Porto Campana: introduzione e inquadramento generale

INQUADRAMENTO DELL’AREA

L’area di studio, ricadente nel SIC ITB042230 “Porto Campana”, si colloca nel territorio di Domus de Maria, nel settore sud-occidentale della Sardegna, (Sulcis) ( Fig. 1).
I caratteri fisiografici dominanti dell’area sono rappresentati dal vasto litorale sabbioso di Chia e dai retrostanti stagni costieri, che sono delimitati dai tratti di costa rocciosa di Capo Spartivento a sud-ovest e di Monti sa Guardia a nord-est e, nel settore interno, da una serie di superfici subpianeggianti del Rio di Chia, di Su Pranu Spartivento, Sa Tanca e Sa Tuerra che fungono da raccordo al vasto sistema montano e collinare; quest’ultimo racchiude il bacino idrografico del Rio Mannu–Rio di Chia e di altri corsi d’acqua secondari che confluiscono nel settore costiero in esame.

Fig. 1 – Mappa di posizione dell’area di studio SIC “Porto Campana” ITB042230.

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Pineta della Foce del Garigliano: introduzione e inquadramento generale

A cura di:

Micla Pennetta(1), Vera Corbelli(2), Vincenzo Gattullo(3), Raffaella Nappi(2)

(1) Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse – Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Largo S. Marcellino, 10. 80138 – Napoli – Italy – Email: pennetta@unina.it

(2) Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno; Viale Lincoln 81100 – Caserta – Italy – Email: raffaella.nappi@autoritadibacino.it

(3) c/o Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno; Viale Lincoln 81100 – Caserta – Italy – Email: v.gattullo@libero.it

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Nell’ambito del Progetto cofinanziato dalla Comunità Europea, Programma LIFE + Natura LIFE07NAT/IT/000519, Progetto partenariale “PROVIDUNE – Conservazione e ripristino di habitat dunali prioritari” a cura delle Province di Cagliari – Soggetto Capofila, Matera, Caserta, la Provincia di Caserta decideva di studiare l’area del SIC (Sito di Interesse Comunitario) Pineta della Foce del Garigliano – IT8010019 – (Fig. 1). E’ stata, pertanto, studiata la fascia dunare presente nell’area SIC del settore costiero ubicato in sinistra foce del Fiume Garigliano (Campania settentrionale, Italia); essa si inserisce in un ambiente di transizione caratterizzato da dinamiche morfosedimentarie sensibili alle trasformazioni naturali ma soprattutto alle modificazioni dirette o indirette derivanti dall’attività antropica.

L’evoluzione morfosedimentaria di un sistema dunare è legata all’interazione di alcuni processi quali l’apporto detritico di origine fluviale o marina, l’attività di venti dominanti, i processi morfosedimentari del sistema costiero, i processi di subsidenza dell’area, il sollevamento del livello del mare. Agli effetti rivenienti da tali processi va sommata l’attività della vegetazione che con gli apparati radicali svolge un ruolo determinante per il consolidamento e quindi l’accrescimento delle dune. Le dune mature hanno benefici effetti sul retrospiaggia e in generale sull’ambiente costiero perché costituiscono sia una riserva di sabbia per la spiaggia nei casi di bilancio sedimentario negativo, che una barriera fisica a protezione dei territori retrostanti per il contrasto che oppongonoal sormonto delle onde durante mareggiate eccezionali; rappresentano anche sia una riserva di acqua dolce che un habitat di importante valore naturalistico e paesaggistico. Pertanto, le azioni finalizzate alla difesa delle dune si rivelano particolarmente strategiche ai fini della difesa dei litorali.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO

Nella Campania settentrionale si delinea il Golfo di Gaeta, un’ampia ansa litoranea nella quale si sviluppano caratteri costieri nel complesso omogenei (Segre, 1950) fino al limite meridionale costituito dal distretto vulcanico dei Campi Flegrei (Fig 1). Tale golfo è delimitato nell’entroterra dai rilievi carbonatici dei Monti Aurunci e dei Monti di Caserta (Bergomi et alii, 1969, Billi et alii, 1997). I primi giungono con le propaggini fino a mare, a Nord di Gaeta, per poi arretrare, attraverso sistemi di faglie dirette, per diversi chilometri verso Sud, creando le condizioni di sviluppo della piana costiera del Fiume Garigliano (Brancaccio et alii, 1991).

geologia

Fig. 1 – L’area in studio è ubicata in sinistra foce del Fiume Garigliano; il fiume segna il confine tra la Campania e il Lazio.

Nel Pliocene superiore, lungo le fratture che limitano la depressione che ospita la piana costiera, si è succeduta un’intensa attività vulcanica che ha prodotto la genesi e lo sviluppo del Vulcano Roccamonfina (Ballini et alii, 1989). Nel Plio-Pleistocene la depressione veniva colmata da depositi terrigeni, di origine marina, continentale e di transizione, intercalati a prodotti piroclastici e lavici (Capaldi et alii, 1985; Di Girolamo et alii, 1988), potenti nel complesso circa 1.000 m (Ippolito et alii, 1973).

La facies marino-costiera è caratterizzata dai depositi dunari di età olocenica e dai depositi di duna riferibili all’Eutirreniano (Abate et alii, 1998); è presente un doppio sistema di cordoni dunari con una depressione inclusa.

La costa campano-laziale compresa tra Gaeta e Cuma si sviluppa per un’estensione di circa 65 Km con andamento NO-SE; lungo la costa si sviluppano spiagge sabbiose anche di notevole estensione cui si intercalano tratti limitati di costa alta e rocciosa.

Il litorale in studio è caratterizzato da un’estesa spiaggia sabbiosa, dal sistema di foce e dall’ampia piana antropizzata del Fiume Garigliano. Verso la foce l’alveo è sinuoso ed è caratterizzato da un percorso con direzione NO-SE, risultante dall’influenza della deriva litoranea prevalente. L’utilizzo di traccianti artificiali (Cocco et alii, 1986) ed i risultati di analisi petrografiche (Gandolfi & Paganelli, 1984) hanno consentito di stabilire che i sedimenti apportati al mare dal Fiume Garigliano subiscono un trasporto prevalente lungo costa da NO verso SE. La costa è interessata in tempi storici da una prevalente tendenza all’arretramento; in particolare, Cocco et alii (1986) individuano processi di arretramento che interessano la linea di riva dal 1954 fino al 1982, talvolta discontinui.

STUDI ESEGUITI

Sono state analizzate le carte topografiche e riprese aerofotografiche dell’Istituto Geografico Militare (IGM) a partire dal 1897 fino al 1991 (scala compresa tra 1:50.000 e 1:17.000), la Carta Tecnica Regionale (scala 1:5.000), le Ortofoto Aima e CGR colore del 1998, la Carta Tecnica Regionale del 2004 (scala 1:5.000), le ortofoto ORCA del 2005. Il loro confronto, con l’utilizzo di una piattaforma GIS (Geographic Information System), integrato da rilevamenti in sito, ha consentito di delineare le tendenze morfoevolutive della linea di riva in tempi recenti ed attuali.

E’ stato inoltre eseguito un rilievo topografico della spiaggia emersa con un teodolite a stazione totale, integrato con un sistema di posizionamento globale mediante stazione DGPS/RTK in tutta la porzione scoperta dell’area in studio, mentre la pineta è stata rilevata mediante Stazione Totale attesa la scarsa potenza del segnale GPS. La topografia è stata elaborata con un software dedicato e georeferenziata secondo il Sistema UTM WGS 84. L’attività in sito è stata completata con un rilevamento geomorfologico e sedimentologico riportato su carte geotematiche georeferite, restituite sul rilievo topografico.

Sono stati inoltre prelevati n. 100 campioni di sedimento superficiale, in corrispondenza di stazioni di campionatura georeferenziate secondo la proiezione WGS84. I campioni sono stati sottoposti ad analisi granulometriche e i risultati elaborati al calcolatore per ricavare i parametri statistici secondo Folk & Ward (1957). Il prelievo di sedimenti lungo i transetti è stato effettuato, in accordo con Bellotti et alii, (2006), in corrispondenza di siti morfologicamente e sedimentologicamente significativi, quali: spiaggia sommersa in prossimità della linea di battigia, spiaggia esterna, spiaggia interna, piede della duna, cresta della duna e retroduna.

CARATTERI MORFOLOGICI E MORFOEVOLUTIVI

Il sistema costiero in studio, incluso nell’area SIC, si sviluppa per una lunghezza della linea di riva pari a circa 2.7 km ed una larghezza allo stato pari a circa 500 m. Il litorale è soggetto a processi di arretramento; l’entità dell’arretramento nel periodo 1954 – 2009 è circa 80-90 m nel tratto settentrionale; questo valore tende gradualmente a diminuire verso Sud, attestandosi su valori medi di 35 m e massimi di circa 45 m (Fig. 2; si osservi la linea marrone verso il mare, che indica il limite dell’area SIC, coincidente approssimativamente con la linea di riva del 1954, e la linea blu, corrispondente alla linea di riva del 2009). Si individua un tasso di erosione, benché non riferibile ad un processo continuo, complessivamente variabile tra 1.5 e 0.6 m/anno negli ultimi 55 anni.

L’ampiezza della spiaggia emersa è ovunque ridotta, variando da 7 m a 35 m, generalmente meno ampia nel tratto settentrionale, attestandosi su valori di una decina di metri, e gradualmente più ampia nel suo tratto meridionale.

Gli esiti dei processi morfoevolutivi che hanno interessato il tratto di costa in studio si manifestano anche nel rilevamento di dettaglio dell’area svolto con criteri in accordo con Masselink & Hughes (2003). La spiaggia è limitata verso l’interno da un gruppo di cordoni dunari olocenici, probabilmente almeno sei, messi in posto durante la fase trasgressiva versiliana (Fig. 2); tale gruppo comprendeva in origine più cordoni di quelli residuati. Attualmente il fronte dunare è costituito principalmente da dune embrionali, addossate ad una duna secondaria (Fig. 2) fissata da vegetazione strutturata di tipo arbustivo e arboreo, tra cui specie di notevole pregio, come il ginepro. Questo sistema presenta evidenze di scalzamento ed erosione per l’azione del mare e talora per azione antropica, con versanti controvento più acclivi (circa 30°) rispetto a quelli sottovento. Tali anomalie sono da attribuire agli scalzamenti al piede dovuti agli eventi metomarini più gravosi ma, frequentemente, anche alle operazioni di pulizia e ampliamento della spiaggia con mezzi meccanici. Il fronte dunare presenta quote di culminazione piuttosto basse comprese tra 2 e 4 metri che riduce la capacità di contrasto alle maggiori ondazioni. Numerosi varchi di accesso al mare e conche di deflazione (blowouts) frammentano la duna, accelerando i processi di demolizione. Le conche di deflazione sono forme comuni in ambienti di duna costiera in erosione (Hesp, 2002) che si formano per erosione attuata dal moto ondoso, per accelerazione del flusso d’aria sopra la cresta di dune, in risposta ai cambiamenti climatici, per variazioni della vegetazione nello spazio o nel tempo, per erosione delle acque superficiali e per impatto antropico.

