A cura di:
Micla Pennetta(1), Vera Corbelli(2), Vincenzo Gattullo(3), Raffaella Nappi(2)
(1) Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse – Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Largo S. Marcellino, 10. 80138 – Napoli – Italy – Email: pennetta@unina.it
(2) Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno; Viale Lincoln 81100 – Caserta – Italy – Email: raffaella.nappi@autoritadibacino.it
(3) c/o Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno; Viale Lincoln 81100 – Caserta – Italy – Email: v.gattullo@libero.it
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Nell’ambito del Progetto cofinanziato dalla Comunità Europea, Programma LIFE + Natura LIFE07NAT/IT/000519, Progetto partenariale “PROVIDUNE – Conservazione e ripristino di habitat dunali prioritari” a cura delle Province di Cagliari – Soggetto Capofila, Matera, Caserta, la Provincia di Caserta decideva di studiare l’area del SIC (Sito di Interesse Comunitario) Pineta della Foce del Garigliano – IT8010019 – (Fig. 1). E’ stata, pertanto, studiata la fascia dunare presente nell’area SIC del settore costiero ubicato in sinistra foce del Fiume Garigliano (Campania settentrionale, Italia); essa si inserisce in un ambiente di transizione caratterizzato da dinamiche morfosedimentarie sensibili alle trasformazioni naturali ma soprattutto alle modificazioni dirette o indirette derivanti dall’attività antropica.
L’evoluzione morfosedimentaria di un sistema dunare è legata all’interazione di alcuni processi quali l’apporto detritico di origine fluviale o marina, l’attività di venti dominanti, i processi morfosedimentari del sistema costiero, i processi di subsidenza dell’area, il sollevamento del livello del mare. Agli effetti rivenienti da tali processi va sommata l’attività della vegetazione che con gli apparati radicali svolge un ruolo determinante per il consolidamento e quindi l’accrescimento delle dune. Le dune mature hanno benefici effetti sul retrospiaggia e in generale sull’ambiente costiero perché costituiscono sia una riserva di sabbia per la spiaggia nei casi di bilancio sedimentario negativo, che una barriera fisica a protezione dei territori retrostanti per il contrasto che oppongonoal sormonto delle onde durante mareggiate eccezionali; rappresentano anche sia una riserva di acqua dolce che un habitat di importante valore naturalistico e paesaggistico. Pertanto, le azioni finalizzate alla difesa delle dune si rivelano particolarmente strategiche ai fini della difesa dei litorali.
INQUADRAMENTO GEOLOGICO
Nella Campania settentrionale si delinea il Golfo di Gaeta, un’ampia ansa litoranea nella quale si sviluppano caratteri costieri nel complesso omogenei (Segre, 1950) fino al limite meridionale costituito dal distretto vulcanico dei Campi Flegrei (Fig 1). Tale golfo è delimitato nell’entroterra dai rilievi carbonatici dei Monti Aurunci e dei Monti di Caserta (Bergomi et alii, 1969, Billi et alii, 1997). I primi giungono con le propaggini fino a mare, a Nord di Gaeta, per poi arretrare, attraverso sistemi di faglie dirette, per diversi chilometri verso Sud, creando le condizioni di sviluppo della piana costiera del Fiume Garigliano (Brancaccio et alii, 1991).
Fig. 1 – L’area in studio è ubicata in sinistra foce del Fiume Garigliano; il fiume segna il confine tra la Campania e il Lazio.
Nel Pliocene superiore, lungo le fratture che limitano la depressione che ospita la piana costiera, si è succeduta un’intensa attività vulcanica che ha prodotto la genesi e lo sviluppo del Vulcano Roccamonfina (Ballini et alii, 1989). Nel Plio-Pleistocene la depressione veniva colmata da depositi terrigeni, di origine marina, continentale e di transizione, intercalati a prodotti piroclastici e lavici (Capaldi et alii, 1985; Di Girolamo et alii, 1988), potenti nel complesso circa 1.000 m (Ippolito et alii, 1973).
La facies marino-costiera è caratterizzata dai depositi dunari di età olocenica e dai depositi di duna riferibili all’Eutirreniano (Abate et alii, 1998); è presente un doppio sistema di cordoni dunari con una depressione inclusa.
La costa campano-laziale compresa tra Gaeta e Cuma si sviluppa per un’estensione di circa 65 Km con andamento NO-SE; lungo la costa si sviluppano spiagge sabbiose anche di notevole estensione cui si intercalano tratti limitati di costa alta e rocciosa.
Il litorale in studio è caratterizzato da un’estesa spiaggia sabbiosa, dal sistema di foce e dall’ampia piana antropizzata del Fiume Garigliano. Verso la foce l’alveo è sinuoso ed è caratterizzato da un percorso con direzione NO-SE, risultante dall’influenza della deriva litoranea prevalente. L’utilizzo di traccianti artificiali (Cocco et alii, 1986) ed i risultati di analisi petrografiche (Gandolfi & Paganelli, 1984) hanno consentito di stabilire che i sedimenti apportati al mare dal Fiume Garigliano subiscono un trasporto prevalente lungo costa da NO verso SE. La costa è interessata in tempi storici da una prevalente tendenza all’arretramento; in particolare, Cocco et alii (1986) individuano processi di arretramento che interessano la linea di riva dal 1954 fino al 1982, talvolta discontinui.
