Informazioni sul progetto

 

Il progetto BioPilot riguarda la messa a punto di un processo innovativo che prevede lo sfruttamento di microalghe per la biofissazione di CO2 e la produzione di biocarburanti di terza generazione e altri prodotti ad elevato valore aggiunto, quali ad esempio omega3, vitamine, antiossidanti e precursori da utilizzare nell’industria cosmetica. In estrema sintesi il processo proposto consiste nelle seguenti fasi:

  • coltivazione di microalghe all’interno di opportuni fotobioreattori dove avvengono processi fotosintetici con conversione della CO2 e della luce solare in energia chimica; tali microalghe possono essere utilizzate per la produzione di biocarburanti e o come precursori per la produzione di prodotti ad elevato valore aggiunto;
  • separazione delle microalghe dalla fase liquida e successiva estrazione degli oli e/o dei prodotti ad elevato valore aggiunto dalle microalghe stesse;
  • raffinazione di oli e lipidi tramite processi quali trans-esterificazione, pirolisi, fermentazione, etc. per la produzione di diverse tipologie di biocarburanti tra cui biodiesel e “jet fuels” utilizzati per la propulsione aerea;
  • eventuale purificazione di composti ad elevato valore aggiunto quali ad esempio omega3, vitamine, antiossidanti etc., e loro potenziale commercializzazione.

La coltivazione di ceppi microalgali presenta una serie di vantaggi rispetto a numerose tecnologie attualmente impiegate.

Infatti, diversamente da quanto si verifica per i classici sistemi di produzione di energia basati su fonti  rinnovabili quali il fotovoltaico, l’eolico e il termodinamico, l’energia nei biocarburanti è già stoccata sotto forma di energia chimica e può essere utilizzata in qualunque momento della giornata senza necessità di sistemi di accumulo complessi e costosi da realizzare “ad hoc”.

Inoltre, a differenza dei processi attualmente in uso per la conversione di biomasse di prima generazione in biocarburanti, i processi basati sull’impiego di ceppi microalgali sono caratterizzati dal fatto che le biomasse utilizzate come materia prima non trovano collocazione nel mercato agroalimentare e  possono essere coltivate in terreni non agricoli ossia in terreni industriali e/o terreni degradati e/o improduttivi. Inoltre, in virtù dell’elevata produttività areale delle microalghe, l’estensione dei terreni richiesti per la loro coltivazione è molto inferiore rispetto a quella richiesta dalle biomasse di prima generazione quali ad esempio soia, mais, girasole, colza, palma etc.

Queste particolari caratteristiche del processo a microalghe consentono il superamento delle principali criticità che caratterizzano i biocarburanti derivanti da biomasse di prima generazione e che ne hanno limitato la diffusione, ossia la sottrazione di terreni all’agricoltura e l’aumento del prezzo di vendita delle aliquote delle corrispondenti biomasse destinate al mercato agroalimentare  (es. della soia, mais etc.).

ALGHE2           ALGHE3

Inoltre sia le fasi di crescita delle microalghe sia quelle di estrazione dei prodotti utili avvengono all’interno di unità di processo industriali all’interno di un contesto di bio-raffineria molto più controllabile e ottimizzabile rispetto ad una coltivazione a terra di biomasse di prima generazione. L’utilizzo di foto-bioreattori consentirebbe lo sfruttamento della CO2 dei gas scarico come sorgente di carbonio per la crescita micro algale e quindi determinerebbe sia la riduzione dei costi associati alla acquisizione della CO2 di sintesi, sia la riduzione dei quantitativi di CO2 emessi in atmosfera.

Infine, una peculiarità del progetto BIOPilot è la sperimentazione delle tecnologie anche su ceppi autoctoni, raccolti e isolati in Sardegna e attualmente facenti parte della SCCA (Sardinian Culture Collection of Algae), al  momento ubicata al Centro Interdipartimentale di Ingegneria e Scienze Ambientali (CINSA).

 

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