Italia e lingua persiana

 

cropped-unica_Persia.jpgLa storia dell’insegnamento di lingua persiana in Italia

Professore Carlo Saccone al suo ritorno dall’Iran in occasione della commemorazione il poeta perSiano Hafez in un intervista racconta la storia dell’Insegnamento di lingua persiana in Italia.

1. La cultura e letteratura persiana quanto possono interessare gli italiani?

In Italia esiste un pubblico di lettori molto particolare. Da un lato si dice che la gran parte degli italiani, anche giovani purtroppo, legge poco, meno di due libri in un anno. Dall’altra, quelli che leggono sono estremamente curiosi anche verso le culture letterarie di paesi extraeuropei. Certamente qui un ruolo importante lo giocano gli “scrittori migranti”: l’esempio più noto è quello degli scrittori di origine indiana o pakistana che scrivono in inglese o quelli di origine maghrebina che scrivono in francese. Chi meglio di loro è riuscito a fare conoscere il paese e la cultura dei paesi di provenienza?
Anche in Italia cominciamo ad avere una giovane generazione di valenti scrittori italo-iraniani (Zarmandili, Ziarati, Norozi) che pubblicano in italiano romanzi o poesie, con case editrici o su riviste. Sono loro i migliori ambasciatori della cultura iraniana in Italia e possiamo solo augurarci che il loro numero aumenti costantemente di anno in anno!

2. Cosa sono affinità tra la lingua persiana e italiana?

Sono due lingue appartenenti alla stessa grande famiglia delle “lingue indo-europee”: l’italiano al ramo occidentale e il farsi al ramo orientale. Quando presento i miei corsi di letteratura persiana agli studenti italiani comincio sempre da qui. Per esempio mostro loro come tante parole hanno manifestamente un etimo o radice comuni: padre (padar), madre (madar), e alcune sono persino identiche: chi (ki), che (ke). Ma ci sono altre parole che rivelano un etimo o radice comune con altre lingue europee per esempio con l’inglese: daughter (dokhtar), brother (barodar)… Quando spiego che tanta poesia persiana classica ci mostra il poeta che va in cerca di “infamia” (bad-nami), i miei studenti scoprono con meraviglia che bad è identico all’inglese bad e nami richiama subito l’italiano nome o nomea.
Ma forse l’aspetto comune che sorprende di più è la ricca sonorità, potrei dire la qualità musicale: persiano e italiano sono due lingue piene di vocali, di suoni aperti e pieni, che producono un eloquio dolce e seducente in confronto alle “asperità” di certe lingue come l’arabo o il tedesco, che ne fanno insomma lingue particolarmente adatte al canto. E non è un caso che l’italiano nel mondo europeo e il persiano nel mondo mediorientale (in realtà anche più a est, almeno fino all’India, e fino in Asia Centrale) siano guardati come lingue musicali per eccellenza. Sappiamo che l’opera lirica italiana è studiata ovunque, dal Giappone all’America; ma sappiamo anche che i motreban dell’Iran medievale e le cantanti persiane venivano ricercati dappertutto, da Istanbul fino alla Cina del Celeste Impero. Mohammad Iqbal, il padre della patria pakistana recitava e cantava i suoi ghazal persiani, che venivano poi recitati e cantati in tutta l’India allora colonia britannica fino a Calcutta.