STUDI ESEGUITI
Sono state analizzate le carte topografiche e riprese aerofotografiche dell’Istituto Geografico Militare (IGM) a partire dal 1897 fino al 1991 (scala compresa tra 1:50.000 e 1:17.000), la Carta Tecnica Regionale (scala 1:5.000), le Ortofoto Aima e CGR colore del 1998, la Carta Tecnica Regionale del 2004 (scala 1:5.000), le ortofoto ORCA del 2005. Il loro confronto, con l’utilizzo di una piattaforma GIS (Geographic Information System), integrato da rilevamenti in sito, ha consentito di delineare le tendenze morfoevolutive della linea di riva in tempi recenti ed attuali.
E’ stato inoltre eseguito un rilievo topografico della spiaggia emersa con un teodolite a stazione totale, integrato con un sistema di posizionamento globale mediante stazione DGPS/RTK in tutta la porzione scoperta dell’area in studio, mentre la pineta è stata rilevata mediante Stazione Totale attesa la scarsa potenza del segnale GPS. La topografia è stata elaborata con un software dedicato e georeferenziata secondo il Sistema UTM WGS 84. L’attività in sito è stata completata con un rilevamento geomorfologico e sedimentologico riportato su carte geotematiche georeferite, restituite sul rilievo topografico.
Sono stati inoltre prelevati n. 100 campioni di sedimento superficiale, in corrispondenza di stazioni di campionatura georeferenziate secondo la proiezione WGS84. I campioni sono stati sottoposti ad analisi granulometriche e i risultati elaborati al calcolatore per ricavare i parametri statistici secondo Folk & Ward (1957). Il prelievo di sedimenti lungo i transetti è stato effettuato, in accordo con Bellotti et alii, (2006), in corrispondenza di siti morfologicamente e sedimentologicamente significativi, quali: spiaggia sommersa in prossimità della linea di battigia, spiaggia esterna, spiaggia interna, piede della duna, cresta della duna e retroduna.
CARATTERI MORFOLOGICI E MORFOEVOLUTIVI
Il sistema costiero in studio, incluso nell’area SIC, si sviluppa per una lunghezza della linea di riva pari a circa 2.7 km ed una larghezza allo stato pari a circa 500 m. Il litorale è soggetto a processi di arretramento; l’entità dell’arretramento nel periodo 1954 – 2009 è circa 80-90 m nel tratto settentrionale; questo valore tende gradualmente a diminuire verso Sud, attestandosi su valori medi di 35 m e massimi di circa 45 m (Fig. 2; si osservi la linea marrone verso il mare, che indica il limite dell’area SIC, coincidente approssimativamente con la linea di riva del 1954, e la linea blu, corrispondente alla linea di riva del 2009). Si individua un tasso di erosione, benché non riferibile ad un processo continuo, complessivamente variabile tra 1.5 e 0.6 m/anno negli ultimi 55 anni.
L’ampiezza della spiaggia emersa è ovunque ridotta, variando da 7 m a 35 m, generalmente meno ampia nel tratto settentrionale, attestandosi su valori di una decina di metri, e gradualmente più ampia nel suo tratto meridionale.
Gli esiti dei processi morfoevolutivi che hanno interessato il tratto di costa in studio si manifestano anche nel rilevamento di dettaglio dell’area svolto con criteri in accordo con Masselink & Hughes (2003). La spiaggia è limitata verso l’interno da un gruppo di cordoni dunari olocenici, probabilmente almeno sei, messi in posto durante la fase trasgressiva versiliana (Fig. 2); tale gruppo comprendeva in origine più cordoni di quelli residuati. Attualmente il fronte dunare è costituito principalmente da dune embrionali, addossate ad una duna secondaria (Fig. 2) fissata da vegetazione strutturata di tipo arbustivo e arboreo, tra cui specie di notevole pregio, come il ginepro. Questo sistema presenta evidenze di scalzamento ed erosione per l’azione del mare e talora per azione antropica, con versanti controvento più acclivi (circa 30°) rispetto a quelli sottovento. Tali anomalie sono da attribuire agli scalzamenti al piede dovuti agli eventi metomarini più gravosi ma, frequentemente, anche alle operazioni di pulizia e ampliamento della spiaggia con mezzi meccanici. Il fronte dunare presenta quote di culminazione piuttosto basse comprese tra 2 e 4 metri che riduce la capacità di contrasto alle maggiori ondazioni. Numerosi varchi di accesso al mare e conche di deflazione (blowouts) frammentano la duna, accelerando i processi di demolizione. Le conche di deflazione sono forme comuni in ambienti di duna costiera in erosione (Hesp, 2002) che si formano per erosione attuata dal moto ondoso, per accelerazione del flusso d’aria sopra la cresta di dune, in risposta ai cambiamenti climatici, per variazioni della vegetazione nello spazio o nel tempo, per erosione delle acque superficiali e per impatto antropico.
