Valorizzazione di Scarti di Marmo
L’Università di Cagliari (Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche) ha ricevuto nel 2023 un finanziamento dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per un progetto di ricerca, focalizzato sullo sviluppo di nuove tecnologie per water and waste water treatment. Questo progetto si inquadra nell’ area tematica: industria intelligente e sostenibile, energia e ambiente.
Titolo: Valorizzazione dei residui della lavorazione del marmo mediante funzionalizzazione disuperficie per il trattamento sostenibile di acque contaminate
Durata: 31 ottobre 2023 – 31 ottobre 2025, domanda di proroga
Finanziamento: Ministero dell’ Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), Bando “Non serviti” ed. 2021
Responsabile Scientifico: Prof. Antonella Rossi
Proponenti: Davide Atzei, Nicola Careddu, Guido Ennas, Marzia Fantauzzi, Andrea Porcheddu, Antonella Rossi, Mariano A. Scorciapino.
Pagina web: https://sites.unica.it/superfici/valorizzazione-di-scarti-di-marmo/
Obiettivo: Il progetto si pone come obiettivo il riuso (la valorizzazione) degli scarti di lavorazione del marmo (marble waste – MW) per la rimozione di contaminanti delle acque, siano essi elementi tossici o contaminanti organici persistenti ossia quei contaminanti organici che non sono rimossi dai trattamenti biologici tradizionali a cui sono sottoposte le acque di scarico negli impianti industriali. Sorbenti e fotocatalizzatori costituiti da nano-compositi a base di carbonato di calcio e ibridi organici-inorganici di titania verranno utilizzati rispettivamente, per la rimozione di elementi tossici e per la degradazione di inquinanti organici da acque contaminate.
Organizzazione: Questo progetto prevede attività di sviluppo sperimentale ed è organizzato in 6 linee di attività:
A1: Ottimizzazione del processo di immobilizzazione di elementi tossici con polveri di marmo
Modifica della superficie del CaCO3 con idrossiapatite (HA): gli scarti di marmo saranno funzionalizzati con HA mediante una reazione di scambio ionico con Na2HPO4. La calcite modificata in superficie sarà sfruttata per catturare As, Zn, Cd, Cr e Ni dalle acque reflue, accertando il miglioramento dell’efficienza di rimozione rispetto al CaCO3 puro. Ciò è particolarmente importante quando gli elementi tossici sono presenti contemporaneamente e influiscono sull’efficienza di rimozione del CaCO3.
A2: Sviluppo di materiali compositi carbonato di calcio-ibridi TiO2 per il degrado di inquinanti organici per via fotocatalitica
Saranno sviluppati materiali compositi con diverse architetture: core-shell e bulk. Le particelle core-shell saranno sintetizzate via sol-gel previa funzionalizzazione del carbonato di calcio con molecole come 3- aminopropiletossisilano (APTES) per favorire l’interazione chimica tra il carbonato di calcio e l’ibrido di titania. L’architettura bulk invece sarà ottenuta via sol-gel, disperdendo le particelle di carbonato di calcio non funzionalizzate in soluzioni alcoliche di precursori di Ti (ad es, Ti (IV) butossido o propossido) a cui sono aggiunte molecole organiche provenienti da biomasse, come ad esempio l’acido abietico, per ottenere l’ibrido. Questa attività sarà svolta con un gruppo di ricercatori dell’Università di Napoli Federico II, con i quali è in corso una collaborazione scientifica su ibridi organici-inorganici a base di ossido di titanio.
A3: Funzionalizzazione di superficie del CaCO3 con leganti organici per l’immobilizzazione di inquinanti organici e inorganici
Inizialmente il CaCO3 sarà sottoposto ad azione meccanica in mulini a sfere utilizzando piccole quantità di liquidi organici (Liquid Assisted Grinding, LAG) non tossici (miscele di H2O, EtOH, 2-THF (tetraidrofurano)) con l’obiettivo di generare particelle di dimensioni dell’ordine dei micrometri ed inferiori, per aumentare l’area superficiale. La macinazione in queste condizioni operative è indirizzata a modificare, là dove possibile, la struttura cristallina del materiale di modo da renderlo più reattivo. Le polveri così preparate saranno messe in reazione, sempre per attivazione meccanochimica, con diversi target molecolari. In questa fase del processo, sulla superficie del carbonato saranno fissate linkers costituiti da acidi carbossilici funzionalizzati con azidi nelle posizioni apicali. Il gruppo carbossilico permetterà l’ancoraggio della molecola organica al granulo, mentre la funzione azidica ne garantirà la successiva funzionalizzazione. La catena carboniosa di diversa lunghezza (da definire con studi opportuni, anche in silico) garantirà una migliore interazione del MW con le componenti da sequestrare e permetterà di modulare in base alle esigenze, le proprietà idrofiliche/idrofobiche del substrato. Nella seconda fase del progetto il gruppo azidico sarà posto in reazione con molecole organiche contenenti un triplo legame che servirà per fissare la parte della particella che interagirà direttamente con