3. Gli scrittori persiani quanto sono conosciuti in Italia?

In assoluto si può dire che Omar Khayyam e Rumi (Molavi) sono gli autori più noti. L’Italia come ben sappiamo è la patria del vino e della “dolce vita”… e come non potrebbe amare Omar Khayyam, il poeta che loda il vino e l’amore in ognuna delle sue quartine? Se non fosse nato in Iran, io credo che poteva nascere soltanto in Italia! Le traduzioni di Alessandro Bausani (Einaudi, Torino 1956) e di Francesco Gabrieli (Newton Compton, Roma 1973) sono sempre ristampate da almeno cinquant’anni e sono divenuti dei veri long sellers. Rumi (Molavi) invece viene di solito scoperto da coloro che, avendo forti interessi spirituali, studiano il sufismo (tasavvof) e prima o poi incontrano la grande poesia di Rumi: il Divan tradotto in forma antologica da Alessandro Bausani (Poesie mistiche, Rizzoli, Milano 1980) e il Mathnavi-ye ma’navi tradotto da Gabriele Mandel (Bompiani, Milano 2006). Un terzo autore che ha avuto un notevole successo in Italia e di cui è stato tradotto moltissimo è Faridoddin ‘Attar, di cui si può leggere in italiano il Mantiq al-Tayr (Il verbo degli uccelli, Oscar Mondadori, Milano 1999) che ebbi l’onore di tradurre la prima volta nel 1986, Elahi-name (Il libro divino, a cura di M.T. Granata, Rizzoli, Milano 1990), Bolbol-name (L’usignuolo e la rosa, Carocci, Roma 2003), Mosibat-name (Il libro del cammino, a cura di S. Zanardo, Ariele, Milano 2012) e Tadhkirat al-Awliya’ (Parole di sufi, SE, Milano 2011, a cura di L. Prinoli).
A un livello superiore, troviamo coloro che sono interessati alla letteratura e curiosi di scoprire altri mondi e civiltà letterarie. Qui si collocano quei lettori che scoprono Hafez di cui sono disponibili ben tre traduzioni integrali del divan, di G. D’Erme (Canzoniere, 3 voll., Istituto Universitario Orientale, Napoli 2004-2008) , di Pellò-Scarcia (Ariele, Milano 2005) e di C. Saccone (3 voll. Carocci, Roma 1998-2011); oppure che scoprono il grandissimo Nezami di cui si può leggere Haft peykar (Le sette principesse, Rizzoli, Milano 1982) tradotto a A. Bausani, o Leylà o Majnun (Adelphi, Milano 1985) tradotto da G. Calasso, o la seconda parte dell’ Eqbal-name (Il libro della fortuna di Alessandro, Rizzoli, Milano 1997) tradotto da C. Saccone. Si tratta spesso di studiosi di letterature europee medievali e che hanno modo di verificare i tanti punti d’incontro, per esempio tra l’universo poetico di Hafez e quello della poesia italiana del ‘200-‘300, oppure la vicinanza di temi e motivi tra i poemi di Nezami e l’epica europea medievale (Chretien de Troyes). In particolare a questi studiosi non sfugge certo la grandezza di autori anche meno noti in Italia come Ferdowsi o Gorgani e l’enorme campo di studi di taglio storico e comparativo che si apre dinanzi ai loro occhi.
Un altro settore che ha attratto l’interesse del pubblico italiano è quello delle traduzioni di manuali e trattati in prosa. Il lettore italiano oggi può leggere molte cose interessanti, dal Qabus-name di Key Ka’us (a cura di R. Zipoli, Adelphi, Milano 1981) al Chahar maqale di Nezami Aruzi di Samarkanda (a cura di G. Vercellin, Ed.
Università di Venezia 1971), opere importanti che ci illuminano sulla vita delle corti persiane medievali. Ma abbiamo anche in italiano la celebre Tarikh-e Jahangoshay di Ata Malek Joveyni (a cura di G. Scarcia, Mondadori, Milano 1991) e la Vita di Tamerlano di Giyathoddin ‘Ali di Yazd (a cura di M. Bernardini, Mondadori, Milano 2006), opere biografiche che illustrano la vita di due personaggi fondamentali nella storia dell’Iran. Un interesse costante si è manifestato nel pubblico italiano per le opere in prosa connesse al sufismo e all’ ‘erfan: dal Savaneh al-‘Oshshaq di Ahmad Ghazali (Delle occasioni amorose, Carocci, Roma, 2007) al Sad Meydan di Ansari di Herat (Le cento pianure dello Spirito, EMP, Padova 2012), entrambi tradotti in italiano a cura dello scrivente; dal Fi-hi ma fi-hi di Molavi (L’essenza del Reale. Psiche, Torino 1995), ai Leva’eh di ‘Abdorrahman Jami (Frammenti di luce, Psiche, Torino 1988) fino ai racconti visionari di Sohravardi (Il fruscio delle ali di Gabriele, Mondadori, Milano 2008) tutt’e tre curati dal’amico Sergio Foti; infine il Golshan-e raz di Mahmud Shabestari (Il giardino dei misteri, a cura di G. Trusso Tintore, Mimesis Milano 2010). Non possiamo poi dimenticare il famoso Siyasat-name di Nezam al-Molk (L’arte della politica, Luni, Milano-Trento 1999) tradotto dal mio amico e collega Maurizio Pistoso dell’Università di Bologna nel 1999. Infine devo ricordare le traduzioni di alcuni testi di hazl o hajv di ‘Obeyd Zakani, dovute al mio compianto maestro Giovanni M. D’Erme (Dissertazione letifica, Carocci, Roma 2005).

