Isola dei Cavoli, Serpentara e Punta Molentis: introduzione e inquadramento generale

INQUADRAMENTO DELL’AREA

L’area di studio è localizzata all’interno del SIC ITB040020 “Isola dei Cavoli, Serpentara, Punta Molentis”, all’estremità meridionale della costa orientale dell’Isola, nel territorio del Sarrabus.
Le aree interessate agli studi sedimentologici sono state le spiagge di Porto Giunco, Simius, Is Traias e Punta Molentis (Fig. 1). La zona esaminata può essere inquadrata nella Carta Tecnica Regionale (CTR) 567070 dell’Assessorato degli Enti Locali della Regione Sardegna in scala 1:10.000.


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Isola dei Cavoli, Serpentara e Punta Molentis: caratteristiche sedimentologiche e modelli

I valori dei parametri sedimentologici, riscontrati nei profili spiaggia-duna dei sistemi costieri analizzati, rispecchiano le modalità di trasporto e la quantità di energia differente a cui sono stati sottoposti i sedimenti nei rispettivi ambiti di sedimentazione.
I sedimenti dunari costituiti da sabbie fini, rispetto a quelli della spiaggia emersa costituiti da sabbie medie, indicano una diversa capacità del vento, rispetto all’acqua, di presa in carico e selezione dei materiali.
I sedimenti della battigia sono caratterizzati da sabbie medie e fini mentre quelli della spiaggia sommersa da sabbie fini e molto fini. Questa distribuzione è tipica dei sistemi costieri dominati dal moto ondoso, caratterizzati da una diminuzione dell’energia verso il largo.

L’esame delle componenti mineralogiche evidenzia la netta prevalenza delle componenti terrigene (quarzo, feldspati, biotiti, minerali accessori e litoclasti) provenienti dall’erosione delle litologie del basamento paleozoico granitoide dell’area esaminata. La scarsa componente carbonatica è formata
esclusivamente da bioclasti dell’associazione a foramol (foraminiferi bentonici, molluschi, briozoi e alghe rosse calcaree), tipica delle zone temperate e associata alla presenza della prateria di Posidonia ocenica.

Attraverso la realizzazione di modelli di moto ondoso e idrodinamica è stato possibile osservare e valutare la dinamica della zona a barre e truogoli (surfzone) e collegarne la strutturazione all’idrodinamica innescata dai differenti eventi di moto ondoso individuabili nell’area.
Questa approfondita analisi basata su calcoli matematici fornisce un quadro completo delle modificazioni e dei processi di trasporto sedimentario legati all’innesco di correnti di fondo ad opera del moto ondoso in acqua bassa (shallow water).
Dall’analisi delle immagini cartografiche prodotte dalla modellizzazione è stato possibile osservare gli effetti nella strutturazione di barre e truogoli con differente andamento e il crescere o il decrescere dell’ampiezza della surfzone in funzione dello svilupparsi di correnti lungoriva (longshore) o trasversali (rip-current, inshore-offshore e offshore-inshore).

Isola dei Cavoli, Serpentara e Punta Molentis: aspetti botanici

ANALISI FLORISTICA

L’elenco floristico del sistema dunale e della spiaggia del SIC Isola dei Cavoli, Serpentara e Punta Molentis riportato in allegato, è stato compilato in base alle indagini di campo svoltesi a partire da agosto 2009. Il contingente floristico rilevato è composto da 148 taxa (tab. in allegato) di cui 104 di rango specifico,30 subspecifico e 1 varietale, appartenenti a 49 famiglie e 115 generi. Il Phylum Pinophyta, rappresentato da 3 taxa, costituisce il 2,03% della flora totale (fig. 2). Tra le Angiospermae, le più numerose sono le Eudicotyledones che rappresentano il 71,62% del totale con 106 taxa appartenenti a 36 famiglie e 84 generi; le Monocotyledones costituiscono invece il 26,35% della flora con 39 taxa appartenenti a 11 famiglie e 28 generi (tab. 3).

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Tra le famiglie (fig. 3) con il maggior numero di entità tassonomiche troviamo le Asteraceae con 19 taxa, che costituiscono il 12,84% del totale, seguite da Fabaceae e Poaceae (entrambe con 18 taxa, rappresentanti il 12,16%), Asparagaceae e Caryophyllaceae, ognuna con 8 taxa (5,41%) e Apiaceae. con 7 taxa (4,73%).

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 I generi più numerosi (fig. 4) sono Agave, Euphorbia, Medicago e Sonchus (ognuno con 4 taxa, corrispondenti al 2,70%), seguiti da Asparagus, Ononis, Silene e Vicia, con 3 taxa (2,03%).

Lo spettro biologico (fig. 5) mostra una netta predominanza delle terofite (38,41%), seguite da fanerofite (19,57%), emicriptofite (18,12%), geofite (12,32%), e camefite (11,59%). L’analisi di questo spettro ci permette di ipotizzare che la preponderanza delle terofite sia da mettere in relazione con la xericità degli habitat dunali, mentre l’importante percentuale di fanerofite può essere messa ricondotta principalmente alla presenza di formazioni microboschive, costituite da ginepreti, sulle dune più stabilizzate.

