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Il nuovo paradigma di mobilità

    La mobilità è cambiata sostanzialmente negli ultimi anni. Ciò è stato in parte determinato da una accresciuta sensibilità sul tema della sostenibilità ambientale. Un altro elemento scatenante è stato senza dubbio la diffusione di nuovi mezzi di trasporto, fra i quali i veicoli elettrici la fanno da padroni. Infine, le nuove tecnologie si sono rivelate promotrici di nuovi modelli di mobilità, come ad esempio l’integrazione di diverse tipologie di servizi di trasporto così da garantire la multimodalità. Per il secondo articolo del nostro blog abbiamo chiesto al Prof. Luigi Atzori, coordinatore del corso di Laurea Magistrale in Ingegneria delle Tecnologie per Internet dell’Università di Cagliari e corresponsabile scientifico del progetto SIMPLE, quale sia il futuro della mobilità e come le nuove tecnologie stiano contribuendo a rivoluzionarla.

    Il concetto di mobilità sta cambiando: gli spostamenti quotidiani non avvengono più esclusivamente tramite auto/moto private o mezzi pubblici. Quali sono gli elementi che stanno favorendo questo cambiamento?
    Il motivo trainante di questo cambiamento è sicuramente legato alla crescente sensibilità dell’opinione pubblica mondiale verso un uso più sostenibile delle risorse del pianeta, e quindi anche la mobilità sta evolvendo (oramai da alcuni anni) verso un approccio più green. Spinta da questo fenomeno, sta crescendo la proposta di metodi alternativi di spostamento sostenibile, grazie anche al progresso di due tecnologie fondamentali: i motori a trazione elettrica e le tecnologie digitali. La prima mette a disposizione sul mercato dei prodotti come le biciclette con pedalata assistita ed i monopattini, overboard e segway elettrici. La seconda semplifica l’accesso al servizio mediante delle operazioni di selezione, prenotazione e pagamento del servizio tramite dei semplici tap sul telefono.

    Questi concetti sono strettamente legati alla riduzione dell’impatto della mobilità sull’ambiente, argomento particolarmente attuale. Nonostante ciò, la maggior parte dei pendolari si sposta ogni giorno con la propria auto senza altri occupanti se non il guidatore. Quali sono i principali motivi per cui ancora si fa fatica a implementare una vera e propria mobilità sostenibile?
    Il problema è che una singola modalità di spostamento sostenibile non soddisfa le esigenze di spostamento di ogni singola persona ma è necessario far uso di più modalità. Il caso tipico è quello di un servizio di trasporto di massa che non raggiunge la nostra destinazione lavorativa o che fornisce un servizio troppo lontano dalla propria abitazione. Allora sarebbe opportuno combinare il carpooling con il bus oppure il taxi per un breve tratto con il treno e così via. Può inoltre capitare che per una breve pausa pranzo si voglia raggiungere un amico al centro e per questo è necessario un servizio più flessibile come la bici od il monopattino elettrico. Sebbene questo potrebbe essere già fattibile in alcune città (cioè l’offerta dei servizi di trasporto è già variegata e copre un’area estesa), comunque le varie modalità non sono integrate per cui per l’utente significa registrarsi a diversi servizi e utilizzare diverse modalità di accesso (cioè, diverse app con relative registrazioni separate e modalità di pagamento). Questo alle soglie del 2020 è troppo complicato e disaffeziona l’utente.

    Ci sono anche motivazioni legate alle regolamentazioni?
    I fornitori di trasporto pubblico ricevono la concessione per esercitare il proprio servizio con degli obblighi abbastanza stringenti in merito alla distribuzione temporale e geografica (in sostanza percorsi da seguire e orari di passaggio alle varie fermate). Non sono invece obbligati ad operare una integrazione con altri operatori. Senza tale obbligo ogni singolo fornitore di servizio tende a ragionare in silos separati con l’obiettivo di massimizzare il proprio numero di utenti per prevalere sui competitor. Questo ha lo svantaggio che la quantità totale di utenti che usano i servizi pubblici diminuisce rispetto ad uno scenario di integrazione dove i vari operatori lavorano in modo coordinato. In tal senso le regolamentazioni possono fare tanto.