Più di recente, diciamo negli ultimi trent’anni c’è stato un certo interesse per gli scrittori persiani contemporanei, soprattutto romanzieri che spesso vengono ri-tradotti da altre lingue (inglese o francese), ma anche talvolta tradotti direttamente dal persiano. Si cominciò a tradurre Sadeq Hedayat già negli anni ’60, ma oggi si traducono un po’ tutti gli autori contemporanei da Zoya Pirzad a Sharnush Parsipur, da Azar Nafisi a Mahmud Dowlatabadi. Anche questi pochi nomi ci mostrano subito un aspetto rilevante: le scrittrici iraniane sono forse più tradotte degli scrittori maschi, e questo indubbiamente trasmette subito al pubblico italiano e europeo un’idea della grande vivacità del mondo culturale iraniano e ribalta il vecchio stereotipo della “donna musulmana non emancipata”. Si segnala infine un interesse recente anche per la poesia contemporanea persiana che è stato soprattutto stimolato dall’opera davvero encomiabile di traduzione di due studiose iraniane da tempo residenti in Italia, e mie collaboratrici e colleghe presso l’Università di Bologna. Mi riferisco alla dott.a Faezeh Mardani che ha pubblicato una bella antologia di Forugh Farrokhzad (E’ solo la voce che resta, Aliberti, Reggio Emilia 2009, di cui c’è anche una antologia più breve curata da Domenico Ingenito, La strage dei fiori, Orientesxpress, Napoli 2008) e alla dott.a Nahid Norozi che ha tradotto un’ampia e significativa raccolta di versi di Sohrab Sepehri (Sino al fiore del nulla. 99 poesie, Centro Essad Bey, Padova 2012, ebook Amazon-Kindle Edition); ma si trovano su riviste online come “Meykhane” altre importanti antologie di autori famosi, per esempio Ahmad Shamlu o Simin Behbahani. Il Professor Riccardo Zipoli ha infine tradotto una pregevole antologia poetica di Abbas Kiarostami (Un lupo in agguato, Einaudi, Torino 2003).

 4. Gli scrittori italiani quanto sono conosciuti in Iran?

Certamente sono molto più conosciuti in Iran gli autori italiani di quanto non lo siano gli autori iraniani in Italia. Questo perché, come dicevo poc’anzi, gli italiani leggono poco… mentre gli iraniani sono grandi e curiosissimi lettori, amanti della poesia e di ogni forma di espressione letteraria. Oggi tutti i principali autori italiani del 900 sono tradotti in persiano: da Calvino a Moravia, dalla Morante alla Deledda, da Pirandello a Svevo, da Eco a Tabucchi. Il professor Angelo Piemontese, decano dell’iranistica italiana, ha tempo addietro compiuto e pubblicato una vasta ricerca su questo argomento. Ma la cosa sorprendente per noi italiani è che l’editoria iraniana è molto attenta anche alle novità più recenti e in continuazione vengono tradotti autori anche molto giovani, che si sono appena affacciati sulla scena letteraria.