Si è rilevata l’assenza della avanduna o duna primaria (schema integro in Ley Vega de Seoane et alii, 2007); la sua funzione sarebbe stata quella di rifornire sedimento alle dune. La sua assenza è legata al budget negativo della spiaggia che ne inibisce la formazione (Putsy, 1988), atteso che il suo accrescimento si attua durante le fasi di progradazione di una spiaggia. Gli effetti del budget negativo sono resi manifesti dall’arretramento della linea di riva affermatosi negli ultimi 55 anni sul litorale in studio.

A tergo del cordone di duna secondaria (Fig. 2) è presente una lunga depressione interdunare, interessata per un lungo tratto dalla presenza di una strada campestre. Verso l’interno si riconoscono almeno un paio di cordoni dunari principali, con pineta impiantata intorno al 1935, che vengono attribuiti alla duna terziaria (classificazione in Ley Vega de Seoane et alii, 2007). I due cordoni dunari sono quasi paralleli alla linea di riva e con quota delle creste sostanzialmente più elevate da 3.5 m a 4.5 m rispetto a quelle della duna secondaria (da 2.5 m verso Nord a 3.5 m verso Sud). Le quote non regolarmente distribuite e la morfologia dei corpi dunari talvolta articolata, più che a processi naturali, potrebbero essere messe in relazione a rimaneggiamenti del suolo tra i quali non si escludono quelli legati alle attività di piantumazione dei pini. Anche in questa fascia sono presenti numerosi varchi di attraversamento da e verso il mare.

Dalle dune terziarie si passa verso l’interno ad un settore di cordoni dunari gradualmente più antichi, con le creste delle dune generalmente spianate per effetto delle attività antropiche che si sono succedute nel tempo, e con frequenti, ma modeste aree depresse intercluse che sono sovente il residuo di attività di prelievo di sabbia utilizzata verosimilmente per la bonifica dell’area depressa retrodunale, fino agli anni‘50-60. L’area depressa, nota come Pantano di Sessa, ancora paludosa in epoca storica (cartografie del 1909), è stata bonificata con gli interventi attuati nell’area in un periodo intorno al 1930.

Tra gli indicatori più significativi della qualità complessiva dei sistemi dunari sono da considerare lo stato di conservazione, il tipo e la seriazione di vegetazione presente. Oltre all’alterazione dello stato fisico finora descritto, anche la seriazione vegetale presenta modificazioni rispetto ai modelli di zonazione delle comunità vegetali psammofile gradualmente più strutturate, tipici delle aree costiere del litorale domizio. Le condizioni d’equilibrio o progradazione avrebbero compreso generalmente (procedendo da mare verso l’entroterra): il Cakileto (nella fascia interna della spiaggia), l’Agropyreto (duna embrionale), l’Ammophileto (avanduna), il Crucianelleto e la macchia mediterranea con specie arbustive e arboree costituite da mirto, lentisco e, specie di grande pregio, il ginepro (dune stabilizzate). Invece, si è rilevata, a tergo della zona afitoica della spiaggia, una seriazione organizzata in maniera ridotta secondo fasce parallele alla linea di riva, incompleta, discontinua e compressa, con sovrapposizioni e locali compenetrazioni spaziali di comunità (mosaicizzazione); peraltro emerge l’assenza dell’Ammophileto, comunità tipica dell’avanduna. Queste irregolarità costituiscono una risposta all’adattamento delle comunità vegetali ai cambiamenti morfologici legati all’erosione della spiaggia e del sistema dunale. Anche l’attività antropica ha avuto un ruolo importante su queste modificazioni; il diffuso calpestio che si svolge sul sistema dunale per raggiungere la spiaggia, attraverso numerosi sentieri, talvolta percorsi anche da autoveicoli, ha determinato varchi attraverso la macchia che hanno favorito la penetrazione delle specie di duna embrionale e avanduna in posizioni più interne, determinando quindi l’insediamento di specie vegetali, non coerenti con la seriazione attesa, nei vuoti determinati dal calpestio, ai bordi delle comunità più strutturate.

schema

Fig. 2 – Stralcio della carta morfologica nel settore settentrionale dell’area SIC ubicata in sinistra Foce del Fiume Garigliano. Legenda: 1 – Limite area SIC (≈ linea di riva del 1954); 2 – Linea di riva, in arretramento, rilevata nell’agosto 2009; 3 – Spiaggia emersa; 4 – Duna secondaria riattivata; 5 – Cresta di duna costiera; 6 – Blowout; 7 – Duna terziaria pinetata; 8 – Area dei cordoni dunari più interni; 9 – Creste dei cordoni dunari spianate per effetto di attività antropiche; 10 – Depressione retrodunare.

 

Pineta della Foce del Garigliano: caratteristiche sedimentologiche e modelli

A cura di:

Prof.ssa Micla Pennetta* (Coordinamento Scientifico)

Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse – Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Largo S. Marcellino, 10. 80138 – Napoli – Italy – Email:pennetta@unina.it

 

Dott. Claudio Kalb** (Modellizzazione degli scenari idrodinamici)

**Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche – Università degli Studi di Cagliari; Sede di Via Trentino, 51 – 09127 Cagliari – Italy – Email:ckalb@unica.it

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Nella spiaggia in studio la distribuzione dei sedimenti è nel complesso regolare; si è rilevata una graduale diminuzione delle dimensioni medie dei sedimenti dalla spiaggia ai complessi dunali più interni (Fig. 3). Si individuano aree strette ed allungate caratterizzate da sedimenti ghiaiosi (-1.9<Mz<-2.8) nell’area sommersa in prossimità della battigia, da sedimenti sabbioso-medi (2.00<Mz<1.00) nella spiaggia esterna e da sedimenti sabbioso-fini nella spiaggia interna (3.00<Mz<2.00), nel complesso moderatamente classati (0.5<σI<1.0), ad eccezione di pochi campioni poco classati. I valori dei coefficienti di asimmetria (SkI) di norma negativi o prossimi allo zero e quindi con asimmetria delle curve di frequenza per lo più verso la frazione grossolana o con distribuzione quasi simmetrica, consentono di inserire tali sedimenti in un ambiente ad elevata energia idrodinamica, dominato dal moto ondoso. I sedimenti di duna secondaria (in assenza di avanduna), in posizione immediatamente retrostante la spiaggia, per una distanza dalla linea di riva generalmente compresa tra 25 m e 50 m circa, ricadono nelle classi della sabbia fine sui versanti della duna (Mz=2.5-3.00), risultando moderatamente classati (0.5<σI<1.0), e nella classe dei sedimenti sabbiosi generalmente molto fini (<3<Mz<3.5) sulle creste. Questi ultimi risultano essere moderatamente classati e subordinatamente poco classati; l’andamento delle curve di frequenza di tutti questi campioni migra con gradualità da asimmetrico verso la frazione grossolana a quasi simmetrico.

A tergo dell’allineamento delle dune secondarie, anche i sedimenti che caratterizzano la depressione interdunare ed i cordoni di duna terziaria ricadono nelle classi della sabbia fine; anche in questo caso, generalmente sulle aree di cresta, sono presenti sedimenti sabbiosi molto fini (<3<Mz<3.5). Nel complesso risultano da discretamente a mediocremente selezionati e subordinatamente poco classati; la distribuzione delle curve di frequenza mostra generalmente un’asimmetria verso la frazione grossolana.

L’analisi delle curve cumulative ha permesso di stabilire che i sedimenti di spiaggia emersa posseggono caratteri condizionati da un ambiente dinamico di alta energia; hanno subito un trasporto prevalente per saltazione e subordinatamente per trazione (Visher, 1969), e con energia tale da impedire la deposizione di sedimenti sottili in sospensione grazie all’effetto di ripulitura (winnoving). Anche i sedimenti sabbiosi più sottili dell’ambiente dunare posseggono caratteristiche tessiturali compatibili con l’attività selezionatrice dei processi di deflazione agenti in tale contesto.

Tuttavia, nel complesso si osserva che i sedimenti della spiaggia interna posseggono caratteristiche granulometriche e tessiturali simili a quelle dei corpi dunari, fatta eccezione per le aree di cresta (Fig. 3); vengono quindi confermate le osservazioni fatte in sede di rilevamento morfologico. In pratica, i cordoni dunari secondari che nel passato erano stabili ora sono riattivati per processi erosivi e risultano in fase di smantellamento. I sedimenti rivenienti dalla duna secondaria riforniscono quindi la spiaggia interna; questa avrebbe dovuto invece essere alimentata da una duna primaria (o avanduna) oramai completamente erosa. Inoltre, una certa omogeneità dei dati (Fig. 3), unitamente alle osservazioni tenute in sito, consente anche di affermare che tutti i caratteri sedimentari finora descritti risultano essere condizionati da un rimaneggiamento dei sedimenti da collegare ad attività antropiche, ivi compresa quella di pulizia con mezzi meccanici, che interessano tutta la spiaggia emersa e probabilmente anche parte del sistema dunare.

stralcio sedimentologia

Fig. 3 – Stralcio della carta delle facies granulometriche nel settore settentrionale dell’area SIC ubicata in sinistra Foce del Fiume Garigliano; le facies sono indicate con differenti colori. Viola: sabbia molto fine; Celeste: sabbia fine; Verde: sabbia media; linea marrone: limite dell’area SIC

 Applicazione del modello

La modellizzazione eseguita attraverso l’applicazione del software Delft3d è stata applicata utilizzando gli eventi meteomarini più ricorrenti e di maggiore energia risultati dall’analisi del clima d’onda eseguita nel settore in studio. La modellizzazione è stata eseguita per una velocità costante del vento di 10 km/h, una durata dell’evento meteomarino di 24 h, un’altezza significativa (Hs) di 2 m  e un periodo di picco (Tp) di 7,5 s.

I modelli elaborati sono stati calcolati su tre direzioni di venti dominanti:

– Evento con direzione N210, coincidente con il fetch massimo per l’area in esame.

– Evento con direzione N270, coincidente con l’orientazione dei venti dominanti;

– Evento con direzione  N255.

I modelli idrodinamici sono stati ottenuti sulla base di questi quattro differenti scenari, i quali riprodurrebbero le condizioni relative alla (i) direzione dei fronti d’onda, (ii) alla ricostruzione della velocità dei flussi idrodinamici che verrebbero generati da tali scenari, ed (iii) alla distribuzione delle aree sottocosta soggette ad escavazione e/o accumulo durante ciascun evento.

