Le zone umide della Sardegna comprendono acque di transizione che spaziano dalle lagune costiere agli stagni semi-artificiali fino alle saline, caratterizzate da elevatissimi livelli di produttività biologica. Questa peculiarità le ha rese storicamente bacini di estrazione e sfruttamento delle risorse, mentre la loro posizione le rende particolarmente vulnerabili agli effetti cumulativi degli impatti antropici e ai diversi aspetti del cambiamento climatico.
Diventa quindi urgente individuare le migliori pratiche per mitigare gli effetti di queste pressioni attraverso il ripristino attivo delle complesse funzioni ecologiche degradate, adottando strategie di gestione adeguate ed economicamente sostenibili. Tra queste:
- La riduzione ingegnerizzata del carico eccessivo di nutrienti, anche attraverso la produzione di nuove biomasse primarie di interesse commerciale;
- La razionalizzazione, in un’ottica “circolare”, delle pratiche di acquacoltura estensiva e intensiva;
- Nuovi interventi volti a ripristinare la funzionalità degli argini delle zone umide mediante il reimpianto della flora ripariale;
Il controllo o, ove possibile, l’eradicazione delle specie aliene invasive.