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Per l’analisi della corologia della flora rilevata sono stati realizzati lo spettro generale (fig. 6), e quello relativo alle sole forme mediterranee (fig. 7). Dallo spettro corologico generale emerge una predominanza della componente corologica mediterranea (79,85%), seguita dalle specie di origine centroamericana e paleotemperata (entrambe costituenti il 2,99% del totale).

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Pages from all_ir_1_a1_uc_dsb_isola_dei_cavoli_serpentara_e_punta_molentis_Page_5Lo spettro corologico delle forme mediterranee mostra una prevalenza delle specie a distribuzione circum-mediterranea (55,14%), seguite dalle euro-mediterranee (13,08%), dalle mediterraneoatlantiche (8,41%), dalle endemiche e dalle specie W-mediterranee (entrambe con il 6,54%). Questi dati confermano il baricentro biogeografico dell’area di studio.

La componente endemica, analizzata più specificamente (tab. 4), ha mostrato la predominanza in questo sito delle forme endemiche della provincia biogeografica Sardo-Corsa (57,14%).

Le specie vegetali di interesse comunitario presenti nel sito sono: Brassica insularis Moris e Rouya polygama (Desf.) Coincy, la prima presente sull’Isola dei Cavoli predilige substrati rupicoli, la seconda è stata segnalata probabilmente per errore. Entrambe le specie non risultano comunque presenti nelle aree rilevate.

Altre specie di interesse conservazionistico presenti nel SIC sono: Bryonia marmorata Petit, Ferula arrigonii Bocchieri, Helicodiceros muscivorus (L. f.) Engl., Limonium dubium (Guss.) Litard., Limonium retirameum Greuter & Burdet, Silene valsecchiae Bocchieri, Verbascum conocarpum Moris. Tra queste specie le uniche presenti nei rilievi sono Limonium retirameum Greuter & Burdet e Ferula arrigonii Bocchieri (la presenza di quest’ultima specie non può essere confermata con certezza).

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ANALISI VEGETAZIONALE

Il SIC Isola dei Cavoli, Serpentara e punta Molentis è situato nella zona costiera meridionale del distretto territoriale indicato “Sette Fratelli”dal Piano Forestale ed Ambientale della Sardegna.

Per quanto concerne gli aspetti vegetazionali, negli habitat costieri indagati è stato possibile identificare il geosigmeto psammofilo sardo (Cakiletea, Ammophiletea, Crucianellion maritimae, Malcolmietalia, Juniperion turbinatae) la cui serie forestale di riferimento è rappresentata dall’associazione Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae Caneva, De Marco et Mossa 1981.

Le cenosi pre-forestali sono formate da boscaglie a Juniperus oxycedrus L. subsp. Macrocarpa (Sibth. & Sm.). La serie, di tipo catenale, è caratterizzata da diversi tipi di vegetazione (terofitica alo-nitrofila, geofitica ed emicriptofitica, camefitica, terofitica xerofila, fanerofitica) che si distribuiscono parallelamente alla battigia in funzione delle differenti condizioni ecologiche legate alla distanza dal mare e alle differenze granulometriche del substrato.

La naturalità degli aspetti vegetazionali di questo SIC è in gran parte compromessa dalla presenza antropica, sia a causa della presenza di costruzioni (abitazioni, campeggi e altre strutture turisticoricettive), sia a causa dei rimboschimenti effettuati utilizzando specie alloctone e dell’uso ornamentale di specie naturalizzate ed invasive, in particolare nella fascia retrodunale.

La vegetazione psammofila compare oltre la prima fascia della spiaggia emersa, la zona afitoica, in cui si ha l’assenza totale delle cenosi vegetali a causa di condizioni ecologiche limitanti, in particolare dovute agli elevati valori di conduttività.

Le prime cenosi vegetali pioniere, di tipo terofitico, appartengono alla classe Cakiletea e sono rappresentate dall’associazione Salsolo kaliCakiletum maritimae Costa et Manz. 1981 corr. Le specie caratteristiche di tali cenosi hanno prevalentemente un ciclo biologico annuale e una elevata tolleranza alle variazioni di salinità. Il ruolo ecologico di questa associazione è arricchire il substrato in materia organica permettendo l’instaurarsi di aspetti di vegetazione più evoluti ed esigenti. Questa cenosi appare però frammentata a causa dell’utilizzo di mezzi meccanici per la pulizia dell’arenile.

Le prime forme di vegetazione perenne, caratterizzate da graminacee rizomatose, si instaurano sulle prime dune embrionali, formatesi dall’accumulo e conseguente stabilizzazione di sedimento. Questa associazione, Sileno corsicae-Elytrigetum junceae (Malcuit, 1926) Bartolo et al., 1992 corr., endemica sardo-corsa, è costituita principalmente dalla specie Elymus farctus (Viv.) Runemark ex Melderis subsp. farctus. In condizioni di calpestio maggiore tale associazione si instaurano cenosi caratterizzate da specie più resistenti quali Sporobolus virginicus Kunth, che tende a costituire vere e proprie cenosi pioniere mono o paucispecifiche riferibili all’associazione Sporoboletum arenarii Arenes 1924, appartenenti alla classe Ammophiletea. Appartenenti a queste cenosi risultano di grande valore le formazioni ad Otanthus maritimus, limitate alla sola località Cava Usai e diffuse in pochissime altre stazioni della costa sud orientale.