Evento con direzione N210

La modellizzazione dell’evento meteomarino generato da vento con velocità di 10 m/s proveniente da una direzione di N210 (Fig. 17) evidenzia la presenza di fronti d’onda (Fig. 17 C) aventi una direzione prevalente di approccio del moto ondoso verso i quadranti nord-orientali (N40E). Tale simulazione, eseguita per una durata dell’evento di 24 h, non ha mostrato nel tempo variazioni significative nella direzione dei fronti d’onda.

figura 17 modelli

Fig. 17 – Modelli di simulazione del DELFT3D ricostruiti sul tratto costiero in esame (Zona SIC della Foce del Garigliano) per una direzione del vento di N210 ed una velocità dello stesso di 10 m/sec dopo 24 h dall’inizio dell’evento meteomarino. (A) Vettori dei flussi idrodinamici. (B) Velocità dei flussi idrodinamici. (C) Direzione dei fronti d’onda. (D) Zone di accumulo ed escavazione.

La simulazione per lo stesso evento dei flussi idrodinamici (Fig. 17 B) mostra valori di velocità dei flussi poco significativi nel settore distale della spiaggia sommersa (inferiore a 0,2 m/sec), i quali tendono progressivamente ad aumentare in prossimità della linea di riva fino a valori di circa 0,7 m/sec, soprattutto nel settore settentrionale, dove tendono ad orientarsi parallelamente alla linea di costa con andamento SE-NO (Fig. 17 A). L’effetto di un simile evento meteomarino sui sedimenti di fondo (Fig. 17 D) indicherebbe che i settori soggetti a maggiore escavazione coincidono con quelli del tratto più settentrionale, con limitate zone di accumulo nel settore meridionale.

Evento con direzione N270

La modellizzazione, eseguita per una durata dell’evento di 24 h, dell’evento meteomarino generato da vento con velocità di 10 m/s proveniente da una direzione di N270 (Fig. 18) evidenzia la presenza di fronti d’onda (Fig. 18C) che tendono a ruotare, nel corso dell’evento, verso la direzione NNE. I valori di velocità del flusso idrodinamico (Fig. 18B) assumono valori inferiori a 0,1 m/sec nel settore distale della spiaggia sommersa mentre, in corrispondenza dei primi metri di spiaggia sommersa, la velocità raggiunge valori maggiori di 0,5 m/sec, con vettori orientati parallelamente alla linea di costa e con direzione verso i quadranti sud-orientali. L’effetto di un simile evento meteomarino sui sedimenti di fondo della spiaggia sommersa (Fig. 18D) consente di rilevare che i settori sottoposti ad escavazione più importante coincidono con il sistema di barre e truogoli che caratterizzano i primi metri della spiaggia sommersa, con limitate zone di accumulo sopratutto nel settore meridionale e sempre in prossimità della linea di riva.

figura 18 modelli

Fig. 18 – Modelli di simulazione del DELFT3D ricostruiti sul tratto costiero in esame (Zona SIC della foce del Garigliano) per una direzione del vento di N270 ed una velocità dello stesso di 10 m/sec dopo 24 h dall’inizio dell’evento meteomarino. (A) Vettori dei flussi idrodinamici. (B) Velocità dei flussi idrodinamici. (C) Direzione dei fronti d’onda. (D) Zone di accumulo ed escavazione.

 Evento con direzione N255

La modellizzazione, eseguita per una durata dell’evento di 24 h, dell’evento meteomarino generato da vento con velocità di 10 m/s proveniente da una direzione di N255 evidenzia la presenza di fronti d’onda (Fig. 19 C) che tendono a ruotare, nel corso dell’evento, verso la direzione NNE. I valori di velocità del flusso idrodinamico (Fig. 19 B) assumono valori inferiori a 0,1 m/sec nel settore distale della spiaggia sommersa mentre, in corrispondenza dei primi metri di spiaggia sommersa, la velocità del flusso idrodinamico raggiunge i valori massimi. Come nel caso della modellizzazione dell’evento meteomarino con direzione N270, le direzioni dei flussi genererebbero correnti dirette verso SE (Figg. 19 e 18 A).

figura 19 modelli

Fig. 19 – Modelli di simulazione del DELFT3D ricostruiti sul tratto costiero in esame (Zona SIC) per una direzione del vento di N255 ed una velocità dello stesso di 10 m/sec dopo 24 h dall’inizio dell’evento meteomarino. (A) Vettori dei flussi idrodinamici. (B) Velocità dei flussi idrodinamici. (C) Direzione dei fronti d’onda. (D) Zone di accumulo ed escavazione.

La dinamica dei sedimenti durante un simile evento meteomarino, indicherebbe che i settori di maggiore escavazione coincidono con il sistema di barre e truogoli che caratterizzano i primi metri della spiaggia sommersa, con limitate zone di accumulo sopratutto in prossimità della linea di riva (Fig. 19 D).

La morfologia articolata del sistema di barre, truogoli e canali controlla la dinamica piuttosto complessa che risente delle differenti direzioni d’incidenza del moto ondoso, nella maggior parte degli eventi perturbativi, tra le direzioni di 210° e 270°. In particolare sia dalla costruzione dei piani d’onda con relativi calcoli della direzione, potere e velocità della corrente lungo costa che dall’analisi delle direzioni di transito sedimentario si può definire il prevalere di un drift litoraneo da Nord Ovest prevalentemente diretto verso Sud Est. La direzione ed in verso delle correnti lungo costa, ricavate dall’elaborazione dei dati DELFT, erano già state individuate nel corso degli studi della spiaggia emersa ove si rilevano gli effetti di tali processi, ovvero maggiori erosioni nei tratti si spiaggia presenti nel lato sottoflutto della foce del Fiume Garigliano e del Canale Macchine Vecchie oltre al differente colore della sabbie di spiaggia ed alla morfologia dei cordoni dunari; anche studi precedenti, riportati nella relazione di prima fase, confermavano questo dato. Anche l’analisi quantitativa multitemporale degli effetti dei processi d’erosione sulla linea di riva, esperita nel corso degli studi della spiaggia emersa, conferma questo dato; essa ha evidenziato il complessivo maggiore arretramento del settore costiero settentrionale dell’area in studio, da relazionare alla vicinanza all’area di foce del Fiume Garigliano. Settore questo interessato da dinamiche morfoevolutive spinte e che in tempi storici ha sempre evidenziato una tendenza all’arretramento. L’entità dell’arretramento è valutabile nell’intorno degli 80-90 m nel tratto settentrionale della spiaggia emersa in studio; gradualmente verso Sud tende a diminuire attestandosi su valori medi di 35 m e massimi di circa 45 m, con un tasso di erosione, variabile tra 1.5 e 0.6 m/anno negli ultimi 56 anni.

Per quanto esposto nei paragrafi precedenti, tenendo conto dei risultati delle analisi morfologiche, sedimentologiche, meteomarine e idrodinamiche, si confermano anche tutte le altre conclusioni cui si era pervenuti nel corso dello studio della spiaggia emersa ove erano visibili numerosi aspetti sedimentari e morfologici riconducibili agli effetti dei processi esposti in questa sede nei paragrafi precedenti, e che nel complesso determinano erosione a carico del sistema costiero. Si ritiene infatti che i processi erosivi che attualmente si concentrano lungo la spiaggia sono da mettere in relazione al sistema morfologico dei fondali antistanti, al tipo di ondazioni che incidono sulla costa ed al sistema di transito sedimentario. Ondazioni e correnti che successivamente modellano il fondo creando il sistema di barre e truogoli, ridepositando parte dei sedimenti asportati. Gli effetti prevalenti degli eventi meteomarini sui sedimenti di fondo si concretizzano in una maggiore escavazione nel tratto più settentrionale, con limitate zone di accumulo nel settore meridionale. Da questo settore tuttavia vengono prelevati i sedimenti per i continui ripascimenti della spiaggia emersa, determinando nel complesso una variazione del budget sedimentario ed un’alterazione dei processi morfosedimentari. La maggiore escavazione nel tratto settentrionale, relazionata alla direzione e verso del drift litoraneo, spiegherebbe il maggior tasso di erosione cui è soggetta la spiaggia emersa.

Un ruolo non secondario, a carattere regionale, che determina arretramento della linea di riva è da attribuire anche alla realizzazione delle opere di difesa trasversali sulla costa laziale, che intercettano i sedimenti trasportati dalle longshore currents con direzione da NW verso SE.

Gli studi svolti hanno quindi consentito di confermare che il settore costiero in studio è interessato diffusamente da processi erosivi legati a processi naturali ma soprattutto a fattori antropici.

I processi naturali che determinano l’erosione costiera sono legati all’attività del moto ondoso e delle correnti in relazione all’apporto sedimentario del Fiume Garigliano ed alla morfologia della spiaggia, della costa e della piattaforma continentale; altri processi naturali sono da ascrivere a fenomeni di subsidenza della piana costiera del F. Garigliano. Non va inoltre trascurata l’azione delle variazioni climatiche che stanno interessando il nostro pianeta, con un complessivo aumento della temperatura globale, cui fa riscontro un innalzamento del livello del mare, valutato attualmente in circa 1-1,5 mm/anno, con graduale sommersione di porzioni di pianure costiere con quote basse.

Tra i fattori antropici che hanno favorito l’erosione costiera si inseriscono la riduzione degli apporti solidi fluviali causati dagli interventi di stabilizzazione e regolarizzazione delle sponde e dell’alveo fluviale, prelievi d’inerti in alveo e le attività che hanno ridotto l’erosione del suolo. Anche le opere a difesa del litorale posto a Nord dell’area in studio, intercettando i sedimenti coinvolti nel trasporto litoraneo, procurano un mancato rifornimento alla costa.

Inoltre, dal 1950/1960 circa, l’espansione urbanistica turistico-residenziale sulla fascia litoranea e le attività connesse alla balneazione hanno amplificato la vulnerabilità del settore costiero in studio introducendo importanti modificazioni ambientali e riducendo le aree di ruscellamento. Lo sbancamento delle dune costiere, serbatoi naturali di sedimenti sabbiosi, attuato per far posto ad insediamenti urbani e/o turistici ha inciso negativamente sul bilancio costiero. Similmente, anche il prelievo dei sedimenti di fondo marino a bassa profondità determina forti alterazioni sia nel bilancio sedimentario del sistema costiero che nelle modalità di rifrazione sul fondo del moto ondoso incidente; i sedimenti devono invece essere “relitti”, in pratica non coinvolti più nei processi sedimentari attuali, prelevandoli a profondità oltre il limite di chiusura della spiaggia sommersa, almeno oltre la profondità di 8-10 m circa. Ma a questo proposito è bene precisare che studi svolti in altre aree della costa tirrenica (ad es.  PENNETTA et al, 2012) e la normativa vigente indicano quale profondità di prelievo e asportazione dei depositi sabbiosi relitti per ripascimenti profondità maggiori della batimetrica dei 50 m.

