Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: caratteristiche sedimentologiche e modelli

A cura:

Luisa Sabato*, Sergio Longhitano**, Antonietta Cilumbriello*, Dario Gioia*, Luigi Spalluto*

*Dipartimento di Geologia e Geofisica, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, email: luisa.sabato@uniba.it
**Dipartimento di Scienze Geologiche, Università degli Studi della Basilicata, Potenza, email: sergio.longhitano@unibas.it

Dott. Claudio Kalb *** (Modellizzazione degli scenari idrodinamici)

(***)Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche – Università degli Studi di Cagliari; Sede di Via Trentino, 51 – 09127 Cagliari – Italy – Email:ckalb@unica.it

Dati sedimentologici composizionali

I dati composizionali acquisiti riguardano tutti i campioni prelevati dal settore emerso (subambienti di: battigia, avanspiaggia interna, retrospiaggia) e da quello sommerso della spiaggia. Durante le analisi sono state distinte le seguenti componenti: quarzo, feldspati s.l., litici polimineralici, litici carbonatici e bioclasti, minerali accessori. I dati raccolti hanno evidenziato che gran parte dei sedimenti appartenenti al settore sommerso e a quello emerso della spiaggia sia di provenienza extrabacinale, e sono costituiti da abbondanti frammenti litici con percentuali che, a seconda dei diversi sub-ambienti, possono variare complessivamente da circa il 60% ad oltre il 90% dell’intero volume del sedimento. La frazione litica è stata inoltre suddivisa in due classi: i litici polimineralici ed i litici monomineralici a composizione carbonatica. In particolare, i litici polimineralici sono risultati costituiti da frammenti di rocce magmatiche, metamorfiche e sedimentarie a composizione silicoclastica. Invece, la frazione litica monomineralica a composizione carbonatica è risultata costituita da frammenti di calciruditi e calcareniti bioclastiche (fra cui abbondanti encriniti), da frammenti di calcari pelmicritici e da frammenti di calcite. La frazione a composizione carbonatica comprende anche una esigua percentuale di bioclasti (in genere inferiore all’1%), rappresentati unicamente da frammenti di molluschi. Per una più pratica interpretazione dei dati e per analogia composizionale i valori dei litici carbonatici e dei bioclasti sono stati associati in una unica classe che comprende tutti i granuli a composizione carbonatica.

Nel complesso, l’intera frazione litica, sia polimineralica che monomineralica, ben rappresenta le principali litologie che affiorano nell’area del bacino idrografico del Fiume Sinni; si tratta di rocce cristalline e sedimentarie la cui età varia dal Mesozoico fino al Quaternario.

Dopo i litici, il quarzo è certamente la frazione più abbondante nei sedimenti di spiaggia ed è facilmente riconoscibile per il suo aspetto vitreo. In particolare, il quarzo è presente in concentrazioni mediamente comprese tra il 22,15 % (battigia) ed il 36,6% (spiaggia sommersa).

L’osservazione delle sezioni sottili, inoltre, ha evidenziato che la frazione quarzosa è costituita prevalentemente da quarzo monocristallino e subordinatamente da quarzo policristallino con contorni suturati. In entrambi i casi, i granuli di quarzo sono generalmente privi di inclusioni e mostrano prevalentemente estinzione ondulata.

Nei sedimenti di spiaggia analizzati i feldspati s.l. sono presenti in percentuali molto esigue, mediamente comprese tra l’ 1% ed il 2,5 % dell’intero volume del sedimento. Nel loro complesso, i feldspati sono stati riconosciuti per la forma raramente idiomorfa, per la presenza di piani di geminazione e per il colore biancastro. L’osservazione delle sezioni sottili ha inoltre evidenziato che i feldspati sono costituiti prevalentemente da plagioclasio e microclino. Altri minerali sono presenti in percentuali accessorie e non costituiscono mai più dello 0,35% del sedimento.

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Modellizzazione degli scenari di mareggiata

La modellizzazione dei fenomeni morfodinamici nel tratto costiero prospiciente l’area SIC di Bosco Pantano è stata effettuata attraverso il software DELFT3D, sviluppato dai Work Laboratories della Delft Hydraulics (Olanda). In particolare, la simulazione ha sfruttato il modulo SWAN (Simulating WAves Nearshore) per lo studio del moto ondoso e il modulo FLOW per l’analisi dell’idrodinamismo e del trasporto dei sedimenti. Sulla base dei dati di ingresso relativi al moto ondoso, il modulo FLOW simula i fenomeni morfodinamici costieri sfruttando le equazioni di Navier-Stokes per un fluido incompressibile e le assunzioni di Boussinnesq per le acque basse.

La simulazione degli eventi meteomarini di alta energia nell’area SIC di “Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni” è stata preceduta dalla precisa definizione delle condizioni al contorno del modello, sulla base delle caratteristiche morfologiche e sedimentarie del fondale e dei dati sul clima d’onda acquisiti nel corso di questo studio. É importante inoltre ricordare che le caratteristiche tessiturali dei sedimenti del tratto costiero considerato sono state incorporate nel modello dalle informazioni dedotte dall’elaborazione dei dati granulometrici.

L’area in cui viene eseguita la simulazione del moto ondoso e dell’idrodinamica è rappresentata da una serie di griglie georeferenziate contenenti le informazioni batimetriche e le caratteristiche tessiturali del fondale. In particolare, nel presente studio sono state predisposte tre griglie: (i) una prima griglia (LARGE) estesa ad un tratto del litorale ionico più ampio rispetto alla sola area di studio SIC e compreso tra la foce del Torrente Cavone e quella del Fiume Sinni (fig. 2.1.1), esteso verso mare fino alla profondità di –800 m (fig. 4.6.1A). La profondità limite della griglia è stata  scelta in base alle caratteristiche del moto ondoso più ricorrente ed in base alla lunghezza d’onda massima registrata nel litorale ionico. (ii) Una seconda griglia intermedia (MID; fig. 4.6.1B) che rappresenta un dettaglio della precedente, maggiormente focalizzato sull’area di studio e che definisce un settore all’interno del quale il modello simula eventuali fenomeni di riflessione e rifrazione; i dati relativi alla linea di costa e alla batimetria di queste due griglie sono quelli derivanti dal rilievo Regione Basilicata/AgroBios (2005). (iii) Una terza griglia di dettaglio (FINE; fig. 4.6.1.11A) rappresentata dal tratto costiero prospiciente l’area SIC, utilizzata dal modello FLOW come base per la simulazione dei fenomeni morfo-dinamici innescati dagli eventi meteomarini. I dati relativi alla linea di costa e alla batimetria di questa griglia sono quelli rilevati in maniera diretta durante la campagna morfo-batimetrica di luglio 2010.

