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Da Industria 4.0 a Società 5.0: la rivoluzione human-centric

    Grazie alla digitalizzazione, la società è diventata più mobile, sociale e globale. Con l’avvento della sensoristica ubiqua, la raccolta e il trattamento dei cosiddetti big data, la Internet of Things, il 5G, la stampa 3D, la realtà virtuale e aumentata, l’intelligenza artificiale, il machine learning, e la robotica, il mondo che conosciamo si sta rapidamente trasformando in un nuovo mondo iper-digitalizzato. Abbiamo parlato di come la tecnologia sta influenzando la società con Virginia Pilloni, docente di Smart Housing per il corso di Laurea Magistrale in Ingegneria delle Tecnologie per Internet.

    Le smart city stanno più o meno lentamente diventando parte integrante del mondo che conosciamo. Come sta cambiando il nostro modo di vivere grazie alle nuove tecnologie?
    Possiamo dire senza paura di esagerare che la tecnologia sta influenzando così tanto la società da esserne diventata protagonista. Basta considerare il modo in cui vengono diffuse le notizie (nel bene e nel male), o le comodità offerte dai dispositivi domotici. Ma pensiamo anche a come stanno cambiando alcune nostre abitudini quotidiane, come ad esempio andare al lavoro o a scuola: grazie alle app possiamo avere informazioni in tempo reale sul traffico, sulle linee di trasporto pubblico, o anche la possibilità di acquistare il biglietto con pochi tap. Tutto intorno a noi viene a poco a poco rimodellato grazie alle nuove tecnologie, dal tempo libero alle forme di lavoro: basta pensare al gran numero di mestieri che possono essere oggi svolti comodamente da un luogo qualsiasi, casa compresa, con orari flessibili che si adattano alle esigenze del lavoratore.

    Il telelavoro è parte di quella che viene definita quarta rivoluzione industriale, o Industria 4.0?
    Sì, ma non solo. Se consideriamo il concetto di Industria 4.0 nella sua definizione più ampia, quasi tutti gli elementi di una smart city ne fanno parte. L’obiettivo dell’Industria 4.0, infatti, è quello di gestire nella maniera più efficiente possibile tutti i processi che a vario titolo compongono la catena del valore di prodotti o servizi. È evidente che ciò non comprende solo i processi produttivi in senso stretto, ma tutto ciò che consente al cittadino di poter usufruire di un prodotto o servizio: dall’approvvigionamento delle risorse necessarie per realizzarlo all’eventuale trasporto nei punti vendita, campagne pubblicitarie mirate su target specifici di consumatori che vengono meglio identificati, feedback raccolti in maniera automatica, spesso senza che il consumatore ne sia realmente consapevole. Anche il luogo di lavoro viene studiato e riprogettato in modo da rendere i lavoratori più efficienti.

    Sembra quasi che la Smart City e gli scenari dell’Industria 4.0 coincidano.
    In parte questo è vero: in molti casi gli scenari smart, come ad esempio la fabbrica smart, la gestione smart della logistica, i centri commerciali smart, ma anche la gestione smart di musei, ristoranti, aeroporti, e così via, sono tipici di quello che è il nostro concetto di Smart City. Si può però dire che l’Industria 4.0 è l’insieme di quelle tecnologie che consentono di applicare il progresso tecnologico alla Smart City, così che ne possa conseguire una crescita economica. Di fatto, è proprio questa visione del progresso che ha determinato la quarta rivoluzione industriale, ovvero la necessità di creare un’infrastruttura efficiente che consenta di integrare le nuove tecnologie e la digitalizzazione nel mondo manifatturiero e produttivo a tutti i livelli, compreso quello delle infrastrutture e dei servizi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ed è evidente che l’applicazione di questo paradigma stia determinando un progresso dal punto di vista economico. Tuttavia, l’efficienza e la crescita economica non possono essere gli unici elementi trainanti per il progresso della società, e infatti nuovi paradigmi si stanno facendo strada.

    Quindi l’Industria 4.0 sarà presto sostituita da qualcosa di più innovativo?
    Più che sostituita è destinata a evolversi presto. Come è stato evidenziato dal governo giapponese, l’approccio che si è adottato finora esclude un elemento fondamentale: le persone. Per questo motivo, il progresso non può prescindere dallo sviluppo del benessere non solo economico, ma anche sociale. Il Giappone è stato il primo a concretizzare questo concetto, parlando di società human-centric, o Società 5.0.
    La Società 5.0 è una società inclusiva orientata alla persona, che si preoccupa non solo di perseguire lo sviluppo economico ma anche di risolvere una serie di sfide sociali quali ad esempio l’innalzamento dell’età media, la disuguaglianza sociale, il calo delle nascite, il cambiamento climatico. La differenza principale fra il concetto di Industria 4.0 e quello di Società 5.0 è che il primo si incentra principalmente sulla prospettiva tecnologica: robotica, intelligenza artificiale e Internet of Things ne sono gli elementi chiave. L’aspetto sociologico viene in qualche modo trascurato, aspetto che viene invece enfatizzato nella visione di Società 5.0, in cui l’obiettivo è capire come la tecnologia può aiutare le persone a soddisfare i propri bisogni ed essere felici, evitando allo stesso tempo che se ne sentano schiave. L’obiettivo della Società 5.0 è quello di integrare la tecnologia nella vita di tutti i giorni dei singoli individui e nelle comunità, al fine di creare una società più equa e inclusiva, in cui la persona sia al centro.

    Scusandoci per il gioco di parole, la società è pronta a una società di questo tipo, in cui la tecnologia è sempre più presente?
    A mio parere le persone andrebbero meglio informate ed educate, probabilmente anche grazie all’utilizzo delle stesse tecnologie. C’è, infatti, una dicotomia fra coloro che abbracciano l’innovazione e la digitalizzazione, e coloro che invece vengono definiti tecno-scettici, i quali non hanno interesse o sono addirittura ostili alle nuove tecnologie. Il gruppo dei tecno-scettici comprende non solo coloro che non sono convinti del fatto che la tecnologia possa aiutarli, ma anche tutti coloro che condividono un qualche tipo di ansia legata alle nuove tecnologie, dal timore che la propria privacy venga violata a quello di perdere il lavoro. Questi sentimenti non vanno banalizzati o ignorati, ma parte degli obiettivi della Società 5.0 è proprio fare in modo che anche i tecno-scettici abbiano una risposta alle loro perplessità. Innanzitutto, è necessario garantire un’infrastruttura sicura by-design, in cui la cybersecurity sia prioritaria. Inoltre, è fondamentale rivedere il sistema educativo così che tenga conto di una “visione” digitale. Infatti, è vero che ci si aspetta che un gran numero di lavori potranno essere svolti dai robot, soprattutto quelli ripetitivi e automatici, o quelli pericolosi. È anche vero, però, che potrebbero nascere nuovi mestieri di cui ora non immaginiamo l’esistenza. D’altronde, fino a qualche anno fa chi avrebbe potuto prevedere che la figura dell’influencer sarebbe stata così di successo? L’economia e le amministrazioni pubbliche riusciranno ad avere la meglio sui tecno-scettici solo se smettiamo di parlare di tecnologia senza contesto e iniziamo a portare la discussione sul cambiamento sociale che la tecnologia può abilitare. Questo comporta un cambiamento a livello politico, economico e morale. È questa la vera differenza fra Industry 4.0 e Society 5.0. La tecnologia può aiutare a trasformare e migliorare la società. Dobbiamo solo essere consapevoli che essa rappresenta un mezzo per il cambiamento, non l’obiettivo finale.