Sui processi di erosione hanno altresì contribuito gli emungimenti dalle falde acquifere che inducono subsidenza della piana costiera e quindi ingressione del mare ed arretramento della linea di riva. Non va infine trascurato l’impatto determinato dalle modalità attraverso le quali avviene la fruizione turistica del sistema spiaggia – duna. La diffusione di solchi trasversali alla duna per l’accesso alla spiaggia, da cui si dipartono altre zone di calpestio diffuso, innesca importanti processi erosivi sia attraverso la distruzione della vegetazione e sia attraverso il rimaneggiamento diretto con conseguente riduzione di resistenza all’erosione sulla duna. Tali effetti sono ancora più evidenti nelle aree ove si registra anche il transito di autoveicoli. Non vanno infine tralasciate alcune pratiche negative quali la pulizia con mezzi meccanici e gli ampliamenti della spiaggia a discapito della duna, con forte riduzione in termini sia di resilienza che di potenziale capacità di accrescimento della duna stessa.

I processi naturali ed i fattori antropici che hanno agito su questo sistema costiero ne hanno di fatto alterato l’equilibrio, verificato che non si riscontrano quegli elementi geomorfologici e vegetazionali indicativi di un normale modello teorico di sviluppo della fascia dunare. L’arretramento della linea di riva ha determinato la migrazione verso l’interno del sistema spiaggia – duna con perdita di un enorme patrimonio culturale (cultural heritage). Gli importanti processi erosivi hanno inoltre determinato la contrazione, con intersezioni e sovrapposizioni, della normale seriazione di comunità vegetali psammofile gradualmente più strutturate. Emergono, inoltre, la determinante assenza dell’avanduna, deputata al rifornimento di sedimento delle altre dune, e l’anomala posizione avanzata della duna secondaria, che risulta peraltro in via di smantellamento con perdita progressiva dell’habitat a ginepro di notevole valore ambientale.

Alla luce di queste premesse vengono sicuramente confermate tutte le misure proposte a loro volta scaturite dallo studio della spiaggia emersa; in pratica misure destinate alla conservazione ed al ripristino del sistema dunale volte a preservarne l’integrità anche come argine contro le ingressioni marine e ad assicurarne la sussistenza come sistema fisico ed ecologico, soprattutto dal punto di vista vegetazionale. In particolare, la ricostruzione dei cordoni dunali e la realizzazione di opere volte a facilitarne l’attraversamento dovrebbero servirsi di tecniche naturalistiche in grado di favorire meccanismi di feedback positivo tra la componente biologica, sedimentologica e morfologica ed un aumento della resilienza e della stabilità dinamica del sistema spiaggia-duna quali ad esempio processi di deposizione delle sabbie, di ricarica della falda freatica, e di reinsediamento di specie pioniere. Tutte misure queste sulle quali si è basata la “Relazione analisi impatti della fruizione sugli  habitat” curata dall’Autorità di Bacino Nazionale Liri Garigliano e Volturno e condivisa dai partners scientifici della Provincia di Caserta: Seconda Università degli Studi di Napoli ed Università degli Studi di Napoli “Federico II”. In pratica i suggerimenti generali, contenuti in tale relazione, utili per la buona esecuzione, controllo e gestione delle azioni di recupero e risanamento degli habitat degradati, per la mitigazione degli impatti e le indicazioni di massima sulla tipologia, il dimensionamento e l’ubicazione degli interventi per la progettazione di cui all’Azione A6 da attuare nell’area SIC del Progetto “Pineta della Foce Garigliano” (IT8010019), sono congruenti con l’assetto geomorfologico e sedimentologico rilevato e risultano reciprocamente coerenti.

All A2 27_sedimentologica Definitiva 06062012All A2 28 morfologica definitiva 15062012

 

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Pineta della Foce del Garigliano: esempi significativi di pressioni-minacce-criticità e impatti

A cura di:

Micla Pennetta(1), Vera Corbelli(2), Vincenzo Gattullo(3), Raffaella Nappi(2)

(1) Dipartimento di Scienze della Terra – Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Largo S. Marcellino, 10. 80138 – Napoli – Italy – Email: pennetta@unina.it

(2) Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno; Viale Lincoln 81100 – Caserta – Italy – Email: raffaella.nappi@autoritadibacino.it

(3) c/o Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno; Viale Lincoln 81100 – Caserta – Italy – Email: v.gattullo@libero.it

Sono stati studiati in particolare i caratteri sedimentari, morfologici e morfoevolutivi del sistema costiero emerso (Pennetta et alii, 2011a) e ricostruite le più importanti trasformazioni nell’uso del suolo principalmente legate ad attività turistico-commerciali e agli interventi di bonifica. Ciò ha consentito di individuare e distinguere in modo chiaro gli effetti dei singoli processi attivi di cui, ricordiamo tra i principali, l’erosione a carico della spiaggia e del sistema dunare e gli impatti antropici sulle dune con compattazioni, escavazioni, incisioni per calpestio e transito di veicoli, inneschi o accentuazione di processi di deflazione eolica, spianamenti per azioni di pulizia meccanica. Sono state rilevate inoltre significative irregolarità nella seriazione delle comunità vegetali psammofile ed immissioni di specie alloctone. Il contributo riveniente da tali indagini è stato applicato alla valutazione dell’indice di vulnerabilità del sistema dunare e della carrying capacity della spiaggia, utile per valutare l’attuale grado di compromissione del sistema ambientale, facilitare la definizione delle priorità degli interventi di conservazione ed individuare misure correttive finalizzate ad una efficace gestione della spiaggia e del suo sistema dunare, stabilendo anche l’origine dell’alterazione immessa nel sistema.

 STUDI ESEGUITI

Il tratto litoraneo del SIC, orientato NW-SE, ha una lunghezza di circa 2.720 m, sviluppandosi con andamento nel complesso rettilineo e continuo; solo nel tratto meridionale è presente, quale elemento di discontinuità, un canale di bonifica (Macchine Vecchie). Esso s’inserisce nel Golfo di Gaeta, un’ampia ansa litoranea estesa per circa 65 Km, concaratteri costieri nel complesso omogenei; lungo la costa si sviluppano spiagge sabbiose, anche di notevole estensione, cui si intercalano tratti limitati di costa alta e rocciosa.

Il sistema dunare del SIC comprende una serie di cordoni coalescenti, sub-paralleli alla linea di riva, messi in posto nel corso della trasgressione versiliana, con un’ampiezza trasversale complessiva di circa 400 m. Il fronte del sistema risulta in gran parte costituito da lembi di avandune embrionali addossate a dune secondarie riattivate principalmente da processi di arretramento per erosione costiera e dalle manomissioni antropiche, cui seguono i cordoni della duna terziaria sui quali negli anni ’30 è stata impiantata la pineta costiera; più all’interno sono presenti cordoni più antichi ormai pressoché completamente spianati (PENNETTA et alii, 2011a).

La spiaggia sabbiosa, con ampiezze comprese tra 10 e 20 m, mostra caratteri sedimentologici e geomorfologici nel complesso omogenei; di contro si rilevano aspetti ambientali, servizi e gestione molto differenziati. Pertanto, al fine di rendere efficace la valutazione delle potenziali interferenze tra fruizione turistico–balneare e caratteristiche e dinamiche ambientali, si è ritenuto utile suddividere il litorale considerato in settori omogenei sotto gli aspetti richiamati (Fig. 2).

impatti1

Fig. 2 – Inquadramento dell’area su ortofoto Regione Campania (Progetto ORCA), 2005. Sono riportati il perimetro del SIC “Pineta della Foce del Garigliano” (linea verde) e l’individuazione dei settori omogenei ai fini degli studi sulla carrying capacity. I riquadri delimitano le aree campione in cui è stato valutato l’indice di vulnerabilità dunare (DVI).

Le analisi e misure eseguite hanno nel complesso compreso:

– analisi in ambiente GIS di cartografie, foto aree, ortofoto, dati satellitari; gli studi hanno incluso anche il rilievo dell’evoluzione dell’area nell’arco temporale tra il 1897 ed il 2010, utilizzando in particolare dati relativi agli anni 1897, 1954, 1966, 1975, 1990/1, 1998, 2005/06, 2007, 2009, 2010 con scale comprese tra 1: 5.000 e 1: 33.000;

  • – analisi delle variazioni della linea di riva nell’arco di tempo considerato;
  • – analisi geomorfologica evolutiva del sistema dunare e di spiaggia, supportata da fotointerpretazione su coppie di immagini stereoscopiche (voli 1954, 1991, 1998);
  • – analisi sulla copertura vegetale con osservazioni su tipo, distribuzione, sue condizioni ed evoluzione nel tempo;
  • – analisi delle modificazioni dell’uso del suolo, delle infrastrutture e costruzioni, della viabilità e sentieramenti, dei parcheggi e della rete idraulica naturale ed artificiale;
  • – acquisizione, valutazione, misure indirette e dirette di parametri relativi al tratto costiero ed alla componente dunare di tipo morfo-sedimentario e meteo-marino;
  • – analisi specifica degli impatti diretti ed indiretti e in particolare di quelli da fruizione;
  • – specifiche misure e valutazioni di ambiti morfologici e parametri morfometrici della spiaggia e della duna e loro evoluzione stagionale per il periodo di studio (2009 e 2010);
  • – misure relative alla distribuzione spaziale e oraria, alle modalità di accesso e fruizione degli utenti del turismo balneare; per l’analisi delle presenza sulla spiaggia sono state effettuate osservazioni ottiche discrete nei mesi di luglio ed agosto 2009 e 2010 con rilievi realizzati utilizzando 6 postazioni georeferenziate;
  • – verifica dei servizi offerti dai privati e dall’amministrazione pubblica per la fruizione turistica.

 INDICE DI VULNERABILITÀ DEL SISTEMA DUNARE

La vulnerabilità di un sistema costiero (es. Dias et alii, 1994; Ley Vega De Seoane et alii, 2007; Martínez Vázquez et alii, 2006; Williams et alii, 2001, 2011) può essere valutato attraverso l’indice di vulnerabilità che sintetizza in maniera quantitativa la risposta del sistema dunare ai diversi processi costieri ed agli effetti della pressione antropica (fra gli altri ad es. il turismo Valléset alii, 2011) che interagiscono e determinano l’evoluzione della linea di riva e del fronte dunare. I principali indicatori della vulnerabilità delle dune sono stati organizzati, in letteratura, in tre checklists da PEREIRA et alii (2000), Garcia-Mora et alii (2001), Davies et alii (1995).