Pages from All_MTR1_A2_MT-2_Page_1Il passo successivo è stato quello di costruire i modelli d’onda specifici mediante l’applicazione del modulo SWAN del DELFT3D. Il modello d’onda è stato generato a partire dai dati anemometrici triorari acquisiti nella stazione di Terra Montonata nel periodo compreso tra gennaio 2001 e dicembre 2008. Il modello procede per fasi di calcolo predefinite ed interattive fino al completo svolgimento del processo costiero in esame. Una volta impostate le condizioni al contorno e definiti gli intervalli di tempo oggetto dell’indagine, il modello d’onda ed il modello idrodinamico definiscono le caratteristiche del flusso e le azioni innescate sui sedimenti per tutta la durata della simulazione.

Applicazione del modello

La modellizzazione effettuata attraverso l’applicazione del software DELFT3D è stata applicata utilizzando gli eventi meteomarini più ricorrenti e di maggiore energia risultati dall’analisi del clima d’onda effettuata nel settore in studio.

Pertanto, i modelli elaborati sono stati calcolati su quattro direzioni di venti dominanti:

  • – Vento di tramontana (direzione N0°E);
  • – Vento di levante (direzione N90°E);
  • – Vento di scirocco (direzione N135°E);
  • – Vento di mezzogiorno (direzione N180°E).

I modelli idrodinamici sono stati ottenuti sulla base di questi quattro differenti scenari, i quali riprodurrebbero le condizioni relative alla (i) direzione dei fronti d’onda, (ii) alla ricostruzione della velocità dei flussi idrodinamici che verrebbero generati da tali scenari, ed (iii) alla distribuzione delle aree sottocosta soggette ad escavazione e/o accumulo durante ciascun evento.

 Evento di tramontana

In caso di forte mareggiata generata da un vento di tramontana (proveniente da Nord), i modelli relativi alla direzione dei principali fronti d’onda generati (Fig. 4.6.1.1.1A) mostrano una prevalente direzione di approccio del moto ondoso verso Sud-Ovest (N220°E) la quale, in concomitanza con l’isobata dei –6 m, tenderebbe a ruotare verso N240°E fino alla zona di battigia, dove i fronti d’onda si orientano obliquamente rispetto alla linea di costa. Tale simulazione, effettuata per una durata dell’evento di 24 h, non ha mostrato nel tempo variazioni significative nella direzione dei fronti d’onda.

Per quanto riguarda i flussi idrodinamici (Fig. 4.6.1.1.1B), la simulazione dello stesso evento mostra valori di velocità dei flussi poco significativi nel settore più distale (0,05 m/sec), i quali incrementano (0,25-0,35 m/sec) soprattutto nel settore meridionale per effetto della presenza del fronte deltizio sommerso del Fiume Sinni, per profondità comprese tra –2 e –4 m. Le direzioni dei flussi mostrano una concentrazione verso lo stesso settore di foce, raggiungendo le velocità massime (>0,1 m/sec). (Fig. 4.6.1.1.1C). L’effetto di una tale mareggiata sui sedimenti presenti nel settore sommerso della spiaggia (Fig. 4.6.1.1.1D), indicherebbe che i settori di maggiore escavazione coincidono con quelli del tratto più settentrionale, che corrisponderebbero a limitate zone di accumulo nel settore meridionale (Foce Sinni).

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Evento di Levante

In caso di mareggiata generata da un vento di Levante (proveniente da Est), i modelli relativi alla direzione dei principali fronti d’onda generati (fig. 4.6.1.2.1A) mostrano una prevalente direzione di approccio del moto ondoso verso Ovest (N265°E) la quale, in concomitanza con l’isobata dei –6 m, tenderebbe a ruotare verso N270°E fino alla zona di battigia, dove i fronti d’onda si orientano perpendicolarmente rispetto alla linea di costa.

Tale simulazione, effettuata per una durata dell’evento di 24 h, non ha mostrato nel tempo variazioni significative nella direzione dei fronti d’onda. Per quanto riguarda i flussi idrodinamici (fig. 4.6.1.2.1B), la simulazione dello stesso evento mostra valori di velocità dei flussi poco significativi nel settore più distale (0,05 m/sec), i quali incrementano (0,25-0,35 m/sec) non appena i fronti d’onda interagiscono con le forme di fondo (barre), ad una profondità compresa tra –2 e –4 m, mantenendo una direzione costante (fig. 4.6.1.2.1C). L’effetto di una tale mareggiata sui sedimenti presenti nel settore sommerso della spiaggia (fig. 4.6.1.2.1D), indicherebbe l’alternanza di settori in erosione (fino a –0,08 m) e settori in accumulo (+0,06 m) i quali si estendono in direzione parallela alla linea di costa e comunque coincidenti con il sistema di barre rilevato.

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Evento di Scirocco

Durante una mareggiata prodotta da un vento di scirocco (proveniente da Sud-Est), i principali fronti d’onda che insisterebbero sul tratto di costa in studio (fig. 4.6.1.3.1A) si orienterebbero verso Nord-Ovest (N310°E), mantenendo una direzione pressoché costante anche nei settori più prospicienti la battigia per tutta la durata dell’evento (24 h).