In seguito all’accumulo di nuovo sedimento sulle dune embrionali dovuto alla capacita di Elymus farctus subsp. farctus di immobilizzare la sabbia, si innescano processi evolutivi del sistema dunale, per colonizzazione e accrescimento dei piccoli cumuli sabbiosi; questi vengono progressivamente stabilizzati e si creano le condizioni ecologiche per un’ulteriore evoluzione della seriazione psammofila. L’associazione Echinophoro spinosae-Ammophiletum arundinaceae (Br.-Bl. 1933) Gehu, Rivas–Martinez, Tuxen 1972 si instaura generalmente su dune esposte a venti forti che creano instabilità dei sedimenti sabbiosi.

Queste due comunità, riferite alla classe Ammophiletea Br.–Bl. et Tüxen 1943, popolano ambienti ecologicamente diversi caratterizzati da un gradiente decrescente di salinità e uno crescente di evoluzione della duna e lontananza dal mare, oltre che dalla diversa granulometria del substrato.

Nella parte più interna della duna, più riparata dall’azione del vento, si hanno condizioni ecologiche date da maggiore stabilità della sabbia e maggiore disponibilità di nutrienti, che permettono l’insediarsi di altre specie più esigenti quali Crucianella maritima L., caratteristica del Crucianelletum maritimae Br.-Bl. (1921) 1933, appartenente alla classe Helichryso-Crucianelletea Gehu, Rivas–Martinez et Tuxen in Gehu 1975, ben rappresentate in particolare nella spiaggia di Simius e Porto Giunco.

Nelle zone umide retrodunali del litorale, inondate per periodi più o meno lunghi da acque salmastre si instaurano comunità di geofite ed emicriptofite. Le cenosi presenti in questi ambienti sono riferibili all’ordine Juncetalia maritimi Br.-Bl. ex Horvatic 1934. Le associazioni dell’alleanza Plantagion crassifoliae Br -Bl. in Br.-Bl., Roussine & Nègre 1952, in continuità tra le comunità puramente igrofile e quelle psammofile dunali, si posizionano su zone tendenzialmente più elevate, quindi inondate esclusivamente nella stagione invernale ed aride in quella estiva. Sulle dune consolidate si instaura la vegetazione forestale psammofila formata da boscaglie a Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa riferibili all’associazione Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae.

Questa cenosi, appartenente alla classe Quercetea Ilicis Br.-Bl. ex A. et O. Bolos 1950, rappresenta la prima forma di vegetazione fanerofitica dei processi di colonizzazione delle spiagge sabbiose.

All’interno del SIC tale associazione è presente nelle spiagge di Porto Giunco, Simius e Punta Molentis.

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Isola dei Cavoli, Serpentara e Punta Molentis: esempi significativi di pressioni-minacce-criticità e impatti

Di seguito vengono elencati e documentati fotograficamente gli impatti di varia natura, derivanti dalla pressione antropica attuale (intesa come pressione turistica, pressione da attività economiche e da attività di gestione delle aree).
Vengono fornite, assieme alle immagini, le considerazioni sulle cause degli impatti e i loro effetti sull’habitat (per la parte abiotica), inteso come componente essenziale (zona) del sistema spiaggia, così come si è enunciato in Providune fin dalla stesura della scheda progetto di candidatura.
I comportamenti negativi e le cattive pratiche, che generano impatti, documentate nell’area durante i nostri sopralluoghi, possono essere schematicamente riassunti in:
• transito veicolare;
• transito, calpestio e stazionamento di persone sui campi dunari;
• Realizzazione di fabbricati temporanei e permanenti e/o opere di urbanizzazione nella zona dunare;
• carenza di appositi servizi e indirizzi per la fruizione turistica;
• attività ed azioni di gestione intraprese o non intraprese dalle Amministrazioni locali e R.A.S.
A queste categorie, nelle quali, per ragioni di sintesi, sono stati assegnati, i comportamenti negativi e le cattive pratiche, si può aggiungere il comportamento non corretto dei fruitori che può entrare sia come causa che come effetto in tutte le cinque voci.

Transito veicolare

In questo paragrafo vengono descritte le cattive pratiche connesse al transito e alle attività che necessitano di veicoli quali: auto, furgoni, trattori, ruspe, camper, moto, quad, aerei ecc.
Le immagini testimoniano gli effetti negativi sull’habitat prodotti dall’uso di mezzi meccanici, utilizzati per lo svolgimento delle seguenti attività:
1. pulizia e/o gestione rifiuti delle spiagge;
2. montaggio/smontaggio delle infrastrutture degli stabilimenti e dei chioschi; montaggio/smontaggio delle passerelle; varo e alaggio di imbarcazioni;
3. messa in opera/rimozione di ombrelloni e lettini;
4. rifornimento dei chioschi e delle concessioni balneari;
5. attuazione di interventi per la conservazione e/o ripristino della naturalità.