L’indice di vulnerabilità delle dune (Dune Vulnerability Index – DVI) consente di valutare lo stato di degrado/naturalità attraverso una stima delle caratteristiche di resilienza geologica ed ecologica, dei processi legati al moto ondoso e al vento, delle pressioni antropiche capaci di influire sulla vulnerabilità del sistema dunare. La vulnerabilità del sistema dunare è stata qui intesa nel suo senso letterale, quindi come suscettibilità del sistema stesso all’erosione per effetto di attività antropiche o di un processo naturale. Per resilienza del sistema dunare va inteso la capacità di autoriparazione del sistema e quindi di riequilibrio nei confronti dei processi che determinano l’evoluzione della fascia costiera.

L’indice di vulnerabilità del sistema dunale (DVI) applicato in questa ricerca (Garcia-Mora et alii, 2001) considera le condizioni del sistema in base a n.5 classi principali di parametri (Tab. 1) identificati come i principali indicatori della vulnerabilità delle dune costiere, quali i caratteri geomorfologici e sedimentari, gli effetti della dinamica marina, le condizioni della vegetazione ed, infine, gli effetti dell’attività antropica. Le misure dei parametri vengono effettuate per strisce di litorale omogenee per caratteristiche morfo-sedimentarie, ecologiche e antropiche. Nell’area in studio è stato calcolato l’indice di vulnerabilità per due aree campione (Fig. 2): una all’interno del settore settentrionale e l’altra di quello meridionale. Per la sua stima sono state effettuate valutazioni semi-quantitative di n. 54 variabili che costituiscono i principali parametri relativi alla componente dunare della spiaggia, raggruppate come riportato in Tab.1.

tabella1

Tabella 1 – Principali indicatori della vulnerabilità delle dune costiere.

Ad ogni variabileè associato un punteggio compreso tra 0 e 4, cui corrisponde un ordine crescente di vulnerabilità. Per ogni classe viene calcolato un indice di vulnerabilità parziale (IVp), espresso come rapporto tra la sommatoria dei punteggi assegnati alle variabili della classe e il punteggio totale massimo raggiungibile nella classe.

L‘indice di vulnerabilità complessivo è calcolato come media dei cinque indici parziali, assumendo quindi valori compresi tra 0 e 1, dove al valore più alto corrisponde una maggiore compromissione e perdita di capacità di riequilibrio del sistema dunare. Garcia-Mora et alii (2001) propongono la seguente classificazione per i sistemi dunari nel settore sud occidentale della penisola iberica: Gruppo I – bassa vulnerabilità – DVI <0.25; Gruppo II – vulnerabilità da bassa a media – 0.25<DVI <0.50; Gruppo III – vulnerabilità da media ad alta – 0.5<DVI <0.60; Gruppo IV – vulnerabilità alta – DVI >0.6.

I valori del DVI delle due aree campione in studio (Tab. 2) sono piuttosto elevati (0.61 e 0.59), ad indicare un’alterazione del sistema nel suo complesso; i valori parziali, consentendo di discriminare il contributo delle varie componenti, agevolano l’individuazione tipologica e la localizzazione delle opportune strategie di gestione ed intervento.

tabella2Tabella 2 – Valori del DVI delle due aree campione in studio.

  CARRYING CAPACITY DELLA SPIAGGIA EMERSA

In un sistema ambientale la valutazione carrying capacity (capacità di carico antropico) analizza i rapporti che intercorrono tra caratteristiche sedimentologiche e morfologiche, densità e distribuzione dei fruitori, qualità e distribuzione dei servizi offerti, sicurezza della balneazione, individuando la quantità massima di persone che un determinato settore ambientale può sopportare, oltrepassata la quale le caratteristiche fisiche del sistema naturale vengono alterate. In letteratura vengono considerati almeno quattro tipi di capacità di carico: fisica (numero di unità che un’area può fisicamente ospitare), ecologica (densità di popolazione che un ecosistema può sopportare), sociale (la densità massima di persone in un’area che possono ambire a tranquillità nei momenti ricreativi) ed economica (turismo che produce impatto negativo sulle attività economiche), (MacLeod & Cooper, 2005; Prato, 2009).

Nel complesso, la capacità di carico è controllata dai parametri che influiscono sulla conservazione delle caratteristiche di naturalità dell’ambiente e dalla percezione soggettiva. Pertanto, superate determinate soglie, l’ambiente diventa poco confortevole perdendo le sue caratteristiche attrattive e ricreative (Pigram & Jenkins, 1999).Attraverso valutazioni semiquantitative dei parametri significativi e analizzandone la loro reciproca interazione si può fornire un quadro di riferimento (Silva, 2002; Davidson et alii, 2007; Silva et alii, 2007) ed un sistema di indirizzi strategici per un uso corretto del litorale sabbioso per attività turistiche e ricreative (Williams & Lemckert, 2007; Zacarias et alii, 2011).

E’ stata valutata la carrying capacity per due settori del tratto litoraneo in esame (settore Nord – centro e settore Sud, Fig. 3) secondo il modello proposto da Jiménez et alii (2007), che prevede lo studio dei rapporti che intercorrono tra caratteristiche morfologiche e sedimentologiche, densità e distribuzione dei fruitori, caratteristiche e distribuzione dei servizi offerti e sicurezza della balneazione. Ai servizi si ascrivono le attrezzature che rendono le spiagge confortevoli quali: il trasporto, i parcheggi, la facile accessibilità, le docce, i servizi di ristoro, i lettini ed ombrelloni, i servizi igienici. L’aspetto della sicurezza include anche la componente legata alle pericolosità intrinseche della spiaggia come i presidi di salvamento, le caratteristiche morfobatimetriche ed idrodinamiche quali correnti lungo costa e rip currents. In altri tratti di costa bassa, sabbiosa, prospicienti anch’essi una Piana costiera (Fiume Sele, Prov. Salerno), sono stati cartografati per la prima volta (Pennetta et alii, 2011b) canali incisi nel fondo da rip currents, veloci flussi che interessano tutta la colonna di acqua, che si dirigono verso il largo ed in grado di porre in difficoltà i nuotatori meno esperti.

La maggior parte della spiaggia dell’area SIC è libera da concessioni per una lunghezza totale pari a 1.615 m. A partire dal limite settentrionale risultano a fruizione libera i primi 1.500 m di spiaggia, seguono concessioni fino al limite meridionale, ad eccezione di un tratto immediatamente a sud del canale Macchine Vecchie. La spiaggia è prevalentemente frequentata, ove presenti stabilimenti balneari, nelle immediate vicinanze degli stessi o in corrispondenza degli accessi più comodi e dei parcheggi (nel complesso circa 1.145 m).

impatti2

Fig. 3 –  Studio delle variazioni della linea di riva dei settori interessati dalla valutazione della carrying capacity

Settore Nord-centro. Questo settore comprende il tratto di spiaggia a fruizione libera, prospiciente la zona seminaturale del SIC ed estesa dal confine settentrionale fino al villaggio – camping Baia Domizia a Sud. L’area interna è di proprietà privata e l’accesso dei fruitori avviene attraverso alcuni varchiabusivi, aperti lungo la recinzione perimetrale sulla S.P. Garigliano – Monte Massico, da cui si dipartono sentieri o strade campestri che raggiungono la spiaggia. Il parcheggio delle autovetture avviene sulla strada provinciale e, sebbene non interferisca con le aree di pregio ambientale, è inadeguato e pericoloso; pertanto la frequentazione balneare della spiaggia, priva di qualsiasi servizio o dotazione, è limitata. La lunghezza della spiaggia è di circa 1.585 m e l’ampiezza compresa tra 10 e 20 m; la variazione in ampiezza, legata all’intensità del moto ondoso, ai processi sedimentari, alle oscillazioni del livello del mare (l.m.) causato dalle maree e dalle sesse,risulta compresa tra 5 e 15 m. La superficie da considerare disponibile per la fruizione è pari a circa di 13.468 mq. Essa è stata determinata considerando l’ampiezza media della spiaggia nel periodo estivo, ma ritenendo utile per i fruitori il tratto di spiaggia compreso tra la battigia e cinque metri dal piede della duna. Quest’ultimo valore è fissato sulla base degli studi disponibili e dalle osservazioni effettuate, affinché non vengano a determinarsi impatti sulla spiaggia interna a carico delle prime forme dunari embrionali e della vegetazione che ne innesca la formazione. Tutti i dati ricavati dall’analisi sono stati posti a confronto con parametri di riferimento; in particolare la superficie di spiaggia emersa utile attribuita a ciascun utente viene assunta pari a 10 mq. I risultati ottenuti hanno consentito di determinare che:

  • – il numero complessivo di utenti è sotto soglia, la loro densità long-shore risulta non omogenea, ma comunque sotto soglia; la densita cross-shore è sotto soglia anche in corrispondenza degli accessi;
  • – il numero di accessi è nella soglia;
  • – la disponibilità di posti auto, il numero di concessioni balneari (benché da tempo inattive), di servizi igienici, di contenitori per la raccolta di rifiuti ed il numero di presidi per il salvamento sono sopra soglia.

Settore Sud. Comprende il tratto di spiaggia a Sud del canale Macchine Vecchie, includendo una prima parte a fruizione libera e la successiva, più meridionale, interessata da una concessione che si estende oltre il confine meridionale dell’area SIC. I rilievi eseguiti hanno mostrato che il tratto di spiaggia libera è di circa 230 m mentre quello interessato dallo stabilimento è di 154 m per una lunghezza complessiva di circa 384 m. Tre piccoli manufatti servono la concessione, posizionati sul fronte dunare, previo, purtroppo, locale sbancamento della duna stessa. La spiaggia è prospiciente il villaggio turistico “La Serra” che, ubicato a tergo della duna secondaria a ginepro, occupa in parte la pineta della duna terziaria e in parte il settore delle dune antiche (Pennetta et alii, 2011a). Esso ha una ricettività giornaliera di circa 1000 persone/giorno nel periodo luglio-agosto. L’ampiezza della spiaggia, compresa tra 15 e 20 m, ha mostrato variazioni in ampiezza comprese tra 7 e 13 m, anche qui legate alle oscillazioni del l.m. causato dalle maree e dalle sesse, all’intensità del moto ondoso ed ai processi sedimentari. La superficie da considerare disponibile per la fruizione è risultata di circa 4.032 mq. Restano fissati come per il settore settentrionale i limiti di protezione della spiaggia interna (5 m) e la superficie utile procapite (10 mq). Confrontando i dati ricavati dall’analisi con i parametri di riferimento si rileva che:

  • – il numero complessivo di utenti e la loro densità long-shore e cross-shore, il numero di accessi, la disponibilità di posti auto sono sotto soglia;
  • – il numero di stabilimenti balneari e il numero di presidi per il salvamento sono nella soglia;
  • – il numero di servizi igienici ed il numero di contenitori per la raccolta di rifiuti sono, seppur di poco, sopra soglia.