Alla fine della mareggiata, i flussi idrodinamici (Fig. 4.6.1.3.1B) mostrano la presenza di un diffuso idrodinamismo attribuibile ad un drift litoraneo diretto verso Nord-Est, orientato parallelamente rispetto alla linea di costa, come probabile risultato di una corrente generata dal prospiciente tratto costiero più meridionale (velocità ~0,2 m/sec). Ovviamente, i valori di velocità massime (<0,35 m/sec) dei flussi idrodinamici, anche in questo caso, si concentrerebbero nella zona di battigia. Le direzioni dei flussi, genererebbero correnti dirette verso Nord-Est (Fig. 4.6.1.3.1C). L’effetto di una tale mareggiata sui sedimenti presenti nel settore sommerso della spiaggia (Fig. 4.6.1.3.1D), indicherebbe l’alternanza di settori in erosione (fino a –0,08 m) e settori in accumulo (+0,06 m) paralleli alla linea di costa.

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Evento di Mezzogiorno

La simulazione di un evento di forte mareggiata proveniente da mezzogiorno ha mostrato degli scenari di evoluzione molto simili a quelli ricostruiti per i venti di scirocco, dato che le direzioni sono comunque pressoché coincidenti. Ciò nonostante, i principali fronti d’onda generati (Fig. 4.6.1.4.1A) mostrano una prevalente direzione di approccio del moto ondoso verso Nord-Nord- Ovest (N353°E) la quale, in concomitanza con l’isobata dei –6 m, tenderebbe a ruotare verso N338°E fino alla zona di battigia, dove i fronti d’onda si orientano obliquamente rispetto alla linea di costa.

Tale simulazione, effettuata per una durata dell’evento di 24 h, produrrebbe flussi idrodinamici (Fig. 4.6.1.4.1B) concentrati lungo costa (con direzione settentrionale) favoriti proprio dall’orientazione della linea del litorale. In particolare, anche in questo casi, si rivela l’esistenza di un flusso energetico proveniente da sud, come risultato di un trasporto lungo costa (drift) generato nel settore litorale più meridionale, con velocità massime fino a 0,35 m/sec. Tale scenario sarebbe supportato anche dalla modellizzazione dei vettori delle velocità (Fig. 4.6.1.4.1C). L’effetto di una mareggiata proveniente da Sud, determinerebbe la dominanza di fenomeni di accumulo di sedimento proveniente da meridione in coincidenza dei sistemi di barre sommerse, e localizzati fenomeni di escavazione nel settore più settentrionale (Fig. 4.6.1.4.1D).

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RISULTATI

Dati composizionali dei sedimenti

I sedimenti che costituiscono il sistema litorale analizzato sono caratterizzati dalle seguenti componenti: quarzo, feldspati s.l., litici polimineralici, litici carbonatici e bioclasti, minerali accessori. I dati raccolti hanno evidenziato che in tutti i sub-ambienti di spiaggia gran parte del sedimento è di provenienza extrabacinale, ed è costituito da una notevole varietà composizionale che rispecchia la diversa natura delle formazioni geologiche che affiorano nel bacino imbrifero del Fiume Sinni.

I dati testimoniano che: i) il sub-ambiente di battigia e quello di avanspiaggia interna sono costituiti in prevalenza da frammenti litici polimineralici; ii) il sub-ambiente di retrospiaggia è costituito da sabbie a prevalente composizione carbonatica a causa dell’elevata quantità di frammenti litici carbonatici; iii) il settore della spiaggia sommersa è costituito da una elevata percentuale di quarzo.

Inoltre, l’analisi dei dati composizionali svolta sull’intero sistema di spiaggia ha evidenziato un progressivo arricchimento di bioclasti procedendo dalla spiaggia emersa verso quella sommersa.

Tale dato rappresenta l’unica testimonianza di una, pur se limitata, produzione intrabacinale di sedimento carbonatico.

Analisi sedimentologica, morfologica e morfobatimetrica

I profili ed i rilievi topografico-batimetrici effettuati durante le tre campagne (mesi di luglio, ottobre e dicembre 2010) hanno consentito di delineare un modello di spiaggia completo sia del profilo della stagione estiva che di quella invernale. Mettendo infatti a confronto i profili topografici delle tre acquisizioni risulta evidente da luglio a dicembre una diminuzione della superficie della spiaggia emersa ed un aumento dell’altezza della berma di tempesta, come del resto osservato durante i sopralluoghi effettuati sul campo nel periodo invernale.

La comparazione delle acquisizioni multi-temporali relative ai profili batimetrici mette in evidenza come la transizione da regimi energetici moderati (stagione estiva) verso periodi caratterizzati da un più elevato idrodinamismo (stagione invernale) non abbia prodotto vistose modificazioni morfologiche e batimetriche nei settori più profondi del sistema di spiaggia, e precisamente dalla profondità di –6 m fino al limite dell’area rilevata (–13 m circa). Al contrario, si assiste ad una marcata variazione delle forme di fondo in coincidenza del settore più prospiciente la linea di riva (compreso tra 0 e –6 m), ove il sistema composito di barre sommerse, mostra evidenti variazioni sia di forma che di dimensione. Evidentemente, il susseguirsi di mareggiate anche di elevata intensità, concomitanti con il transito di volumi di sedimenti scaricati dalla limitrofa foce del Fiume Sinni e trasportati lungo costa verso Nord, hanno determinato la continua evoluzione di questo complesso sistema di barre, le cui forme e proporzioni rispondono fedelmente all’energia del moto ondoso dominante ed alla sua direzione, secondo una dinamica soggetta a continue variazioni. In definitiva, appare chiaro come il litorale in esame sia stato caratterizzato da: (i) un moderato arretramento nell’ambito di una generalizzata stazionarietà, nel settore più settentrionale (profili n° 1-25); (ii) un marcato arretramento nel settore meridionale, a cavallo del sistema di foce del Fiume Sinni (profili n° 26-36). Tale tendenza può essere attribuita alle discontinuità che separano il sistema di barre presente sotto costa, le quali causerebbero una marcata erosione dello stesso tratto costiero in coincidenza delle soluzioni di continuità di tali barriere naturali, ed una maggiore stabilità del litorale in prossimità di quei sistemi meglio sviluppati e dotati di maggiore continuità.