Gli effetti negativi prodotti sono i seguenti:
1. asporto di sabbia con cascame di Posidonia oceanica (L) Delile e/o rifiuti generici;
2. rottura degli equilibri fisici e delle dinamiche sedimentarie di spiaggia attraverso il costipamento e lo spostamento e il rimaneggiamento di sabbia;
3. distruzione delle forme e dei depositi di spiaggia (spianamento di berme, cambio di pendenza, scavo di canali, creazione di dune artificiali, stravolgimento della stratigrafia ecc.);
4. innesco di processi erosivi e di scalzamento nelle zone dunari;
5. degrado e asporto della vegetazione stabilizzante.

Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2010).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

 

 

 

Transito, calpestio e stazionamento di persone sui campi dunari

In questo paragrafo vengono esposte le immagini che illustrano alcuni effetti negativi sull’habitat prodotti dal transito pedonale e dallo stazionamento nelle zone dunari.
Come già detto nel capitolo introduttivo riguardante gli impatti, le cause e gli effetti, i motivi che conducono alle cattive pratiche suddette sono, talvolta, riconducibili alla mancanza di azioni di informazione (i fruitori spesso ignorano la fragilità dell’habitat dunare), talvolta alla maleducazione degli utenti e, in altri casi, alla mancanza di gestione della spiaggia nel suo insieme e alla mancanza di un organo di controllo inteso come l’autorità di gestione.

Per queste ragioni in questa categoria vengono rappresentate solo immagini riguardanti:
1. libero transito e utilizzo di canali di deflazione naturali come assi di accesso alle spiagge e per l’esplorazione dell’habitat;
2. utilizzo delle dune per attività ricreative (giochi, pranzi, ricerca di ombra e legna per i barbecue, riposo) e attività dei venditori ambulanti;
3. utilizzo delle dune come discarica, come bagni a cielo aperto da parte delle migliaia di persone che occupano e utilizzano l’arenile.

Gli effetti negativi generati sono i seguenti:
1. apertura di nuovi varchi sulle creste, asporto/diradamento della copertura vegetale, esumazione delle radici, innesco di nuovi canali di deflazione e frammentazione del sistema;
2. rottura degli equilibri fisici (per scalzamento e zappatura); innesco di processi gravitativi (con scivolamenti e dilavamento diffusi su superfici acclivi) e incanalati sulle incisioni; distruzione delle dune embrionali;
3. formazione di pavimenti residuali;
4. modificazione dei parametri geochimici (rifiuti, decomposizione di urine, feci umane e di animali da compagnia);
Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2010).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

 

 

Realizzazione di fabbricati temporanei e permanenti e/o opere di urbanizzazione nella zona dunare

Questo paragrafo è dedicato alla raffigurazione di cattive pratiche, passate e recenti, che hanno causato e causano il degrado/scomparsa dell’habitat dunare. Tali pratiche sono costituite dalla realizzazione di fabbricati permanenti e/o stagionali nella zona dunare. Le prime sono rappresentate da costruzioni per abitazione/bar/ristoranti/servizi per la balneazione, in muratura o stabilmente edificati sul sistema di spiaggia. Altre pratiche negative stanno nella modalità di montaggio/smontaggio (vedi paragrafo 3.1) e/o nel luogo nel quale sono stati inseriti chioschi/bar/ristoranti/servizi per la balneazione a carattere stagionale.

Queste cattive pratiche sono la conseguenza diretta di:
1. mancanza di un’adeguata pianificazione ai diversi livelli di governo del territorio;
2. mancanza di direttive riguardanti il numero delle concessioni, la loro ubicazione e le loro estensioni, che tengano conto scientificamente delle dinamiche e dei processi in atto in un sistema di spiaggia soggetto a continue variazioni d’assetto (nel breve, medio e lungo periodo).

Le conseguenze sono riassumibili in:
1. perdita di importanti aree dunari e conseguente scomparsa dell’habitat;
2. innesco di processi di arretramento ed erosivi nelle spiagge;

Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2010).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

 

 

Carenza di appositi servizi e indirizzi per la fruizione turistica

Nel presente paragrafo vengono esposte e commentate una serie di riprese fotografiche che documentano gli effetti negativi sull’habitat indotti dalla mancanza di divulgazione di importanti informazioni e dalla mancanza di servizi.
Le principali carenze che possono generare impatti sono elencate di seguito:
1. mancanza di attività di divulgazione e sensibilizzazione completa, validata scientificamente comprensibile che indirizzi verso la conservazione dell’ambiente;
2. mancanza di un corretto posizionamento dei cartelli/pannelli informativi e di divieto;
3. mancanza di un’autorità che controlli sui luoghi il rispetto delle regole adottate;
4. mancanza di servizi igienici e servizi informativi;

Gli effetti negativi generati sono i seguenti:
1. degrado dell’habitat dovuto all’accesso incontrollato nelle aree dunari;
2. inquinamento per l’abbandono dei rifiuti e per l’utilizzo come bagno a cielo aperto della duna.

Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2010).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

 

 

Attività ed azioni di gestione intraprese o non intraprese dalle Amministrazioni locali e R.A.S.

Il presente paragrafo vuole, attraverso una breve sequenza di immagini, evidenziare alcune azioni, condotte dagli Enti locali con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi, risultate, malgrado la volontà dell’Amministrazione, impattanti negativamente sull’habitat dunare. Alcune azioni, nonostante abbiano lo scopo di preservare il bene ambientale, vengono talvolta condotte senza un’adeguata conoscenza scientifica del sistema di spiaggia.
Le azioni, maggiormente impattanti possono essere riassunte in:
1. pulizia delle spiagge con mezzi pesanti e stoccaggio del materiale in luoghi non idonei ad una ridistribuzione delle sabbie asportate;
2. realizzazione di opere infrastrutturali in ambienti dinamici collegati alla spiaggia (dune , aree umide, alta spiaggia).
3. posizionamento errato dei dissuasori del transito e tipologia non idonea; azioni connesse agli interventi di conservazione (realizzazione di passerelle, nuclei di innesco ecc.).

Gli effetti negativi prodotti sono:
1. perdita di importanti volumi di sedimento;
2. modifica delle componenti naturali della spiaggia, costipamento eccessivo dei sedimenti; innesco di processi erosivi;
3. scalzamento del piede della duna;
4. interferenza con gli scambi sedimentari duna-berma e viceversa;
5. deterioramento veloce dei manufatti (nuclei d’innesco) per presenza di acqua e conseguente non utilità dell’intervento;

Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2010).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

Porto Campana: introduzione e inquadramento generale

INQUADRAMENTO DELL’AREA

L’area di studio, ricadente nel SIC ITB042230 “Porto Campana”, si colloca nel territorio di Domus de Maria, nel settore sud-occidentale della Sardegna, (Sulcis) ( Fig. 1).
I caratteri fisiografici dominanti dell’area sono rappresentati dal vasto litorale sabbioso di Chia e dai retrostanti stagni costieri, che sono delimitati dai tratti di costa rocciosa di Capo Spartivento a sud-ovest e di Monti sa Guardia a nord-est e, nel settore interno, da una serie di superfici subpianeggianti del Rio di Chia, di Su Pranu Spartivento, Sa Tanca e Sa Tuerra che fungono da raccordo al vasto sistema montano e collinare; quest’ultimo racchiude il bacino idrografico del Rio Mannu–Rio di Chia e di altri corsi d’acqua secondari che confluiscono nel settore costiero in esame.

Fig. 1 – Mappa di posizione dell’area di studio SIC “Porto Campana” ITB042230.

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Porto Campana: caratteristiche sedimentologiche e modelli

Dall’analisi dei dati tessiturali emerge chiaramente la generale diminuzione delle dimensioni del granulo medio nel corpo di spiaggia procedendo da Sa Colonia a Su Giudeu-S’Acqua Durci.
Analizzando la distribuzione lungoriva dei valori di Mz nelle diverse unità morfosedimentarie (barre, truogoli, battigia, alta spiaggia ecc.) si può notare come questa tendenza sia ben evidente sulla battigia, sul primo truogolo e sulla prima barra, meno evidente sulla seconda barra. Alla profondità di -5 m, sul piede della barra esterna, si riscontra una condizione di uniformità di Mz al largo di Campana e Su Giudeu; alla stessa profondità, al largo di Sa Colonia, i sedimenti sono più fini, probabilmente per la posizione della barra esterna più prossima alla linea di riva.

Dalle analisi composizionali del SIC “Porto Campana” si osserva che i campioni dell’area dunare sono costruiti da Quarzo tra il 75 e l’80% e da una componente carbonatica bioclastica che si attesta attorno al 7-10%. Si evidenzia anche la presenza di minerali femici.
I campioni della spiaggia emersa risultano simili a quelli dell’area dunare ma con code di sedimenti grossolani anch’esse costituite prevalentemente da Quarzo e subordinatamente da carbonatico-bioclastico.
I campioni della spiaggia sommersa sono raggruppabili in due tipologie.
Il primo gruppo è quasi completamente costituito da Quarzo poco elaborato (90%) e minore quantità di materiale bioclastico e minerali femici (8-10%).
Il secondo gruppo è prevalentemente quarzoso-feldspatico (75-80%) con presenza abbondante di bioclasti (15-20%) e minerali femici (5%). I sedimenti hanno code grossolane bioclastiche, quarzose e litiche metamorfiche.

Dai modelli idrodinamici risulta che Libeccio (225°) e Scirocco (135°) controllano i processi di scambio e strutturano la zona a barre e truogoli (surfzone). Questi eventi generano correnti longshore SW-NE e una serie di celle di circolazione che determinano la formazione di un doppio sistema a barre e truogoli, con un’estensione della surfzone di oltre 300 metri.