 CONCLUSIONI

Gli studi morfosedimentari del sistema costiero in sinistra foce del Fiume Garigliano, svolti nell’ambito del Progetto Providune, hanno consentito, tra gli altri, di eseguire una zonazione sedimentologica e morfologica dell’area, sintetizzati in Pennetta et alii (2011a). Tali studi sono stati posti alla base di valutazioni tese all’individuazione dei limiti di tollerabilità di una spiaggia e delle risorse ambientali da salvaguardare; dati rivelatisi indispensabili per la formulazione di piani e programmi per la gestione e la salvaguardia dei sistemi costieri.

Sono stati pertanto calcolati i valori della vulnerabilità  del sistema dunare (DVI) in due aree campione; i valori ricavati sono nel complesso elevati, essendo compresi tra 0.59 (area campione settentrionale) e 0.61 (area campione meridionale). In entrambe le aree la vulnerabilità è condizionata dai fattori morfosedimentari connessi peraltro ai processi della dinamica marino costiera, che, in accordo con i risultati degli studi precedenti, evidenziano la severità dei fenomeni erosivi realizzatisi, ed in parte in corso, a carico della spiaggia e del sistema dunare; gli effetti di tali processi si riflettono sulle condizioni della vegetazione che evidenzia il forte stato di pressione cui è sottoposta. Le dinamiche osservate sono da porre in relazione agli effetti delle pressioni antropiche che hanno agito nel tempo in maniera sia diretta che indiretta, innescando e/o accelerando processi che tendono a ridurre la resilienza del sistema naturale. Il valore calcolato dell’indice di vulnerabilità parziale relativo agli impatti antropici (HE), basso rispetto ai valori ricavati per gli altri indicatori di vulnerabilità costiera, non tiene conto delle pressioni antropiche indirette (principalmente riduzione quantitativa e granulometrica degli apporti sedimentari fluviali da parte del Fiume Garigliano) che hanno avuto invece un ruolo determinante,  in grado di indurre ab initio la compromissione del sistema. I valori totali ottenuti sono nel complesso confrontabili sebbene, sul settore a Nord,  pesino maggiormente sull’indice relativo (GCD) gli effetti indotti dai più intensi processi di arretramento costiero, mentre nel settore meridionale risultano più sensibili gli effetti degli impatti antropici (HE).

Le analisi sulla carrying capacity della spiaggia sono risultate utili per identificare il superamento di soglie, cui corrispondono condizioni d’uso non adeguate; la loro individuazione consente di attuare strategie di gestione per ridurre al minimo gli impatti da fruizione. In particolare, i risultati ottenuti nel settore settentrionale indicano la presenza di quantità di attrezzature e servizi per la fruizione turistica che, appaiono nel complesso sottodimensionate rispetto agli standards. Benché questo settore di elevato pregio ambientale non sia interessato da un eccessivo carico turistico anche nei periodi potenzialmente più idonei alla balneazione, esso manifesta condizioni di fragilità fisica ed ecologica.

Nel settore meridionale, sebbene le attuali modalità di fruizione risultino compatibili ed anche i servizi solo in parte inadeguati, si rilevano pregresse condizioni di degrado da fruizione legate ad un sovradimensionamento di servizi con manomissione di ampi settori del sistema dunare.

La presenza diffusa di infrastrutture turistiche ubicate sui cordoni dunari, comporta frequentemente lo sbancamento della duna,  introduce elementi di rigidità che innescano processi erosivi, sottrae sabbia utile per l’alimentazione naturale della spiaggia in periodi di bilancio sedimentario negativo e favorisce il degrado degli ecosistemi.Anche le modalità di accesso dei turisti determinano impatti creando sentieri trasversali, localmente incisi nella duna e talora percorsi anche da mezzi motorizzati, da cui si dipartono altre zone di calpestio diffuso e prendono origine fenomeni di deflazione eolica (Fig. 4). A queste si aggiungono la pulizia con mezzi meccanici e gli ampliamenti della spiaggia a danno della duna, con forte riduzione in termini sia di resilienza che di potenziale capacità di accrescimento della duna stessa. Tutti questi elementi di pressione antropica favoriscono i processi erosivi a carico della spiaggia e delle dune mettendo anche in pericolo la conservazione di specie ed habitat di pregio come quello a ginepro o della pineta costiera.

Lo studio sugli impatti è stato articolato sull’analisi degli aspetti fisici e biotici i cui risultati, valutati in maniera multidisciplinare, hanno consentito l’individuazione delle criticità nelle varie aree cui corrisponderà l’identificazione delle azioni di mitigazione da attuare.

In particolare, nel settore settentrionale emerge la necessità di organizzare la fruizione e di dotarla dei servizi minimi indispensabili al fine di eliminare gli impatti prodotti dal disordine con cui si realizza attualmente. Gli interventi in tal senso saranno programmati con grande attenzione con l’intento di preservare al massimo le condizioni di naturalità e gli aspetti di alto pregio ambientale del settore.

impatti3

Fig. 4 – Assi di transito pedonale non gestito sul fronte dunare del settore centro-settentrionale su cui si sono sviluppati processi di deflazione eolica (linea rossa). Indicati la ricostruzione del profilo topografico originario (pto), gli assi delle conche deflazione (cd) e i lobi d’accumulo (lbo) che si addossano sulla vegetazione arbustiva (ginepro) della duna secondaria.  Tali processi sottraggono sabbia agli interscambi duna – spiaggia, favoriscono l’ingressione marina nel corso di eventi meteomarini severi e i fenomeni di compenetrazione e mosaicizzazione nella seriazione vegetale.

Tra gli altri, la delimitazione dei percorsi di accesso e la loro realizzazione su passerelle, semplici interventi di ingegneria naturalistica con chiusura dei varchi d’incisione e protezione del piede delle dune, potranno migliorare le capacità di difesa del sistema ove più compromesso dagli impatti antropici e dalla pressione esercitata dai processi di arretramento costiero.

Nel settore meridionale è prioritaria la previsione d’interventi per il recupero di tratti del settore dunare fortemente compromessi dalle modalità in cui si è svolta nel passato la fruizione balneare con stabilimenti realizzati spianando la duna e consentendo l’accesso di autoveicoli fino alla spiaggia. Per la pulizia della spiaggia sono da utilizzare tecniche manuali abolendo l’uso dei mezzi meccanici.

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Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: introduzione e inquadramento generale

INQUADRAMENTO DELL’AREA

L’area SIC “Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni” (NATURA 2000 Code:IT92220055) ha un’estensione di 849 ha, con quota di altitudine compresa tra 0 e 5 m sul livello del mare. Il suo limite S-E è rappresentato dal mare e si estende per circa 3,4 km, mentre il limite S-O è delineato dal fiume Sinni.
Segnalata dalla Società Botanica Italiana come meritoria di tutela dal 1971, l’area è Sito di Importanza Comunitaria (SIC) per la presenza di habitat naturali o specie di interesse conservazionistico, in base alla direttiva comunitaria Habitat, ed anche Zona di Protezione Speciale (ZPS) in base alla Direttiva “Uccelli” (79/409/CEE). Dal 1999, ai sensi della legge regionale n. 28/94, è stata istituita la Riserva Naturale Regionale per una superficie di circa 480 ha.


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Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: caratteristiche sedimentologiche e modelli

A cura:

Luisa Sabato*, Sergio Longhitano**, Antonietta Cilumbriello*, Dario Gioia*, Luigi Spalluto*

*Dipartimento di Geologia e Geofisica, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, email: luisa.sabato@uniba.it
**Dipartimento di Scienze Geologiche, Università degli Studi della Basilicata, Potenza, email: sergio.longhitano@unibas.it

Dott. Claudio Kalb *** (Modellizzazione degli scenari idrodinamici)

(***)Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche – Università degli Studi di Cagliari; Sede di Via Trentino, 51 – 09127 Cagliari – Italy – Email:ckalb@unica.it

Dati sedimentologici composizionali

I dati composizionali acquisiti riguardano tutti i campioni prelevati dal settore emerso (subambienti di: battigia, avanspiaggia interna, retrospiaggia) e da quello sommerso della spiaggia. Durante le analisi sono state distinte le seguenti componenti: quarzo, feldspati s.l., litici polimineralici, litici carbonatici e bioclasti, minerali accessori. I dati raccolti hanno evidenziato che gran parte dei sedimenti appartenenti al settore sommerso e a quello emerso della spiaggia sia di provenienza extrabacinale, e sono costituiti da abbondanti frammenti litici con percentuali che, a seconda dei diversi sub-ambienti, possono variare complessivamente da circa il 60% ad oltre il 90% dell’intero volume del sedimento. La frazione litica è stata inoltre suddivisa in due classi: i litici polimineralici ed i litici monomineralici a composizione carbonatica. In particolare, i litici polimineralici sono risultati costituiti da frammenti di rocce magmatiche, metamorfiche e sedimentarie a composizione silicoclastica. Invece, la frazione litica monomineralica a composizione carbonatica è risultata costituita da frammenti di calciruditi e calcareniti bioclastiche (fra cui abbondanti encriniti), da frammenti di calcari pelmicritici e da frammenti di calcite. La frazione a composizione carbonatica comprende anche una esigua percentuale di bioclasti (in genere inferiore all’1%), rappresentati unicamente da frammenti di molluschi. Per una più pratica interpretazione dei dati e per analogia composizionale i valori dei litici carbonatici e dei bioclasti sono stati associati in una unica classe che comprende tutti i granuli a composizione carbonatica.

Nel complesso, l’intera frazione litica, sia polimineralica che monomineralica, ben rappresenta le principali litologie che affiorano nell’area del bacino idrografico del Fiume Sinni; si tratta di rocce cristalline e sedimentarie la cui età varia dal Mesozoico fino al Quaternario.

Dopo i litici, il quarzo è certamente la frazione più abbondante nei sedimenti di spiaggia ed è facilmente riconoscibile per il suo aspetto vitreo. In particolare, il quarzo è presente in concentrazioni mediamente comprese tra il 22,15 % (battigia) ed il 36,6% (spiaggia sommersa).

L’osservazione delle sezioni sottili, inoltre, ha evidenziato che la frazione quarzosa è costituita prevalentemente da quarzo monocristallino e subordinatamente da quarzo policristallino con contorni suturati. In entrambi i casi, i granuli di quarzo sono generalmente privi di inclusioni e mostrano prevalentemente estinzione ondulata.

Nei sedimenti di spiaggia analizzati i feldspati s.l. sono presenti in percentuali molto esigue, mediamente comprese tra l’ 1% ed il 2,5 % dell’intero volume del sedimento. Nel loro complesso, i feldspati sono stati riconosciuti per la forma raramente idiomorfa, per la presenza di piani di geminazione e per il colore biancastro. L’osservazione delle sezioni sottili ha inoltre evidenziato che i feldspati sono costituiti prevalentemente da plagioclasio e microclino. Altri minerali sono presenti in percentuali accessorie e non costituiscono mai più dello 0,35% del sedimento.