Modellizzazione idrodinamica

 Allo scopo di realizzare i modelli di previsione sull’incidenza del moto ondoso dominante e sul conseguente assetto idrodinamico, attraverso l’utilizzo del software Delft3D, sono stati identificati gli eventi meteomarini più frequenti e di maggiore energia (venti di tramontana, levante, scirocco, mezzogiorno). Gli effetti di mareggiate generate da tali venti hanno pertanto indicato altrettanti possibili scenari, sulla base dei quali sono stati ottenuti i dati relativi alla velocità dei flussi idrodinamici, alle loro direzioni prevalenti ed alle zone soggette ad accumulo e/o ad escavazione.

Più in particolare, è stato dimostrato come gli effetti degli eventi meteomarini modellizzati sui sedimenti presenti nel settore della spiaggia sommersa soggetta ad una mareggiata generata da un vento di levante o di scirocco provocherebbero l’alternanza di settori in erosione (fino a –0,08 m) e settori in accumulo (+0,06 m), i quali si estendono in direzione parallela alla linea di costa e comunque coincidenti con il sistema di barre rilevato. Gli effetti di una mareggiata dovuta ad un vento di tramontana provocherebbero una maggiore escavazione nel tratto sommerso più settentrionale, e limitate zone di accumulo nel settore meridionale, corrispondente alla foce del Fiume Sinni. Infine, gli effetti di una mareggiata proveniente da Sud, determinerebbero la dominanza di fenomeni di accumulo di sedimento proveniente da meridione in coincidenza dei sistemi di barre sommerse, e localizzati fenomeni di escavazione nel settore più settentrionale.

Sulla base delle osservazioni effettuate durante il monitoraggio multi-temporale, gli scenari generati dai venti provenienti dai quadranti meridionali (Sud e Sud-Est) appaiono quelli più realistici e di maggiore influenza sul litorale in studio.

Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: aspetti botanici

Numerose indagini di campo effettuate nel periodo autunno 2009 – estate 2010 hanno permesso di censire le specie presenti entro il perimetro dell’area SIC. I dati ottenuti dai rilievi effettuati sul campo, insieme alle informazioni ricavate da dati bibliografici hanno permesso di stilare un elenco floristico completo che comprende 312 taxa appartenenti a 77 famiglie e 219 generi.

All’interno del contingente floristico 311 appartengono alla divisione delle Spermatophyte. Queste ultime (fig. 1) sono rappresentate da 4 Gymnospermae (Pinus halepensis Mill., Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa (Sibth. & Sm.), Juniperus phoenicea L. subsp. turbinata (Gus.) Nyman ed Ephedra distachya L.) e da 307 Angiospermae. Si evidenzia, inoltre, la presenza di alcune specie di interesse conservazionistico, particolarmente significative per storia, rarità e vulnerabilità, come le già citate Juniperus phoenicea L. subsp. turbinata (Gus.) Nyman ed Ephedra distachya L..

Lo spettro corologico, riportato in figura 2, mostra che oltre il 70% del contingente floristico è costituito da specie tipiche delle regioni del Mediterraneo; il restante 27,9% è costituito, invece, da corotipi delle regioni euro-asiatiche (15,4%), boreali e di ampia distribuzione, segno di un certo grado di antropizzazione dell’area esaminata.

Dai risultati degli studi effettuati per l’azione A1 è possibile distinguere una prima fascia di spiaggia detta “zona afitoica”, sempre priva di vegetazione a causa delle condizioni ambientali fortemente proibitive (Foto 1). La prima forma di colonizzazione sulla spiaggia emersa è costituita dalla vegetazione psammofila che esercita un’azione di ostacolo al trasporto eolico.

Le specie più comuni sono Cakile maritima subsp. maritima (Foto 2), accompagnata da Medicago marina e Salsola kali, che formano il primo ostacolo alla sabbia portata dal vento che in qualche punto comincia ad accumularsi.

A ridosso della fascia del Cakiletum, si incontrano le prime specie perenni che contribuiscono al processo di formazione delle dune embrionali, in cui ha un ruolo fondamentale l’Elymus farctus subsp. farctus. Questa specie blocca la sabbia e consolida il suolo con i lunghi e fitti rizomi, favorendo la colonizzazione da parte di altre specie. Le specie che accompagnano l’Elymus farctus subsp. farctus sono: Echinophora spinosa, Medicago marina, Ephedra distachya, Eryngium martimum, Otanthus maritimus subsp. maritimus e Pancratium maritimum.
La fascia di vegetazione successiva colonizza e contribuisce ad edificare la duna mobile. Rappresentativa di questo habitat è Ammophila arenaria subsp. australis. Tale specie riveste un ruolo significativo per la capacità di trattenimento delle sabbie in relazione alla loro struttura nonché all’ampiezza dell’apparato radicale (Foto 3).

La vegetazione tipica delle zone umide, invece, è quella elofitica a Phragmites australis, spesso formante cespugli ampi e pressoché monospecifici. Nell’interduna e in aree umide e salse si rinvengono popolamenti sparsi di Juncus acutus, Juncus maritimus, con presenza di Phragmites australis e qualche esemplare di Tamarix spp.
Dietro le prime dune mobili stabilizzate da Ammophila arenaria subsp. australis, si crea una zona riparata con rilievi più modesti, le dune consolidate che ospitano una vegetazione legnosa arbustivo-arborea, sempreverde, dominata da Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa (Foto 4).

Il “ginepreto” è costituito in prevalenza da Juniperus oxycedrus ssp. macrocarpa e Pistacia lentiscus, a cui si associa in alcuni tratti la Phillyrea latifolia. Si nota anche la presenza di altre specie tipiche della macchia mediterranea, quali Cistus creticus subsp. eriocephalus, Cistus monspelliensis, Thymelea hirsuta, Daphne gnidium, Rosmarinus officinalis, Rhamnus alaternus, Asparagus acutifolius e in alcuni tratti rinnovazione di Pinus halepensis.
Nell’habitat 2250 si riscontra anche la presenza di esemplari giovani ed adulti della specie alloctona Agave americana (Foto 5); tale presenza potrebbe portare alla perdita di biodiversità, fino a contribuire alla scomparsa di specie caratterizzate da estesi e robusti apparati radicali, riducendo l’azione consolidante dei substrati sabbiosi e danneggiando l’integrità stessa dei sistemi dunali costieri.