l’inquinante. Il nuovo legame verrà formato seguendo una reazione di “click chemistry” che prevede la formazione di un anello 1,2,3-triazolico. L’azione catalitica del metallo (Cu), necessario per questo tipo di reazione sarà garantita da sfere di rame poste all’interno delle giare dove si verificherà la reazione vera e propria. Diversi i pendagli organici che saranno presi in analisi, fra questi una attenzione particolare sarà dedicata alle ciclodestrine. Le ciclodestrine (CD) sono molecole organiche costituite da oligosaccaridi ciclici formati da 6,7 o 8 monomeri di (+)glucopiranosio uniti fra loro con un legame alfa,1-4-glucosidico ad anello. Le ciclodestrine sono degli ottimi agenti chelanti che possiedono una struttura a “gabbia” che interagiscono, a loro volta, con altre componenti chimiche mediante reazione “host-guest”. Il team di chimica organica, utilizzerà anche diverse molecole naturali estratte dalla ferula, e/o derivati dell’acido ferulico che saranno poi funzionalizzati ed infine fissati sulle particelle di CaCO3. Le proprietà chimico-fisiche di queste componenti organiche saranno sfruttate per concorrere all’abbattimento degli inquinanti inorganici presenti nelle acque, specie i metalli pesanti quando siano presenti più elementi tossici in competizione. Senza la funzionalizzazione delle superfici le concentrazioni di alcuni metalli non sarebbero ridotte al di sotto dei limiti di legge.
A.4 Prove di fattibilità su reattori in laboratorio
Saranno sviluppati reattori su scala di laboratorio per testare i materiali compositi a base di scarti di marmo (MW) e titania sintetizzati nell’attività A.2. I reattori saranno opportunamente progettati, per risolvere i principali problemi che tradizionalmente limitano l’applicazione dei materiali fotocatalitici: • Le parti interne dei reattori devono essere sufficientemente irradiate, limitando l’effetto schermante delle nanoparticelle • Il progetto del reattore dovrebbe contribuire a ridurre al minimo le resistenze di trasferimento di massa, derivanti dalla mancata corrispondenza tra i tempi delle interazioni luce-catalizzatore (~1 μs) e la diffusione del substrato all’interno del fotocatalizzatore (~1 μs). In quest’ottica verranno testate due diverse configurazioni di reattore, vale a dire: • un reattore a letto impaccato (cioè un reattore con particelle solide che occupano posizioni fisse in un letto), che riduce al minimo la perdita del fotocatalizzatore e inattivazione, nonché i costi energetici; • un reattore in sospensione (ossia un reattore con particelle solide sospese nel mezzo di reazione), che migliora il trasferimento di massa, la superficie specifica e l’efficienza di irradiazione. In entrambi i casi i parametri critici che incidono sulla rimozione degli inquinanti (granulometria e porosità delle particelle solide, portata del liquido, luce intensità) sarà ottimizzato. Verrà testato l’uso di fibre ottiche interne o lampade centrali per migliorare l’efficienza di irraggiamento.
A.5 Sviluppo di un prototipo per il trattamento di acque contaminate
Il prototipo dovrà rispondere all’esigenza di semplicità e di economicità. Si pensa ad un dispositivo che permetta di impaccare la polvere di marmo in modo da facilitare la reazione della superficie dei granuli con le acque inquinate. Le prove saranno condotte dapprima con soluzioni modello e poi con acque inquinate derivanti dalle attività di piccole imprese con le quali sono stati stabiliti contatti per questa collaborazione.
A.6 Comunicazione, disseminazione e sfruttamento dei risultati
Durante il progetto si terranno incontri periodici tra i partecipanti almeno bimestrali in modo da favorire lo scambio dei risultati, il confronto sui progressi e l’eventuale superamento di problemi che dovessero insorgere nello sviluppo sperimentale delle attività previste. I risultati ottenuti saranno pubblicati su riviste che sono diffuse tra gli imprenditori e su riviste internazionali ad alto fattore di impatto e presentate a conferenze e workshop nazionali e internazionali. I partecipanti coinvolgeranno possibili stakeholder per una migliore comprensione del contesto della comunità e per la comunicazione efficace dei risultati. I gruppi target sono le autorità delle istituzioni regionali, le associazioni e i movimenti ambientalisti. Articoli di comunicati stampa, riviste e opuscoli didattici saranno disponibili per il grande pubblico e cittadini. Saranno sfruttate risorse online come un sito Web dedicato, social media, webinar. La comunicazione prevederà anche l’organizzazione di un workshop e di meeting e open day. I risultati raggiunti durante il progetto verranno sfruttati per lo sviluppo di un dispositivo in grado di rimuovere sia gli elementi tossici che gli inquinanti organici persistenti (POPs) e se sarà possibile si depositerà una domanda di brevetto; Saranno proposte soluzioni pratiche e tecnologiche volte ad un impatto positivo sulla qualità della vita e della salute.