 

Porto Campana: aspetti botanici

ANALISI FLORISTICA

L’elenco floristico del sistema dunale e della spiaggia del SIC di Porto Campana riportato in allegato è stato compilato a partire dalle indagini di campo svoltesi dalla primavera 2009. Il contingente floristico rilevato è composto da 170 taxa di cui 120 di rango specifico, 42 subspecifico e 6 varietale, appartenenti a 51 famiglie e 129 generi. Il Phylum Pinophyta, rappresentato da 2 taxa, costituisce l’1,2% della flora totale (fig. 5). Tra le Angiospermae, le più numerose sono le Eudicotyledones che rappresentano il 73,5% del totale con 125 taxa appartenenti a 36 famiglie e 93 generi; le Monocotyledones costituiscono invece il 24,7% della flora con 42 taxa appartenenti a 11 famiglie e 33 generi (fig. 5, tab. 5). Pages from all._ir_a1_uc_dsb_porto_campana_Page_1 Le famiglie (fig. 6) con il maggior numero di entità tassonomiche sono le Poaceae con 23 taxa che costituiscono il 13,45% del totale, seguite da Asteraceae (20 taxa, 11,8%), Fabaceae (12 taxa, 7,0%), Amaranthaceae (8 taxa, 4,7%) e Caryophyllaceae (7 taxa, 4,1%). I generi che annoverano il maggior numero di entità (fig. 7) sono Plantago con 6 taxa, che rappresentano il 3,50% del totale e da Allium, Catapodium, Erodium, Geranium, Limonium, Medicago, Silene e Trifolium, ciascuno con 3 taxa (1,8%). Pages from all._ir_a1_uc_dsb_porto_campana_Page_2Lo spettro biologico (fig. 8) evidenzia come la forma biologica più frequente sia quella delle terofite (45,9%), seguite da emicriptofite (15,3%), fanerofite (14,7%), geofite (12,9%), e camefite (11,2%). L’analisi di questi dati consente di ipotizzare che i valori elevati di terofite e geofite siano da mettere in relazione con le condizioni di xericità degli habitat dunali, mentre la significativa percentuale di fanerofite sia dovuta essenzialmente alle formazioni microboschive, in particolare ginepreti, presenti sulle dune più stabilizzate.Pages from all._ir_a1_uc_dsb_porto_campana_Page_3Per l’analisi della corologia della flora rilevata sono stati realizzati lo spettro generale (fig. 9), e quello relativo alle sole forme mediterranee (fig. 10).

Pages from all._ir_a1_uc_dsb_porto_campana_Page_4Lo spettro corologico generale del SIC mostra una predominanza della componente corologica mediterranea (79,9%), seguita dalle specie subcosmopolite (4,7%), dalle circumboreali e paleotemperate (entrambe con il 3,6%). Dallo spettro corologico delle forme mediterranee (fig. 10) emerge una prevalenza delle specie a distribuzione circum-mediterranea (48,5%), seguite dalle euro-mediterranee (18,7%), dalle Wmediterranee (9,0%) e dalle mediterraneo-atlantiche (8,2%). E’ da evidenziare inoltre il dato riguardante le specie endemiche (6%).

Questi spettri confermano il baricentro biogeografico dell’area di studio e l’inquadramento biogeografico della Sardegna nella subregione mediterranea occidentale.

Sono state inoltre analizzate più specificamente sia le forme endemiche (tab. 6). Tale analisi mette in evidenza una predominanza delle forme endemiche della provincia biogeografica Sardo-Corsa (37,5%). Tra gli endemismi segnaliamo la presenza di Phillyrea media L. var. rodriguezii P. Monts., varieta endemica delle isole del Mediterraneo occidentale, Rubia peregrina L. subsp. requienii (Duby) Cardona et Sierra, endemismo tirrenico. Tra le specie di particolare interesse fitogeografico segnaliamo la presenza di Helichrysum microphyllum (Willd.) Camb. subsp. tyrrhenicum Bacch., Brullo et Giusso, endemico di Sardegna, Corsica e Baleari.

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 ANALISI VEGETAZIONALE

La vegetazione presente nella fascia costiera e in limitate aree interne su substrati sia carbonatici che silicei, è rappresentata dalla serie dell’Oleo-Juniperetum turbinatae Arrigoni, Bruno, De Marco et Veri in De Marco 1985 corr.

L’area d’intervento, è caratterizzata dalla presenza del geosigmeto psammofilo sardo (Cakiletea, Ammophiletea, Crucianellion maritimae, Malcolmietalia, Juniperion turbinatae).

La vegetazione psammofila è caratterizzata da una zonazione e disposizione delle cenosi parallela alla linea di riva, secondo un gradiente ecologico che rispecchia le diverse condizioni ecologiche in relazione alla distanza dal mare e alla stabilità e diversa granulometria del substrato.

La prima parte della spiaggia emersa è definita zona afitoica in quanto l’instaurarsi di cenosi vegetali è fortemente limitato dalla presenza di elevati gradienti di salinità; nelle spiagge indagate questa fascia ha una estensione variabile fino ad arrivare in certi casi a lambire le prime dune parzialmente stabilizzate.