Inoltre, la presenza di specie aliene spontaneizzate, come Agave americana e Opuntia ficus indica, contribuisce a limitare la presenza di densi popolamenti di Ephedra distchya, specie rara.

Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: esempi significativi di pressioni-minacce-criticità e impatti

Nel corso del rilevamento dei fattori di pressione/minaccia e criticità si evince che le minacce più frequentemente rilevate sono l’erosione costiera, il calpestio eccessivo, la pesca a strascico ed i veicoli motorizzati, che interessano tutti gli habitat dunali, compreso il 2250. Gli habitat maggiormente a rischio sono gli habitat dunali 2110, 2120 e 2210, in cui l’erosione costiera e l’utilizzo di veicoli motorizzati, se non attenuati o rimossi, potrebbero portare ad una scomparsa totale degli stessi; la pesca a strascico, il calpestio eccessivo e l’invasione di una specie, se non regolamentati, potrebbero, invece, causare la scomparsa parziale degli stessi habitat dunali.
Danni da erosione costiera interessano anche l’habitat 2250, in maniera incisiva in alcuni tratti dove le dune distrutte non garantiscono un’adeguata protezione dell’habitat; tale fenomeno se non contrastato potrebbe portare nel tempo alla scomparsa parziale dell’habitat 2250. Nel complesso, quasi tutti i fattori di pressione/minaccia riscontrate risultano essere di origine antropica, a dimostrazione dell’impatto delle attività umane sulla riserva naturale.

Misure di mitigazione/prevenzione

Di seguito si discutono, per ogni singola tipologia di minaccia rilevata, le misure di mitigazione che si ritengono più urgenti e necessarie sulla base delle osservazioni effettuate nel corso dei rilevamenti di campo.

Erosione costiera: rappresenta la minaccia di tipo antropico maggiormente riscontrata nell’area in esame. Gli habitat fortemente interessati da tale minaccia sono quelli del sistema dunale e di conseguenza, nella successione catenale, l’habitat 2250. Al fine di prevenire questo fenomeno è indispensabile definire un dmv (deflusso minimo vitale) per il fiume Sinni e cercare di arrestare la drastica riduzione degli apporti sedimentari dei corsi fluviali mediante l’eliminazione o la ristrutturazione della rete di canali. Il litorale, essendo impostato sui sistemi di foce di corsi d’acqua, è particolarmente sensibile alle variazioni degli equilibri tra apporto solido fluviale e regime del moto ondoso e delle correnti marine che distribuiscono i sedimenti lungo la costa ed al largo. Gli studi ad oggi realizzati nell’area hanno evidenziato la stretta relazione tra arretramento costiero e riduzione del trasporto solido dei corsi d’acqua lucani con foce nel Mar Jonio. La realizzazione di dighe e traverse sui corsi d’acqua lucani ha determinato un sostanziale decremento del trasporto solido cui si è sommato l’effetto indotto dal prelievo di inerti nelle aree di pertinenza fluviale per la realizzazione di grandi strutture idriche.

Calpestio eccessivo: il fenomeno erosivo si innesca per effetto del calpestio che provoca l’asportazione della sabbia incoerente ed il conseguente affioramento e rottura degli apparati radicali della vegetazione. Si tratta di effetti causati essenzialmente dalla presenza di turisti e visitatori che ha innescato un processo di degrado del sistema dunale causato dal continuo attraversamento degli habitat; fenomeno maggiormente evidente lungo la duna e meno significativo nell’habitat 2250. Per far fronte alla problematica del calpestio e consentire nel contempo la possibilità al turista/visitatore di poter godere della bellezza di questo litorale, è possibile intervenire con l’installazione di nuove passerelle in legno, in corrispondenza di alcuni attraversamenti del cordone dunale. Inoltre, per scoraggiare l’attraversamento incontrollato del cordone dunale da parte dei turisti, potrebbe risultare utile intervenire con la realizzazione di una staccionata in legno lungo tutto il perimetro delle dune.

Invasione di una specie: L’habitat maggiormente minacciato dalla presenza di specie invasive è il 2250, dove è stata riscontrata la presenza di imponenti esemplari di Agave americana. Tale presenza è da ricondurre a fenomeni di spontaneizzazione della specie nel sistema dunale ed all’utilizzo di questa specie come pianta ornamentale in strutture balneari presenti nelle zone confinanti al SIC. E’ necessario intervenire con la progettazione di operazioni di eradicazione specifica di tale specie.

Veicoli motorizzati: i danni dovuti al transito di veicoli motorizzati sia nelle aree ad accesso autorizzato che in quelle incontrollate. In particolare, nell’area SIC è presente una piccola rete di strade poderali recentemente asfaltate che in taluni casi si rilevano particolarmente dannose per le comunità faunistiche, ma soprattutto per la vegetazione psammofila poiché, facilitando l’ingresso dei veicoli motorizzati fino alla spiaggia, causano la degradazione degli habitat dunali ed in alcuni casi la loro scomparsa.

Pesca a strascico: l’art. 10 del regolamento (L. R. n. 28/99) vieta la navigazione con qualsiasi mezzo sia a motore che senza motore, l’art. 23, inoltre, enuncia che all’interno della riserva è vietata la pesca, ma nonostante tali divieti, in alcune zone della costa viene praticata la pesca a strascico “selvaggia”, che determina una totale scomparsa della vegetazione psammofila a causa sia del continuo attraversamento delle imbarcazioni dalla terra ferma al mare, sia della presenza di veri e propri “depositi permanenti” costituiti da imbarcazioni dismesse, reti ed altro materiale. Al fine di garantire una effettiva ed efficace protezione del sistema dunale è necessario intervenire incrementando la sorveglianza in modo da far rispettare le norme del regolamento e l’applicazione di sanzioni amministrative.

Allegati:

Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni: azioni ed interventi di conservazione e gestione

L’area SIC, pur essendo stata sottoposta, soprattutto nel recente passato, a forte fenomeno di antropizzazione ha mantenuto sostanzialmente integra la sua identità paesaggistica e idrogeologica.