5. Ha qualche progetto letterario in fase di preparazione?

Mi piacerebbe riprendere in mano ‘Attar, che è stato per così dire il mio “primo amore”, avendo tradotto il Mantiq al-Tayr e il Bolbol-name, o magari vorrei tradurre qualche racconto di autori contemporanei. In effetti dagli anni ’80 fino ad oggi mi sono interessato soprattutto di poesia classica, da Hafez a ‘Attar, da Naser-e Khosrow a Nezami o Sana’i, e solo di recente ho cominciato ad aprire gli occhi sulla poesia contemporanea persiana e sulla narrativa del ‘900, che credo avrebbe molto da dire al lettore italiano.

6. Ha qualche consiglio per migliorare linsegnamento di lingua persiana in Italia?

Gli italiani sono notoriamente pigri con le lingue straniere… bisognerebbe spiegare loro che il persiano è una lingua più facile da apprendere dell’inglese o del tedesco, e infinitamente più semplice dell’arabo! Purtroppo, a livello universitario, il persiano soffre molto la concorrenza dell’arabo, che è la lingua ufficiale di una ventina di paesi e anche più, mentre il persiano come ben sappiamo è lingua ufficiale solo di tre paesi.
Bisognerebbe anche spiegare che, essendo tradotto in persiano tutto quello di importante che è stato scritto in arabo o in turco, si può dire che non c’è via più facile e diretta per un italiano di entrare nella cultura del mondo musulmano.
Poi, qui veniamo al tasto più dolente, c’è la questione finanziaria: oggi la tendenza in Italia è a ridurre le spese per l’università e la cultura, e all’interno delle culture orientali sicuramente si privilegiano l’arabo e il cinese o il giapponese mentre si trascurano molto le altre lingue tra cui sicuramente il persiano.

7. Il suoi progetti in futuro per promozionare e rafforzare gli scambi letterari e scambio dei docenti letterari quali sono?

Ho puntato molto sulle risorse di internet, è da tre anni che dirigo due riviste online “Archivi di Studi Indo-Mediterranei” (ASIM) un e-archive che pubblica molti articoli e traduzioni spaziando su argomenti letterari, religiosi e culturali nel senso più ampio, che si può leggere al seguente indirizzo: http://www.archivindomed.altervista.org/; e “Meykhane”, una rivista online (indirizzo: http://meykhane.altervista.org/) che sdi è specializzata nel pubblicare soprattutto traduzioni italiano-farsi e farsi-italiano, a cui hanno dato un grande contributo le studiose iraniane che ho citato poco sopra, Faezeh Mardani e Nahid Norozi, che davvero stanno facendo un lavoro di straordinaria importanza. Purtroppo, quando di recente sono stato in Iran, ho constatato che è difficile raggiungere queste riviste, qualche amico mi ha spiegato che si può anche farlo, ma ci vuole un filter-shekan…
Gli scambi culturali tra Italia e Iran oggi sono spesso limitati dalle risorse finanziarie, come si sa l’Italia non attraversa un periodo buono e, come ho già ricordato, molte risorse sono state tolte all’università e alla promozione della cultura. Ma io so che a Teheran l’ “Istituto culturale italiano” diretto dal Professor Carlo Cereti ha proposto molte iniziative interessanti e sostiene, oltre alla scuola italiana “Pietro della Valle”, anche numerosi corsi di italiano frequentati da migliaia di giovani iraniani di Teheran. Nonostante le difficoltà, su iniziativa di singoli docenti tra cui devo ricordare l’amico e collega Professor Maurizio Pistoso, abbiamo avuto in questi anni vari scambi tra l’università di Bologna e l’Iran. E anche altre università italiane si sono attivate. Devo qui anche ricordare l’opera instancabile del dottor Ali Asghar Mohammadkhani, dell’ufficio internazionale di “Shahre Ketab”, che ha organizzato e promosso parecchie iniziative, tra cui recentemente alcune conferenze a Teheran e Shiraz a cui ho avuto l’onore di partecipare, nei giorni delle celebrazioni di Hafez.