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Modellizzazione degli scenari di mareggiata

La modellizzazione dei fenomeni morfodinamici nel tratto costiero prospiciente l’area SIC di Bosco Pantano è stata effettuata attraverso il software DELFT3D, sviluppato dai Work Laboratories della Delft Hydraulics (Olanda). In particolare, la simulazione ha sfruttato il modulo SWAN (Simulating WAves Nearshore) per lo studio del moto ondoso e il modulo FLOW per l’analisi dell’idrodinamismo e del trasporto dei sedimenti. Sulla base dei dati di ingresso relativi al moto ondoso, il modulo FLOW simula i fenomeni morfodinamici costieri sfruttando le equazioni di Navier-Stokes per un fluido incompressibile e le assunzioni di Boussinnesq per le acque basse.

La simulazione degli eventi meteomarini di alta energia nell’area SIC di “Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni” è stata preceduta dalla precisa definizione delle condizioni al contorno del modello, sulla base delle caratteristiche morfologiche e sedimentarie del fondale e dei dati sul clima d’onda acquisiti nel corso di questo studio. É importante inoltre ricordare che le caratteristiche tessiturali dei sedimenti del tratto costiero considerato sono state incorporate nel modello dalle informazioni dedotte dall’elaborazione dei dati granulometrici.

L’area in cui viene eseguita la simulazione del moto ondoso e dell’idrodinamica è rappresentata da una serie di griglie georeferenziate contenenti le informazioni batimetriche e le caratteristiche tessiturali del fondale. In particolare, nel presente studio sono state predisposte tre griglie: (i) una prima griglia (LARGE) estesa ad un tratto del litorale ionico più ampio rispetto alla sola area di studio SIC e compreso tra la foce del Torrente Cavone e quella del Fiume Sinni (fig. 2.1.1), esteso verso mare fino alla profondità di –800 m (fig. 4.6.1A). La profondità limite della griglia è stata  scelta in base alle caratteristiche del moto ondoso più ricorrente ed in base alla lunghezza d’onda massima registrata nel litorale ionico. (ii) Una seconda griglia intermedia (MID; fig. 4.6.1B) che rappresenta un dettaglio della precedente, maggiormente focalizzato sull’area di studio e che definisce un settore all’interno del quale il modello simula eventuali fenomeni di riflessione e rifrazione; i dati relativi alla linea di costa e alla batimetria di queste due griglie sono quelli derivanti dal rilievo Regione Basilicata/AgroBios (2005). (iii) Una terza griglia di dettaglio (FINE; fig. 4.6.1.11A) rappresentata dal tratto costiero prospiciente l’area SIC, utilizzata dal modello FLOW come base per la simulazione dei fenomeni morfo-dinamici innescati dagli eventi meteomarini. I dati relativi alla linea di costa e alla batimetria di questa griglia sono quelli rilevati in maniera diretta durante la campagna morfo-batimetrica di luglio 2010.

Pages from All_MTR1_A2_MT-2_Page_1Il passo successivo è stato quello di costruire i modelli d’onda specifici mediante l’applicazione del modulo SWAN del DELFT3D. Il modello d’onda è stato generato a partire dai dati anemometrici triorari acquisiti nella stazione di Terra Montonata nel periodo compreso tra gennaio 2001 e dicembre 2008. Il modello procede per fasi di calcolo predefinite ed interattive fino al completo svolgimento del processo costiero in esame. Una volta impostate le condizioni al contorno e definiti gli intervalli di tempo oggetto dell’indagine, il modello d’onda ed il modello idrodinamico definiscono le caratteristiche del flusso e le azioni innescate sui sedimenti per tutta la durata della simulazione.

Applicazione del modello

La modellizzazione effettuata attraverso l’applicazione del software DELFT3D è stata applicata utilizzando gli eventi meteomarini più ricorrenti e di maggiore energia risultati dall’analisi del clima d’onda effettuata nel settore in studio.

Pertanto, i modelli elaborati sono stati calcolati su quattro direzioni di venti dominanti:

  • – Vento di tramontana (direzione N0°E);
  • – Vento di levante (direzione N90°E);
  • – Vento di scirocco (direzione N135°E);
  • – Vento di mezzogiorno (direzione N180°E).

I modelli idrodinamici sono stati ottenuti sulla base di questi quattro differenti scenari, i quali riprodurrebbero le condizioni relative alla (i) direzione dei fronti d’onda, (ii) alla ricostruzione della velocità dei flussi idrodinamici che verrebbero generati da tali scenari, ed (iii) alla distribuzione delle aree sottocosta soggette ad escavazione e/o accumulo durante ciascun evento.

 Evento di tramontana

In caso di forte mareggiata generata da un vento di tramontana (proveniente da Nord), i modelli relativi alla direzione dei principali fronti d’onda generati (Fig. 4.6.1.1.1A) mostrano una prevalente direzione di approccio del moto ondoso verso Sud-Ovest (N220°E) la quale, in concomitanza con l’isobata dei –6 m, tenderebbe a ruotare verso N240°E fino alla zona di battigia, dove i fronti d’onda si orientano obliquamente rispetto alla linea di costa. Tale simulazione, effettuata per una durata dell’evento di 24 h, non ha mostrato nel tempo variazioni significative nella direzione dei fronti d’onda.

Per quanto riguarda i flussi idrodinamici (Fig. 4.6.1.1.1B), la simulazione dello stesso evento mostra valori di velocità dei flussi poco significativi nel settore più distale (0,05 m/sec), i quali incrementano (0,25-0,35 m/sec) soprattutto nel settore meridionale per effetto della presenza del fronte deltizio sommerso del Fiume Sinni, per profondità comprese tra –2 e –4 m. Le direzioni dei flussi mostrano una concentrazione verso lo stesso settore di foce, raggiungendo le velocità massime (>0,1 m/sec). (Fig. 4.6.1.1.1C). L’effetto di una tale mareggiata sui sedimenti presenti nel settore sommerso della spiaggia (Fig. 4.6.1.1.1D), indicherebbe che i settori di maggiore escavazione coincidono con quelli del tratto più settentrionale, che corrisponderebbero a limitate zone di accumulo nel settore meridionale (Foce Sinni).

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Evento di Levante

In caso di mareggiata generata da un vento di Levante (proveniente da Est), i modelli relativi alla direzione dei principali fronti d’onda generati (fig. 4.6.1.2.1A) mostrano una prevalente direzione di approccio del moto ondoso verso Ovest (N265°E) la quale, in concomitanza con l’isobata dei –6 m, tenderebbe a ruotare verso N270°E fino alla zona di battigia, dove i fronti d’onda si orientano perpendicolarmente rispetto alla linea di costa.

Tale simulazione, effettuata per una durata dell’evento di 24 h, non ha mostrato nel tempo variazioni significative nella direzione dei fronti d’onda. Per quanto riguarda i flussi idrodinamici (fig. 4.6.1.2.1B), la simulazione dello stesso evento mostra valori di velocità dei flussi poco significativi nel settore più distale (0,05 m/sec), i quali incrementano (0,25-0,35 m/sec) non appena i fronti d’onda interagiscono con le forme di fondo (barre), ad una profondità compresa tra –2 e –4 m, mantenendo una direzione costante (fig. 4.6.1.2.1C). L’effetto di una tale mareggiata sui sedimenti presenti nel settore sommerso della spiaggia (fig. 4.6.1.2.1D), indicherebbe l’alternanza di settori in erosione (fino a –0,08 m) e settori in accumulo (+0,06 m) i quali si estendono in direzione parallela alla linea di costa e comunque coincidenti con il sistema di barre rilevato.

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Evento di Scirocco

Durante una mareggiata prodotta da un vento di scirocco (proveniente da Sud-Est), i principali fronti d’onda che insisterebbero sul tratto di costa in studio (fig. 4.6.1.3.1A) si orienterebbero verso Nord-Ovest (N310°E), mantenendo una direzione pressoché costante anche nei settori più prospicienti la battigia per tutta la durata dell’evento (24 h).

Alla fine della mareggiata, i flussi idrodinamici (Fig. 4.6.1.3.1B) mostrano la presenza di un diffuso idrodinamismo attribuibile ad un drift litoraneo diretto verso Nord-Est, orientato parallelamente rispetto alla linea di costa, come probabile risultato di una corrente generata dal prospiciente tratto costiero più meridionale (velocità ~0,2 m/sec). Ovviamente, i valori di velocità massime (<0,35 m/sec) dei flussi idrodinamici, anche in questo caso, si concentrerebbero nella zona di battigia. Le direzioni dei flussi, genererebbero correnti dirette verso Nord-Est (Fig. 4.6.1.3.1C). L’effetto di una tale mareggiata sui sedimenti presenti nel settore sommerso della spiaggia (Fig. 4.6.1.3.1D), indicherebbe l’alternanza di settori in erosione (fino a –0,08 m) e settori in accumulo (+0,06 m) paralleli alla linea di costa.

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Evento di Mezzogiorno

La simulazione di un evento di forte mareggiata proveniente da mezzogiorno ha mostrato degli scenari di evoluzione molto simili a quelli ricostruiti per i venti di scirocco, dato che le direzioni sono comunque pressoché coincidenti. Ciò nonostante, i principali fronti d’onda generati (Fig. 4.6.1.4.1A) mostrano una prevalente direzione di approccio del moto ondoso verso Nord-Nord- Ovest (N353°E) la quale, in concomitanza con l’isobata dei –6 m, tenderebbe a ruotare verso N338°E fino alla zona di battigia, dove i fronti d’onda si orientano obliquamente rispetto alla linea di costa.

Tale simulazione, effettuata per una durata dell’evento di 24 h, produrrebbe flussi idrodinamici (Fig. 4.6.1.4.1B) concentrati lungo costa (con direzione settentrionale) favoriti proprio dall’orientazione della linea del litorale. In particolare, anche in questo casi, si rivela l’esistenza di un flusso energetico proveniente da sud, come risultato di un trasporto lungo costa (drift) generato nel settore litorale più meridionale, con velocità massime fino a 0,35 m/sec. Tale scenario sarebbe supportato anche dalla modellizzazione dei vettori delle velocità (Fig. 4.6.1.4.1C). L’effetto di una mareggiata proveniente da Sud, determinerebbe la dominanza di fenomeni di accumulo di sedimento proveniente da meridione in coincidenza dei sistemi di barre sommerse, e localizzati fenomeni di escavazione nel settore più settentrionale (Fig. 4.6.1.4.1D).