Lungo la fascia costiera il carattere di forte naturalità che la caratterizzava sino alla prima metà del XX secolo è stato progressivamente ridotto principalmente per due fattori di impatto, entrambi legati all’attività antropica:

  • la drastica riduzione degli apporti sedimentari da parte dei corsi fluviali, dovuta soprattutto alle sistemazioni idraulico-forestali perpetrate nelle aree montane ed alle bonifiche della pianura alluvionale, che ha innescato una progressiva tendenza erosiva;
  • l’uso della spiaggia è variato nel corso degli ultimi 70 anni. La fruizione delle spiagge, un tempo riservata alle popolazioni prossimali con istallazione di infrastrutture mobili di basso impatto, è stata oggetto nell’ultimo ventennio di insediamenti turistici in un contesto di sviluppo dell’intera fascia costiera metapontina.

Appare utile rimarcare che la realizzazione di interventi puntuali e/o sporadici in porzioni ristrette del litorale non hanno assicurato benefici duraturi in termini di mitigazione dei processi erosivi. Pertanto, in considerazione della complessità del sistema fisico, la programmazione degli interventi per fronteggiare i processi di arretramento della linea di costa dovrà riguardare ambiti morfologici più complessi.
L’erosione costiera, unitamente all’abusivismo dei terreni della fascia retrodunale per scopi produttivi, ai processi di erosione generati dal calpestio, al passaggio dei mezzi motorizzati, alla pratica della pesca a strascico (mancata osservanza della regolamentazione degli accessi al sistema dunale), contribuisce in maniera differente al degrado degli habitat dunali e retrodunali. Queste diverse problematiche fanno sì che, oltre all’obbligo legislativo derivante dal rispetto del regolamento (L. R. n. 28/99), venga elaborato un piano di gestione, peraltro già previsto dal progetto in essere, che abbia come obiettivo principale il ripristino del sistema dunale ed una oculata gestione forestale del bosco igrofilo. In relazione al recupero morfologico della duna nei tratti interessati dal fenomeno dell’erosione costiera, la scelta tecnica da suggerire è rappresentata da interventi di inserimento di barriere frangivento al fine di favorire i processi di accumulo dei sedimenti sabbiosi, lasciando alla natura il compito di ricostruire il tratto di duna mancante.
La scarsa conoscenza dell’importanza degli habitat dunali e del bosco planiziale spesso fa sì che i fruitori assumano inconsapevolmente comportamenti che arrecano danno agli habitat come il calpestio delle piante, la raccolta di alcuni fiori (Pancratium maritimum), l’abbandono di rifiuti e l’accensione di fuochi o altre operazioni vandaliche. Si suggerisce, pertanto, di affrontare tali problemi mediante campagne informative specifiche sull’importanza della salvaguardia e della conservazione del sistema dunale, sul valore biogeografico e naturalistico della macchia a ginepro.

Stagno di Piscinnì: introduzione e inquadramento generale

INQUADRAMENTO DELL’AREA

L’area di studio, SIC SIC ITB042218 “Stagno di Piscinnì”, è situata in una piccola baia sul fondo della quale si estende una spiaggia di circa 200 metri di lunghezza.
L’area si colloca nel settore sud-occidentale della Sardegna, all’interno del sistema territoriale della Costa del Sud che si estende da Capo Spartivento fino alla P.ta di Cala Piombo e comprende l’arco costiero, esteso approssimativamente 25 Km, chiuso tra il Promontorio di Capo Teulada a ovest e quello di Capo Malfatano a est. Il territorio si colloca nel settore sud-occidentale della Sardegna a fa parte del Sulcis, la più meridionale delle subregioni geografiche, storiche e culturali riconoscibili nell’isola.

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Stagno di Piscinnì: caratteristiche sedimentologiche e modelli

Dall’analisi dei dati tessiturali, sulla spiaggia emersa e sulla battigia, si osserva la tendenza all’aumento delle dimensioni del granulo medio verso sudest, con il passaggio dei sedimenti da sabbie fini a sabbie medie. All’estremità sud-orientale della spiaggia inoltre sono presenti anche sedimenti grossolani ghiaiosi e ciottolosi.


I dati composizionali descrivono i campioni di spiaggia emersa e del settore dunare, come delle sabbie caratterizzate dalla prevalenza di Quarzo (60%) e da una forte presenza di bioclasti (40%) e dalla presenza di code grosse. a prevalente composizione bioclastica.
Nella spiaggia sottomarina, il sedimento è costituito dalla componente bioclastica, il quarzo risulta subordinato e talvolta si rilevano minerali femici e litoclasti metamorfici. Sono presenti delle code grossolane con componente interamente bioclastica.

Stagno di Piscinnì: aspetti botanici

ANALISI FLORISTICA

L’elenco floristico del sistema spiaggia-retrospiaggia del SIC di Piscinnì, riportato in allegato, è stato compilato a partire dalle indagini di campo svoltesi nel priodo primaverile-estivo del 2009. Il contingente floristico rilevato è composto da 115 taxa (tab. in allegato) di cui 82 di rango specifico, 32 subspecifico e 1 varietale, appartenenti a 40 famiglie e 94 generi. Il Phylum Pinophyta, rappresentato da 1 taxa, costituisce lo 0,86% della flora totale (fig. 5). Tra le Angiospermae, le più numerose sono le Eudicotyledones che rappresentano il 75,0% del totale con 87 taxa appartenenti a 30 famiglie e 70 generi; le Monocotyledones costituiscono invece il 24,14% della flora con 28 taxa appartenenti a 10 famiglie e 24 generi (tab. 5).

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Le famiglie (fig. 6) con il maggior numero di entità tassonomiche vi sono le Asteraceae con 24 taxa, che costituiscono il 20,69% del totale, seguite da Poaceae (15 taxa, 12,93%), Fabaceae (10 taxa, 8,62%), Caryophyllaceae (7 taxa, 6,03%) e dalle Apiaceae (6 taxa, 5,17%). I generi più numerosi (fig. 7) sono Medicago, Plantago e Trifolium,ciascuno con 4 taxa, rappresentante il 3,45% del totale, seguiti dal genere Bromus con 3 taxa (2,59%).

