TRANSIZIONI.
Il futuro vi sorprenderà.
(Conferenza che inaugura la Conferenza)
Venerdì 15 ottobre 2021 – ore 15:00
Aula Magna della Facoltà di Ingegneria e Architettura di Cagliari
Via Marengo 2, Cagliari
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Il mondo della ricerca – su scala planetaria – si interroga sulle conseguenze delle grandi crisi contemporanee e sui paradigmi scientifici che possano aiutarci a interpretarle e a superarle. Cambiamento climatico e pandemia hanno impresso un’accelerazione prima impensabile alle strategie di contrasto, delle quali il Green Deal europeo è probabilmente la più radicale oggi in campo.
Le scienze e le tecnologie dell’Ingegneria Civile, Ambientale e dell’Architettura si interrogano sulle conseguenze che occorre trarre da tutto questo in termini di progetto scientifico e formativo; e nello stesso tempo si rivolgono all’intero mondo della ricerca nei campi delle tecnologie e delle scienze “dure”, e di quelle economiche, umane e sociali, per un confronto aperto sui paradigmi della complessità.
Programma
Venerdì 15 ottobre 2021
Ore 15:00-16:00 – Parte prima
Inaugurazione della 3° Conferenza della Ricerca del DICAAR
Introduce la Conferenza della Ricerca
Giorgio Massacci – Direttore del DICAAR
Presentano il percorso della Conferenza
Giovanna Cappai e Sabrina Lai
Intervengono
Francesco Mola – Rettore dell’Università degli Studi di Cagliari
Luciano Colombo – Prorettore alla Ricerca dell’Università degli Studi di Cagliari
Daniele Cocco – Presidente della Facoltà di Ingegneria e Architettura
Ore 16:00-18:00 – Parte seconda
“Transizioni”
Antonello Sanna
“Il Green Deal e noi”
Il 2020, l’anno della nuova pandemia, è anche l’anno del Green Deal europeo. Probabilmente per la prima volta nel nuovo millennio una strategia politica sostanziata da grandi investimenti lancia un programma che è una sfida di alto livello anche per il mondo della ricerca. Un insieme organico di direttive dà forma concreta a una visione intersettoriale che coniuga ricerca e innovazione, a partire dalla piena diffusione sociale della digitalizzazione, coesione sociale e nuova occupazione nei settori della transizione, qualità dell’ambiente ed economia circolare. Implementare queste politiche nel mondo della ricerca e dell’alta formazione significa riesaminare, e se necessario rimettere in discussione, le nostre identità disciplinari.
Giorgio Querzoli
“Progettare l’imprevedibile”
Il paradigma della complessità costringe a ripensare il modo in cui l’Ingegneria Civile, Ambientale e l’Architettura si pongono rispetto al mondo che ci circonda. Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica indicati dalla UE – un armistizio tra l’uomo e il pianeta – occorre una decisa azione progettuale. Eppure bisogna fare i conti con un sistema complesso e perciò imprevedibile.
Arnaldo ‘Bibo’ Cecchini
“In fondo si sapeva già”
Riflessioni su alcuni testi che da mezzo secolo ci hanno suggerito dove guardare per capire che porsi le domande giuste richiede un pensiero non a una dimensione.
E alcuni spunti per cercare le risposte e per fare i conti con effetti controintuitivi.
Perché prevedere non si può, ma si deve; e la resilienza non è esattamente quel che serve; e il pensiero unico è incapace di rinnovarsi; e – soprattutto – non ci sono pasti gratis.
Ester Cois
“Caos Calmo: la costruzione della ‘qualità sociale’ dei territori dall’Antropocene al Capitalocene”
Una condizione di irriducibile e inarrestabile metamorfosi sembra costituire la cifra della fase contemporanea e post-moderna dell’Antropocene, segnata da tumultuosi processi di ridefinizione del valore d’uso e di scambio dei paesaggi territoriali su scala globale. A complicare ulteriormente lo scenario del «Planet A» è anche l’acuirsi di conflitti geo-politici, geo-economici, di classe, e intersezionali focalizzati sulla ridistribuzione delle risorse naturali e antropiche. Ma forse è opportuno sostituire la narrazione sull’Antropocene con quella più efficace di “Capitalocene” e a focalizzare tanto la ricerca teorica quanto l’azione resistenziale dei movimenti collettivi non solo sugli effetti degli stravolgimenti climatici, ma anche sulle loro radici politico-economiche strutturali più profonde. In quest’ottica, il paradigma della costruzione della «qualità sociale» dei territori potrebbe fornire una chiave di lettura di futuri e di presenti paesaggistico-ambientali alternativi e possibili, senza cadere nella trappola delle dicotomie locale-globale, pratiche top-down e bottom-up, effervescenza di cittadinanza e dirigismo istituzionale, autentica tipicità delle comunità di piccola scala – nelle loro prassi produttive, esperienziali e rappresentative – e standardizzazione neo-coloniale da parte degli imperi multinazionali della produzione e distribuzione.
Ma cosa cambia davvero, quando tutto cambia?