Dove le mareggiate depositano materiale organico formato principalmente da cascame di Posidonia oceanica (L.) Delile, si vengono a creare le condizioni per l’insediamento delle prime cenosi vegetali pioniere, costituite unicamente da specie terofite alonitrofile. Queste sono cenosi sempre paucispecifiche riferibili all’associazione Salsolo kali-Cakiletum maritimae Costa et Manz. 1981 corr., con una copertura frammentaria e discontinua. L’associazione, costituita solo da specie annuali effimere come Cakile maritima Scop. subsp. maritima, Salsola kali L. e Chamaesyce peplis (L.) Prokh., ha il ruolo ecologico di arricchire il substrato in materia organica, permettendo l’instaurarsi di cenosi più evolute ed esigenti. Nelle spiagge analizzate tale associazione si rinviene ai margini delle dune embrionali lungo tutta la prima fascia del sistema dunale.

Le pulitura della spiaggia effettuata con mezzi meccanici, in particolare durante la stagione turistica, comporta la distruzione di questi aspetti di vegetazione. Ciò muta le condizioni ecologiche e ostacola l’ulteriore naturale evoluzione del sistema verso stadi di vegetazione più maturi.

Sulle prime dune embrionali, formate dall’accumulo e progressiva stabilizzazione di sedimenti, si stabiliscono le prime forme di vegetazione perenne caratterizzate da graminacee rizomatose e principalmente da Elymus farctus (Viv.) Runemark ex Melderis subsp. farctus; questa specie caratterizza l’associazione Sileno corsicae-Elytrigetum junceae (Malcuit, 1926) Bartolo et al., 1992 corr., endemica sardo-corsa. Tale cenosi è caratterizzata dalla presenza di altre specie perenni quali Cyperus capitatus Vand., Eryngium maritimum L., Otanthus maritimus (L.) Hoffmanns. et Link e nelle condizioni di maggiore calpestio da Sporobolus virginicus Kunth, che in alcuni casi tende a costituire vere e proprie cenosi riferibili all’associazione Sporoboletum arenarii Arenes 1924.

Quest’ultima cenosi, a carattere pioniero, si sviluppa su sabbie ricche di sali e in condizioni di nitrofilia abbastanza elevata.

L’accumulo di nuovi sedimenti sulle dune embrionali e la capacità di Elymus farctus subsp. Farctus di immobilizzare le sabbie, permettono di innescare processi evolutivi del sistema dunale, attraverso colonizzazione e accrescimento di piccoli cumuli sabbiosi, i quali vengono progressivamente stabilizzati permettendo un’ulteriore evoluzione della seriazione psammofila.

Le dune parzialmente consolidate, sulle quali non agiscono modificazioni ad opera del mare, sono caratterizzate dall’associazione Echinophoro spinosae-Ammophiletum arundinaceae (Br.-Bl. 1933) Géhu, Rivas-Martínez, Tüxen 1972. Tale cenosi si afferma in genere su dune esposte a venti forti che generano instabilità dei sedimenti sabbiosi. Le specie caratteristiche di questa associazione sono Ammophila arenaria subsp. australis, Eryngium maritimum L., Medicago marina L. e Anthemis maritima L. Nel SIC questa associazione si presenta fortemente destrutturata e degradata a causa soprattutto della forte pressione antropica e dei fenomeni erosivi in atto che hanno causato una progressiva frammentazione delle cenosi.

Echinophoro spinosae-Ammophiletum arundinaceae ,in assenza di disturbo, tende ad ubicarsi più internamente rispetto all’associazione Sileno corsicae-Elytrigetum junceae, popolando le parti più alte delle dune, in condizioni stazionali più mature. Questa associazione in alcune zone si trova a mosaico con formazioni camefitiche e fanerofitiche (spiaggia di Su Giudeu) e ciò evidenzia una regressione della vegetazione causata dal disturbo antropico; questa distribuzione genera una maggiore instabilità delle sabbie e conseguentemente una maggiore esposizione a fenomeni erosivi eolici.

Sulla parte interna della duna, in cui è minore l’azione del vento, Ammophila arenaria subsp. australis diventa più rara; la maggiore stabilità del substrato e la maggiore disponibilità in nutrienti permettono l’instaurarsi di specie più esigenti come Crucianella maritima che consente di differenziare una subassociazione di contatto descritta per le spiagge di Chia, l’Echinophoro spinosae-Ammophiletum arundinaceae subass. crucianelletosum Biondi et Mossa (1992), caratterizzata da specie quali Elymus farctus subsp. farctus, Cyperus capitatus, Sporobolus virginicus, Lotus cytisoides L. subsp. conradiae Gamisans e Silene niceensis All. Nel SIC questa cenosi forma piccoli gruppi abbastanza sviluppati e a mosaico con popolamenti di Cyperus capitatus (specialmente a Su Giudeu) nelle depressioni retrodunali sottoposte a forte calpestio. Questa formazione, nelle dune più stabilizzate della spiaggia di Campana, si arricchisce spesso di Pancratium maritimum L.