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Lo spettro biologico (fig. 8) evidenzia come la forma biologica più frequente sia quella delle terofite (48,70%),. Seguono poi le emicriptofite (20,87%) e le geofite (13,04%). Seguono infine le fanerofite (comprese le nanofanerofite) e le camefite (entrambe con l’ 8,70%). L’analisi di questi dati consente di ipotizzare che i valori elevati di terofite e geofite siano da mettere in relazione con le condizioni di xericità degli habitat dunali, mentre alla significativa percentuale di emicriptofite contribuisca il contingente delle specie sinantropiche tipiche dei pascoli.

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Per l’analisi della corologia della flora rilevata sono stati realizzati lo spettro generale (fig. 9), e quello relativo alle sole forme mediterranee (fig. 10).

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Lo spettro corologico generale del SIC (fig. 9) mostra una predominanza della componente corologica mediterranea (83,48%), seguita dalle specie circumboreali, cosmopolite e paleotemperate (ognuna delle quali rappresenta il 3,48% del totale).

Dallo spettro corologico delle forme mediterranee (fig. 10) emerge una prevalenza delle specie a distribuzione circum-mediterranea (44,33%), seguite dalle euro-mediterranee (22,68%), dalle Wmediterranee (8,25%) e dalle mediterraneo-iraniano-turaniche e S-mediterranee (ognuna delle quali rappresenta il 6,19% del totale).

Questi spettri confermano il baricentro biogeografico dell’area di studio e l’inquadramento biogeografico della Sardegna nella subregione mediterranea occidentale.

Tra gli endemismi evidenziamo la presenza di Rubia peregrina L. subsp. requienii (Duby) Cardona et Sierra, endemismo tirrenico e Limonium tigulianum Arrigoni et Diana, endemismo sardo.

Tra le specie di particolare interesse fitogeografico segnaliamo la presenza di Helichrysum microphyllum (Willd.) Camb. subsp. tyrrhenicum Bacch., Brullo et Giusso, endemico di Sardegna, Corsica e Baleari.

ANALISI VEGETAZIONALE

La spiaggia di Piscinnì è costituita da formazioni dunali di estensione limitata, stabilizzate e caratterizzate principalmente da Pistacia lentiscus L., Olea europea L. var. sylvestris Brot. E Rhamnus alaternus L.

Dove il substrato è principalmente roccioso sono presenti formazioni a macchia bassa e gariga, costituite in prevalenza da specie a portamento arbustivo quali Euphorbia sp., Asparagus albus L., Ruscus aculeatus L., Cistus monspeliensis L., Lavandula stoechas L. subsp. stoechas. Laddove la rocciosità è inferiore sono presenti formazioni di macchia più evoluta costituite da Pistacia lentiscus, Olea europea var. sylvestris, ed Euphorbia dendroides L. (Oleo-Pistacietum lentisci).

L’estensione limitata degli ecosistemi dunali non permette al geosigmeto psammofilo sardo (Cakiletea, Ammophiletea, Crucianellion maritimae, Malcolmietalia, Juniperion turbinatae) di raggiungere lo stadio forestale caratterizzato dalla presenza del ginepreto.

La prima parte della spiaggia emersa è definita zona afitoica in quanto l’instaurarsi di cenosi vegetali è fortemente limitato dalla presenza di elevati gradienti di salinità. Dove le mareggiate depositano materiale organico formato principalmente da cascame di Posidonia oceanica (L.) Delile, si vengono a creare le condizioni per l’insediamento delle prime cenosi vegetali pioniere, costituite unicamente da specie terofite alonitrofile. Queste sono cenosi sempre paucispecifiche riferibili all’associazione Salsolo kali-Cakiletum maritimae Costa et Manz. 1981 corr.

L’associazione, costituita solo da specie annuali effimere come Cakile maritima Scop. subsp. maritima, Salsola kali L. e Chamaesyce peplis (L.) Prokh., ha il ruolo ecologico di arricchire il substrato in materia organica, permettendo l’instaurarsi di cenosi più evolute ed esigenti.

Sulle prime dune embrionali, si stabiliscono le prime forme di vegetazione perenne caratterizzate da graminacee rizomatose e principalmente da Elymus farctus (Viv.) Runemark ex Melderis subsp. farctus; questa specie caratterizza l’associazione Sileno corsicae-Elytrigetum junceae (Malcuit, 1926) Bartolo et al. 1992 corr., endemica sardo-corsa. Tale cenosi è caratterizzata nell’area di studio dalla presenza di un importante contingente di specie nitrofile e nelle condizioni di maggiore calpestio da Sporobolus virginicus Kunth, che in alcuni casi tende a costituire vere e proprie cenosi riferibili all’associazione Sporoboletum arenarii Arenes 1924. Quest’ultima cenosi, a carattere pioniero, si sviluppa su sabbie ricche di sali e in condizioni di nitrofilia abbastanza elevata.

Le dune parzialmente consolidate, sulle quali non agiscono modificazioni ad opera del mare, sono caratterizzate da lembi dall’associazione Echinophoro spinosae-Ammophiletum arundinaceae (Br.- Bl. 1933) Géhu, Rivas-Martínez, Tüxen 1972. Le specie caratteristiche di questa associazione sono Ammophila arenaria (L.) Link subsp. australis (Mabille) Laínz, Eryngium maritimum L., Medicago marina L. e Anthemis maritima L. Nel SIC questa associazione si presenta fortemente destrutturata e degradata a causa soprattutto della forte pressione antropica e dei fenomeni erosivi in atto che hanno causato una progressiva frammentazione delle cenosi. Queste due cenosi, caratterizzate da geofite rizomatose perenni, sono costituite da piante altamente specializzate appartenenti alla classe Ammophiletea e occupano ambienti con condizioni ecologiche diverse dovute al gradiente di salinità decrescente e al gradiente di evoluzione della dune crescente, dalla lontananza dal mare e dalla granulometria del substrato.