Si è rilevata l’assenza della avanduna o duna primaria (schema integro in Ley Vega de Seoane et alii, 2007); la sua funzione sarebbe stata quella di rifornire sedimento alle dune. La sua assenza è legata al budget negativo della spiaggia che ne inibisce la formazione (Putsy, 1988), atteso che il suo accrescimento si attua durante le fasi di progradazione di una spiaggia. Gli effetti del budget negativo sono resi manifesti dall’arretramento della linea di riva affermatosi negli ultimi 55 anni sul litorale in studio.
A tergo del cordone di duna secondaria (Fig. 2) è presente una lunga depressione interdunare, interessata per un lungo tratto dalla presenza di una strada campestre. Verso l’interno si riconoscono almeno un paio di cordoni dunari principali, con pineta impiantata intorno al 1935, che vengono attribuiti alla duna terziaria (classificazione in Ley Vega de Seoane et alii, 2007). I due cordoni dunari sono quasi paralleli alla linea di riva e con quota delle creste sostanzialmente più elevate da 3.5 m a 4.5 m rispetto a quelle della duna secondaria (da 2.5 m verso Nord a 3.5 m verso Sud). Le quote non regolarmente distribuite e la morfologia dei corpi dunari talvolta articolata, più che a processi naturali, potrebbero essere messe in relazione a rimaneggiamenti del suolo tra i quali non si escludono quelli legati alle attività di piantumazione dei pini. Anche in questa fascia sono presenti numerosi varchi di attraversamento da e verso il mare.
Dalle dune terziarie si passa verso l’interno ad un settore di cordoni dunari gradualmente più antichi, con le creste delle dune generalmente spianate per effetto delle attività antropiche che si sono succedute nel tempo, e con frequenti, ma modeste aree depresse intercluse che sono sovente il residuo di attività di prelievo di sabbia utilizzata verosimilmente per la bonifica dell’area depressa retrodunale, fino agli anni‘50-60. L’area depressa, nota come Pantano di Sessa, ancora paludosa in epoca storica (cartografie del 1909), è stata bonificata con gli interventi attuati nell’area in un periodo intorno al 1930.
Tra gli indicatori più significativi della qualità complessiva dei sistemi dunari sono da considerare lo stato di conservazione, il tipo e la seriazione di vegetazione presente. Oltre all’alterazione dello stato fisico finora descritto, anche la seriazione vegetale presenta modificazioni rispetto ai modelli di zonazione delle comunità vegetali psammofile gradualmente più strutturate, tipici delle aree costiere del litorale domizio. Le condizioni d’equilibrio o progradazione avrebbero compreso generalmente (procedendo da mare verso l’entroterra): il Cakileto (nella fascia interna della spiaggia), l’Agropyreto (duna embrionale), l’Ammophileto (avanduna), il Crucianelleto e la macchia mediterranea con specie arbustive e arboree costituite da mirto, lentisco e, specie di grande pregio, il ginepro (dune stabilizzate). Invece, si è rilevata, a tergo della zona afitoica della spiaggia, una seriazione organizzata in maniera ridotta secondo fasce parallele alla linea di riva, incompleta, discontinua e compressa, con sovrapposizioni e locali compenetrazioni spaziali di comunità (mosaicizzazione); peraltro emerge l’assenza dell’Ammophileto, comunità tipica dell’avanduna. Queste irregolarità costituiscono una risposta all’adattamento delle comunità vegetali ai cambiamenti morfologici legati all’erosione della spiaggia e del sistema dunale. Anche l’attività antropica ha avuto un ruolo importante su queste modificazioni; il diffuso calpestio che si svolge sul sistema dunale per raggiungere la spiaggia, attraverso numerosi sentieri, talvolta percorsi anche da autoveicoli, ha determinato varchi attraverso la macchia che hanno favorito la penetrazione delle specie di duna embrionale e avanduna in posizioni più interne, determinando quindi l’insediamento di specie vegetali, non coerenti con la seriazione attesa, nei vuoti determinati dal calpestio, ai bordi delle comunità più strutturate.
Fig. 2 – Stralcio della carta morfologica nel settore settentrionale dell’area SIC ubicata in sinistra Foce del Fiume Garigliano. Legenda: 1 – Limite area SIC (≈ linea di riva del 1954); 2 – Linea di riva, in arretramento, rilevata nell’agosto 2009; 3 – Spiaggia emersa; 4 – Duna secondaria riattivata; 5 – Cresta di duna costiera; 6 – Blowout; 7 – Duna terziaria pinetata; 8 – Area dei cordoni dunari più interni; 9 – Creste dei cordoni dunari spianate per effetto di attività antropiche; 10 – Depressione retrodunare.