Da questa subassociazione di contatto si passa a zone in cui l’Echinophoro spinosae-Ammophiletum arundinaceae appare impoverito e diventa costante la presenza di Crucianella maritima, la quale forma il Crucianelletum maritimae Br.-Bl. (1921) 1933, presente soltanto dove il cordone dunale è molto esteso (Biondi et Mossa, 1992). Tale fitocenosi è caratterizzata dalla presenza di specie quali Ononis variegata L. e Pancratium maritimum, Ammophila arenaria subsp. australis, Cyperus capitatus, Lotus cytisoides subsp. conradiae. Essa è presente in maniera più cospicua nella spiaggia di Su Giudeu, soprattutto nelle depressioni interdunali e in prossimità del ginepreto a Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa (Sibth. et Sm.) Neilr.

Nella spiaggia di Su Giudeu il crucianelleto è presente a mosaico con piccoli nuclei di Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa, nelle zone in cui il sistema tende a ripristinare il suo profilo naturale e in cui si osserva una ricolonizzazione da parte del ginepreto.

Dove le sabbie sono più stabili e compatte (dune grigie), nella parte più interna del campo dunale, il crucianelleto si trova a mosaico con una vegetazione camefitica composta unicamente da garighe primarie. Si tratta di cenosi gravemente vulnerabili a causa della destrutturazione della duna bianca, e di elevato valore naturalistico poiché contraddistinte da entità fitogeograficamente rilevanti quali Helichrysum microphyllum subsp. tyrrhenicum.

Le dune stabilizzate sono popolate dalla vegetazione forestale psammofila costituita da boscaglie a Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa, riferibili all’associazione Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae Caneva, De Marco et Mossa 1981. Il Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae rappresenta la prima forma di vegetazione fanerofitica relativa ai processi di colonizzazione delle spiagge sabbiose, nel SIC è ampiamente diffusa ed estesa ma frammentata a causa dell’eccessiva pressione antropica.

I primi nuclei di Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa, consentono il consolidarsi definitivo della duna, che non si modifica più per azione del vento se non in condizioni di forte disturbo antropico. Si tratta principalmente di microboschi a dominanza di Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa, costituiti da fanerofite cespitose sclerofilliche quali Pistacia lentiscus L., Rhamnus alaternus L. e Juniperus phoenicea L. subsp. turbinata (Guss.) Nyman. Sono frequenti le specie lianose, in particolare Smilax aspera L., Rubia peregrina L. subsp. requienii (Duby) Cardona et Sierra, Clematis flammula L., Prasium majus L., oltre alle geofite Ruscus aculeatus L. e Asparagus acutifolius L. Nelle zone più esposte all’azione erosiva del vento, questa associazione ha generalmente una struttura a macchia, mentre nelle aree più riparate assume una struttura a boscaglia.

Nel SIC l’associazione Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae si ritrova a mosaico con cenosi forestali relative all’associazione Phillyreo rodriguezii-Juniperetum turbinatae (Arrigoni, Nardi et Raffaelli 1985) Bartolo et al., 1992 corr., ed è caratterizzata da un forte degrado, in continuo aumento, a causa dello scalzamento dunale che comporta l’esposizione degli apparati radicali di Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa, fenomeno che ha determinato una scomparsa progressiva di questa cenosi.

Il Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae lungo i cordoni sabbiosi è sostituito nelle aree retrodunali, protette dagli agenti marini, da una boscaglia a Juniperus phoenicea subsp. turbinata, che forma normalmente una fascia a contatto con la vegetazione alofila delle depressioni palustri. E’ una vegetazione a carattere psammofilo riferibile all’Juniperion turbinatae Rivas-Martínez 1975 corr. Il Phillyreo rodriguezii-Juniperetum turbinatae è vicariante dell’associazione Pistacio lentisci-Juniperetum macrocarpae nelle aree più interne del litorale sabbioso. Le diversità riguardano soprattutto le esigenze ecologiche e la relativa composizione floristica. Il Phillyreo rodriguezii-Juniperetum turbinatae si trova su superfici di retroduna abbastanza depresse, quasi pianeggianti, generalmente vicine alla riva e a contatto verso l’interno con gli ambienti umidi salmastri. L’associazione è caratterizzata da: Juniperus phoenicea subsp. turbinata, Phillyrea media L. var. rodriguezii P. Monts., Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa, Pistacia lentiscus, Asparagus albus L., Rubia peregrina, Olea europea L. var. sylvestris Brot., Osyris alba L., Cistus creticus L. subsp. eriocephalus (Viv.) Greuter et Burdet e Prasium majus. Quest’associazione è presente nel SIC in cenosi fortemente degradate e frammentate, perché esposte nella maggior parte dei casi a zone di transito di bagnanti e mezzi provenienti dagli stabilimenti balneari. A mosaico con la vegetazione fanerofitica delle dune embrionali, mobili e fisse del litorale, si ritrovano comunità terofitiche a fenologia tardo invernale-primaverile, inquadrabili nell’alleanza Alkanno-Maresion nanae Rivas Goday ex Rivas Goday et Rivas-Martínez 1963 corr. dell’ordine Malcomietalia Rivas Goday 1958.

Queste cenosi, presenti tra le radure della vegetazione perenne, sono in parte favorite dal disturbo generato dal turismo balneare. Tra le specie caratteristiche di questo syntaxon si rinvengono Malcolmia ramosissima (Desf.) Gennari, Polycarpon tetraphyllum (L.) L. e Brassica tournefortii Gouan.

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