La frequentazione della spiaggia da parte del bestiame comporta la presenza di una componente nitrofila costituita da specie quali Cynara cardunculus L. subsp. cardunculus, Galactites elegans (All.) Soldano, Thapsia garganica L., Ferula communis L., Asphodelus ramosus L. subsp. ramosus. Si tratta spesso di esemplari isolati, che non danno luogo a tipologie vegetazionali ben definite.

Questa componente si può comunque inquadrare in Artemisietea vulgaris.

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Stagno di Piscinnì: esempi significativi di pressioni-minacce-criticità e impatti

In questo capitolo vengono elencati e documentati fotograficamente gli impatti di varia natura, derivanti dalla pressione antropica attuale (intesa come pressione turistica, pressione da attività economiche e da attività di gestione delle aree).
Vengono fornite, assieme alle immagini, le considerazioni sulle cause degli impatti e i loro effetti sull’habitat (per la parte abiotica), inteso come componente essenziale (zona) del sistema spiaggia, così come si è enunciato in Providune fin dalla stesura della scheda progetto di candidatura.
I comportamenti negativi e le cattive pratiche, che generano impatti, documentate nell’area durante i nostri sopralluoghi, possono essere schematicamente riassunti in:
– transito veicolare;
– transito, calpestio e stazionamento di persone sui campi dunari;
– transito e pascolo di bestiame;
– carenza di appositi servizi e indirizzi per la fruizione turistica;
A queste categorie, nelle quali, per ragioni di sintesi, sono stati assegnati, i comportamenti negativi e le cattive pratiche, si può aggiungere il comportamento non corretto dei fruitori che può entrare sia come causa che come effetto in tutte le quattro voci.

Transito veicolare

In questo paragrafo vengono descritte le cattive pratiche connesse al transito di trattori e ruspe. Le immagini testimoniano gli effetti negativi sull’habitat prodotti dall’uso dei suddetti mezzi meccanici, utilizzati per lo svolgimento della seguente attività:
– pulizia e/o gestione rifiuti delle spiagge;

Gli effetti negativi prodotti sono i seguenti:
1. asporto di sabbia con cascame di Posidonia oceanica (L) Delile e/o rifiuti generici;
2. distruzione delle forme e dei depositi di spiaggia (spianamento di berme, cambio di pendenza, incisione delle creste dunari e apertura di varchi; spianamento delle dune); costipamento e conseguente modificazione della porosità e permeabilità dei sedimenti; modifica dei processi e delle dinamiche sedimentarie di spiaggia;
3. innesco di processi erosivi;
4. degrado e asporto della vegetazione stabilizzante.
Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 30/10/2009).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

 

Transito, calpestio e stazionamento di persone sui campi dunari

In questo paragrafo vengono esposte le immagini che illustrano alcuni effetti negativi sull’habitat prodotti dal transito pedonale e dallo stazionamento nelle zone dunari.
Come già detto nel capitolo introduttivo riguardante gli impatti, le cause e gli effetti, i motivi che conducono alle cattive pratiche suddette sono, talvolta, riconducibili alla mancanza di azioni di informazione (i fruitori spesso ignorano la fragilità dell’habitat dunare), talvolta alla maleducazione degli utenti e, in altri casi, alla mancanza di gestione della spiaggia nel suo insieme e alla mancanza di un organo di controllo inteso come l’autorità di gestione.
Per queste ragioni in questa categoria vengono rappresentate solo immagini riguardanti:
– libero transito e/o utilizzo di canali/conche di deflazione naturali come assi di accesso alle spiagge e per l’esplorazione dell’habitat;
Gli effetti negativi generati sono i seguenti:
1. accelerazione e/o modifica del processo evolutivo dei canali/conche di deflazione (forme erosive);
2. incisione delle creste dunari e conseguente apertura di nuovi varchi, asporto/diradamento della copertura vegetale, esumazione delle radici, innesco di nuovi canali di deflazione e frammentazione del sistema;
3. rottura degli equilibri fisici (per scalzamento e zappatura); innesco di processi gravitativi (con scivolamenti e dilavamento diffusi su superfici acclivi) e incanalati sulle incisioni; distruzione delle dune embrionali;
Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 13/11/2009).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

Transito e pascolo di bestiame

In questo paragrafo vengono mostrate le immagini che illustrano gli effetti negativi sull’habitat dunare prodotti dal transito/pascolo di bestiame.
Come descritto nel capitolo introduttivo e nel paragrafo precedente l’attuazione di queste pratiche è da ricondurre alle seguenti cause: la mancanza di azioni di informazione e coinvolgimento anche dei locali stakeholders e la mancanza di una autorità preposta alla sorveglianza dei luoghi e del rispetto delle leggi.
Vengono di seguito rappresentate le immagini riguardanti:
– libero transito e pascolo nella zona dunare

Gli effetti negativi risultanti sono i seguenti:
1. rottura degli equilibri fisici (troppo pascolo interferisce con i processi di deflazione e sedimentazione alla stregua del transito umano) e chimici (le deiezioni aumentano la nitrificazione ma al contempo permettono la diffusione dei semi);
2. elevato degrado della vegetazione;

Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2009).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.

 

Carenza di appositi servizi per la fruizione turistica

Nel presente paragrafo vengono esposte e commentate una serie di riprese fotografiche che documentano gli effetti negativi sull’habitat indotti dalla mancanza di divulgazione di importanti informazioni e dalla mancanza di servizi.
Le principali carenze che possono generare impatti sono elencate di seguito:
1. mancanza di attività di divulgazione e sensibilizzazione completa, validata scientificamente comprensibile che indirizzi verso la conservazione dell’ambiente;
2. mancanza del servizio di raccolta differenziata/ritiro dei rifiuti;

Gli effetti negativi generati sono i seguenti:
1. degrado dell’habitat dovuto all’accesso incontrollato nelle aree dunari;
2. inquinamento per l’abbandono dei rifiuti.

Vengono riportati di seguito, a titolo d’esempio, fotografie di cattive e buone pratiche e gli effetti ad esse collegabili (stato dei luoghi al 31/10/2009).
Gli esempi riportati non hanno la pretesa di documentare esaustivamente tutte le cattive-buone pratiche, ma rappresentano un “campionamento” di sintesi di quanto osservato nel periodo di studio di Providune.