto all’uso strutturale (20% della quota strutturale nel caso peggiore e 40% della quota strutturale in quello migliore).

La considerazione che sta alla base di questa seconda ipotesi è che l’uso del legno come risorsa energetica non costituisce, in particolare dal punto di vista ecologico, un uso ottimale. Se è economicamente realizzabile sarebbe meglio utilizzare questa risorsa a fini strutturali, in impieghi che sfruttano altre caratteristiche del materiale e che contribuiscono quindi a mantenere fissato il carbonio atmosferico di cui è fatto il legno. In questo senso è corretto ed opportuno riferire l’uso energetico ai “residui” della lavorazione del legno, ovvero a quella porzione della risorsa che non è possibile utilizzare in modo migliore. Questa seconda ipotesi tiene quindi conto della stima delle perdite di lavorazione e/o difetti assortimentali che rendono disponibile una certa quantità di fitomassa (appunto il 20% della quota strutturale nel caso peggiore e il 40% in quello migliore).

Per rendere più immediata la lettura ti propongo quindi il totale (considerando tutti i settori) e due casi estremi: quello del settore B1 che presenta il maggior valore di fitomassa ad ettaro e quello del settore B2 che presenta il valore minore.

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