    Esiste una formula magica che possa favorire la risoluzione dei problemi di cui abbiamo parlato?
    Come già detto, il modo con cui noi ci approcciamo alla mobilità sta cambiando. Questo porta a percepire la mobilità nella sua interezza come un servizio e non come un’esigenza soddisfatta attraverso la proprietà di un mezzo privato. Il modello di Mobility as a Service, detto MaaS, prevede un operatore che aggrega tutti coloro che offrono un servizio di trasporto in una determinata area e che offre all’utente finale un’unica modalità di accesso. Semplificando la vita dell’utente digitale il MaaS può attrarre molte persone e convincerle a lasciare l’auto in garage. In Europa molte aziende dichiarano di fornire un servizio MaaS ma poi ci si accorge che l’integrazione avviene solo a livello di informazioni ma non a livello tariffario e di servizio. Anche in Sardegna con la spinoff GreenShare stiamo lavorando in tale direzione con TeseoSardegna.

    È evidente che il MaaS funzioni bene in contesti, come quello cittadino, caratterizzati da una molteplicità di opzioni di spostamento, anche coincidenti. Potrebbe funzionare bene anche al di fuori dell’area metropolitana?
    Il MaaS funziona bene in aree con domanda forte che rende il modello economicamente sostenibile, in quanto ogni singola modalità di spostamento si porta con sé tutti i costi di gestione (oltre che di investimento) che richiede quindi un opportuno share dei ricavi. Questo anche considerando che diverse delle modalità di spostamento non beneficiano di sovvenzioni pubbliche. Se la domanda è debole il modello che può funzionare è quello a domanda, dove anziché fornire un servizio ad orari e percorsi fissi è l’utente che tramite le tecnologie digitali fa richiesta del servizio e l’operatore propone una soluzione in funzione delle richieste ricevute. Tale modello è in fase di sperimentazione nell’ambito del progetto SIMPLE finanziato dalla RAS nelle aree dell’alta Marmilla e nell’hinterland della città di Cagliari. Una caratteristica distintiva della sperimentazione è l’integrazione di più modalità di spostamento anche in queste aree a domanda debole mediante una centrale di controllo che riceve le richieste dall’utenza e provvede ad individuare l’operatore che meglio può soddisfarle tenendo conto anche dei relativi costi.

    Come cambierà la mobilità nei prossimi 5-10 anni?
    Il modello MaaS è quello che caratterizzerà la mobilità nei prossimi anni. Avremo un unico operatore ed un’unica app che ci consentirà di spostarci agevolmente nelle città, e forse anche nelle aree extra-urbane. Pagheremo un abbonamento mensile flat e ci sposteremo utilizzando la modalità migliore per le nostre necessità. Tutto questo a svantaggio dell’auto di proprietà che sarà meno conveniente economicamente ed anche meno confortevole. Tale modello sarà anche caratterizzato dall’avvento delle tecnologie per la guida autonoma, che saranno troppo costose per una diffusione nel settore dei veicoli di proprietà mentre invece renderanno economicamente più vantaggioso ed anche più sicuro il servizio di trasporto pubblico. Sono già tante le sperimentazioni in Europa in tale direzione con guida autonoma di livello 3 nella scala Sae (in grado, cioè, di gestire la marcia semplice nel traffico e di prendere decisioni come effettuare un sorpasso, ma sempre sotto la supervisione umana). In Italia proprio in questo periodo si sta svolgendo la sperimentazione a Merano, anche qui però in un percorso riservato e con la presenza di un tecnico che interviene in caso di necessità. La diffusione di questi veicoli dipenderà da due fattori: la percezione dei cittadini che queste tecnologie non stanno rubando il lavoro agli autisti, che invece potranno occuparsi della supervisione e servizi aggiunti; la regolamentazione, che dovrà evolvere perché possa essere consentita la circolazione di questi veicoli anche in percorsi non riservati. Ah sì, e poi un ultimo fattore, quello umano, perché ancora l’AI non è pronta per guidare in spazi con troppi guidatori umani dalla guida creativa e tanto ha ancora da imparare!