8. Il momento più bello che ha avuto nei suoi viaggi in Iran qual è?

Forse più di un momento… Ricordo con piacere la mia prima visita nel 1973, quando viaggiando verso l’India con mio fratello Franco, ci trattenemmo in Iran qualche tempo per visitare Isfahan e Shiraz e poi riprendere il viaggio verso est. Ma soprattutto ho grande nostalgia delle lezioni di letteratura all’università di Teheran nel ‘75-‘76 quando mi trovavo in Iran con una borsa di studio del governo iraniano, ed ebbi modo di fare conoscenze e amicizie che ancora oggi io coltivo. E ricordo anche il viaggio di due mesi nell’Iran dell’estate 1979, quando da poco era stata proclamata la Repubblica Islamica. C’erano allora molte manifestazioni per le strade e anche scontri tra studenti di opposte fazioni, Si sentivano tante idee, c’erano nell’aria tante proposte diverse, si respirava davvero un clima rivoluzionario, una grande attesa di cambiamento. Ho ritrovato questa stessa attesa di un grande cambiamento proprio ora, nell’ottobre del 2013, durante la mia ultima visita. Io spero che questa attesa non sia delusa, perché si capisce che l’Iran di oggi vuole guardare avanti, vuole aprire una pagina nuova e più ottimista della sua storia.
Devo aggiungere che sono rimasto stupefatto dalla grande passione che gli iraniani di ogni ceto sociale hanno per la loro poesia; ho avuto interessanti discussioni di letteratura con gli studenti di Teheran e di Shiraz, ma anche con taxisti e con un barista dell’hotel che si è rivelato un autentico intenditore della poesia di Ferdowsi! Davvero è un paese particolare e speciale quello in cui giovani e meno giovani recitano a memoria i versi dei loro poeti, li amano e li sentono ancora come i loro veri maestri! In Italia purtroppo non è così: a nessun giovane – a meno che non sia uno studente di materie letterarie – viene in mente di passare anche un’ora sola del suo tempo a leggere Dante o Petrarca, tantomeno a imparare a memoria i loro versi. Sotto questo aspetto davvero l’Iran è un paese che non ha eguali.

9. Come ha imparato la lingua persiana?

Studiando prima lingue orientali all’Università di Venezia negli anni ’70 con il mio compianto maestro Giovanni D’Erme e poi coltivando lo studio della lingua anche attraverso l’opera di traduzione di alcuni classici, che sopra ho nominato. Infine ho avuto la fortuna di avere dei buoni amici tra gli iraniani che vivono in Italia, che certamente mi hanno aiutato a migliorare il mio persiano.

10. Come valuta lorganizzazione del suo viaggio in Iran sia a Shiraz che Teheran? come è stata laccoglienza?

Posso dire di avere avuto una accoglienza davvero al di là di ogni mia aspettativa. Il Dr. Ali Asghar Mohammadkhani di “Shahre Ketab” mi ha accompagnato in ogni passo del mio soggiorno, dalle aule universitarie alle sale dei ristoranti, dagli incontri con studenti e professori alla visita al mausoleo di Hafez. Con lui ho anche piacevolmente viaggiato tra Teheran e Shiraz, dove ho fatto conoscenza con il Professor Kurosh Kamali, persona davvero squisita, che mi ha offerto una generosa ospitalità. La organizzazione delle conferenze nelle due città è stata davvero impeccabile, ho trovato ovunque persone che mi hanno manifestato la loro amicizia e un apprezzamento forse superiore a quanto in fondo io meriti.

FONTE: http://rome.icro.ir/index.aspx?siteid=209&pageid=11699&newsview=604745 , 1392/09/10

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