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RISULTATI

Dati composizionali dei sedimenti

I sedimenti che costituiscono il sistema litorale analizzato sono caratterizzati dalle seguenti componenti: quarzo, feldspati s.l., litici polimineralici, litici carbonatici e bioclasti, minerali accessori. I dati raccolti hanno evidenziato che in tutti i sub-ambienti di spiaggia gran parte del sedimento è di provenienza extrabacinale, ed è costituito da una notevole varietà composizionale che rispecchia la diversa natura delle formazioni geologiche che affiorano nel bacino imbrifero del Fiume Sinni.

I dati testimoniano che: i) il sub-ambiente di battigia e quello di avanspiaggia interna sono costituiti in prevalenza da frammenti litici polimineralici; ii) il sub-ambiente di retrospiaggia è costituito da sabbie a prevalente composizione carbonatica a causa dell’elevata quantità di frammenti litici carbonatici; iii) il settore della spiaggia sommersa è costituito da una elevata percentuale di quarzo.

Inoltre, l’analisi dei dati composizionali svolta sull’intero sistema di spiaggia ha evidenziato un progressivo arricchimento di bioclasti procedendo dalla spiaggia emersa verso quella sommersa.

Tale dato rappresenta l’unica testimonianza di una, pur se limitata, produzione intrabacinale di sedimento carbonatico.

Analisi sedimentologica, morfologica e morfobatimetrica

I profili ed i rilievi topografico-batimetrici effettuati durante le tre campagne (mesi di luglio, ottobre e dicembre 2010) hanno consentito di delineare un modello di spiaggia completo sia del profilo della stagione estiva che di quella invernale. Mettendo infatti a confronto i profili topografici delle tre acquisizioni risulta evidente da luglio a dicembre una diminuzione della superficie della spiaggia emersa ed un aumento dell’altezza della berma di tempesta, come del resto osservato durante i sopralluoghi effettuati sul campo nel periodo invernale.

La comparazione delle acquisizioni multi-temporali relative ai profili batimetrici mette in evidenza come la transizione da regimi energetici moderati (stagione estiva) verso periodi caratterizzati da un più elevato idrodinamismo (stagione invernale) non abbia prodotto vistose modificazioni morfologiche e batimetriche nei settori più profondi del sistema di spiaggia, e precisamente dalla profondità di –6 m fino al limite dell’area rilevata (–13 m circa). Al contrario, si assiste ad una marcata variazione delle forme di fondo in coincidenza del settore più prospiciente la linea di riva (compreso tra 0 e –6 m), ove il sistema composito di barre sommerse, mostra evidenti variazioni sia di forma che di dimensione. Evidentemente, il susseguirsi di mareggiate anche di elevata intensità, concomitanti con il transito di volumi di sedimenti scaricati dalla limitrofa foce del Fiume Sinni e trasportati lungo costa verso Nord, hanno determinato la continua evoluzione di questo complesso sistema di barre, le cui forme e proporzioni rispondono fedelmente all’energia del moto ondoso dominante ed alla sua direzione, secondo una dinamica soggetta a continue variazioni. In definitiva, appare chiaro come il litorale in esame sia stato caratterizzato da: (i) un moderato arretramento nell’ambito di una generalizzata stazionarietà, nel settore più settentrionale (profili n° 1-25); (ii) un marcato arretramento nel settore meridionale, a cavallo del sistema di foce del Fiume Sinni (profili n° 26-36). Tale tendenza può essere attribuita alle discontinuità che separano il sistema di barre presente sotto costa, le quali causerebbero una marcata erosione dello stesso tratto costiero in coincidenza delle soluzioni di continuità di tali barriere naturali, ed una maggiore stabilità del litorale in prossimità di quei sistemi meglio sviluppati e dotati di maggiore continuità.

Modellizzazione idrodinamica

 Allo scopo di realizzare i modelli di previsione sull’incidenza del moto ondoso dominante e sul conseguente assetto idrodinamico, attraverso l’utilizzo del software Delft3D, sono stati identificati gli eventi meteomarini più frequenti e di maggiore energia (venti di tramontana, levante, scirocco, mezzogiorno). Gli effetti di mareggiate generate da tali venti hanno pertanto indicato altrettanti possibili scenari, sulla base dei quali sono stati ottenuti i dati relativi alla velocità dei flussi idrodinamici, alle loro direzioni prevalenti ed alle zone soggette ad accumulo e/o ad escavazione.

Più in particolare, è stato dimostrato come gli effetti degli eventi meteomarini modellizzati sui sedimenti presenti nel settore della spiaggia sommersa soggetta ad una mareggiata generata da un vento di levante o di scirocco provocherebbero l’alternanza di settori in erosione (fino a –0,08 m) e settori in accumulo (+0,06 m), i quali si estendono in direzione parallela alla linea di costa e comunque coincidenti con il sistema di barre rilevato. Gli effetti di una mareggiata dovuta ad un vento di tramontana provocherebbero una maggiore escavazione nel tratto sommerso più settentrionale, e limitate zone di accumulo nel settore meridionale, corrispondente alla foce del Fiume Sinni. Infine, gli effetti di una mareggiata proveniente da Sud, determinerebbero la dominanza di fenomeni di accumulo di sedimento proveniente da meridione in coincidenza dei sistemi di barre sommerse, e localizzati fenomeni di escavazione nel settore più settentrionale.

Sulla base delle osservazioni effettuate durante il monitoraggio multi-temporale, gli scenari generati dai venti provenienti dai quadranti meridionali (Sud e Sud-Est) appaiono quelli più realistici e di maggiore influenza sul litorale in studio.

Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: esempi significativi di pressioni-minacce-criticità e impatti

Nel corso del rilevamento dei fattori di pressione/minaccia e criticità si evince che le minacce più frequentemente rilevate sono l’erosione costiera, il calpestio eccessivo, la pesca a strascico ed i veicoli motorizzati, che interessano tutti gli habitat dunali, compreso il 2250. Gli habitat maggiormente a rischio sono gli habitat dunali 2110, 2120 e 2210, in cui l’erosione costiera e l’utilizzo di veicoli motorizzati, se non attenuati o rimossi, potrebbero portare ad una scomparsa totale degli stessi; la pesca a strascico, il calpestio eccessivo e l’invasione di una specie, se non regolamentati, potrebbero, invece, causare la scomparsa parziale degli stessi habitat dunali.
Danni da erosione costiera interessano anche l’habitat 2250, in maniera incisiva in alcuni tratti dove le dune distrutte non garantiscono un’adeguata protezione dell’habitat; tale fenomeno se non contrastato potrebbe portare nel tempo alla scomparsa parziale dell’habitat 2250. Nel complesso, quasi tutti i fattori di pressione/minaccia riscontrate risultano essere di origine antropica, a dimostrazione dell’impatto delle attività umane sulla riserva naturale.

Misure di mitigazione/prevenzione

Di seguito si discutono, per ogni singola tipologia di minaccia rilevata, le misure di mitigazione che si ritengono più urgenti e necessarie sulla base delle osservazioni effettuate nel corso dei rilevamenti di campo.

Erosione costiera: rappresenta la minaccia di tipo antropico maggiormente riscontrata nell’area in esame. Gli habitat fortemente interessati da tale minaccia sono quelli del sistema dunale e di conseguenza, nella successione catenale, l’habitat 2250. Al fine di prevenire questo fenomeno è indispensabile definire un dmv (deflusso minimo vitale) per il fiume Sinni e cercare di arrestare la drastica riduzione degli apporti sedimentari dei corsi fluviali mediante l’eliminazione o la ristrutturazione della rete di canali. Il litorale, essendo impostato sui sistemi di foce di corsi d’acqua, è particolarmente sensibile alle variazioni degli equilibri tra apporto solido fluviale e regime del moto ondoso e delle correnti marine che distribuiscono i sedimenti lungo la costa ed al largo. Gli studi ad oggi realizzati nell’area hanno evidenziato la stretta relazione tra arretramento costiero e riduzione del trasporto solido dei corsi d’acqua lucani con foce nel Mar Jonio. La realizzazione di dighe e traverse sui corsi d’acqua lucani ha determinato un sostanziale decremento del trasporto solido cui si è sommato l’effetto indotto dal prelievo di inerti nelle aree di pertinenza fluviale per la realizzazione di grandi strutture idriche.

Calpestio eccessivo: il fenomeno erosivo si innesca per effetto del calpestio che provoca l’asportazione della sabbia incoerente ed il conseguente affioramento e rottura degli apparati radicali della vegetazione. Si tratta di effetti causati essenzialmente dalla presenza di turisti e visitatori che ha innescato un processo di degrado del sistema dunale causato dal continuo attraversamento degli habitat; fenomeno maggiormente evidente lungo la duna e meno significativo nell’habitat 2250. Per far fronte alla problematica del calpestio e consentire nel contempo la possibilità al turista/visitatore di poter godere della bellezza di questo litorale, è possibile intervenire con l’installazione di nuove passerelle in legno, in corrispondenza di alcuni attraversamenti del cordone dunale. Inoltre, per scoraggiare l’attraversamento incontrollato del cordone dunale da parte dei turisti, potrebbe risultare utile intervenire con la realizzazione di una staccionata in legno lungo tutto il perimetro delle dune.

Invasione di una specie: L’habitat maggiormente minacciato dalla presenza di specie invasive è il 2250, dove è stata riscontrata la presenza di imponenti esemplari di Agave americana. Tale presenza è da ricondurre a fenomeni di spontaneizzazione della specie nel sistema dunale ed all’utilizzo di questa specie come pianta ornamentale in strutture balneari presenti nelle zone confinanti al SIC. E’ necessario intervenire con la progettazione di operazioni di eradicazione specifica di tale specie.

Veicoli motorizzati: i danni dovuti al transito di veicoli motorizzati sia nelle aree ad accesso autorizzato che in quelle incontrollate. In particolare, nell’area SIC è presente una piccola rete di strade poderali recentemente asfaltate che in taluni casi si rilevano particolarmente dannose per le comunità faunistiche, ma soprattutto per la vegetazione psammofila poiché, facilitando l’ingresso dei veicoli motorizzati fino alla spiaggia, causano la degradazione degli habitat dunali ed in alcuni casi la loro scomparsa.

Pesca a strascico: l’art. 10 del regolamento (L. R. n. 28/99) vieta la navigazione con qualsiasi mezzo sia a motore che senza motore, l’art. 23, inoltre, enuncia che all’interno della riserva è vietata la pesca, ma nonostante tali divieti, in alcune zone della costa viene praticata la pesca a strascico “selvaggia”, che determina una totale scomparsa della vegetazione psammofila a causa sia del continuo attraversamento delle imbarcazioni dalla terra ferma al mare, sia della presenza di veri e propri “depositi permanenti” costituiti da imbarcazioni dismesse, reti ed altro materiale. Al fine di garantire una effettiva ed efficace protezione del sistema dunale è necessario intervenire incrementando la sorveglianza in modo da far rispettare le norme del regolamento e l’applicazione di sanzioni amministrative.

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